5 aprile 2016

PARCO METROPOLITANO DI CINTURA: PROPOSTE, IDEE E FATTI


Le proposte di Lanzani e Longo (ArcipelagoMilano, 2 e 9 marzo) sul ridisegno del sistema delle aree protette della metropoli milanese (giustamente allargata fino alle gengive delle Prealpi), sono sicuramente interessanti nell’evocare identità territoriali a cui aderire entro lo scenario di semplificazione e accorpamento degli enti gestori dichiarato dalla bozza di legge di riordino nata negli uffici della Giunta regionale. Un’esigenza comprensibile vista la proliferazione di istituti di tutela – dai siti comunitari ai parchi regionali, passando per i parchi sovracomunali – innescata in Lombardia dalla prolifica legge del 1983.

08disimine12FBUna crescita non sempre programmata, perché frutto di iniziativa spontanea di enti locali, a testimoniare l’aspettativa diffusa di riconoscimento e tutela di ambiti territoriali ai quali le comunità locali attribuiscono un valore peculiare e identitario, ma che in molti casi è stata incapace di affrontare la sfida più difficile, quella della continuità gestionale, specie in condizioni di ristrettezze economiche. Non esiste un disegno ideale del sistema se esso è sguarnito di risorse, tema che sarebbe ingenuo pensare di affrontare solo con la riduzione dei centri di spesa: è richiesto un dichiarato investimento per la tutela della biodiversità, argomento su cui l’istituzione regionale risulta invece sistematicamente distratta, pur facendo sfoggio di munificenza nel finanziare opere di utilità discutibile come la Brebemi o l’autodromo di Monza.

L’aspetto delle risorse, insieme a quello dell’efficacia della spesa, non è secondario all’esigenza di dare coerenza al disegno del sistema delle aree protette, ed è chiaro che va affrontato a partire dal riconoscimento dei servizi che la conservazione della natura produce alla collettività e non ai soli comuni che conferiscono superfici alle aree protette. Purtroppo la proposta di riforma resta lontana dal concepire il sistema della biodiversità regionale come trama infrastrutturale entro cui appostare gli investimenti e le spese necessarie alla sua realizzazione e gestione.

Del resto l’auspicata semplificazione non è affatto semplice da impostare come la bozza regionale prevede: non si tratta di giustapporre le tessere del mosaico di aree protette per formare un nuovo disegno, ma di farsi carico della accresciuta complessità gestionale che il disegno comporta. Accorpare due parchi oggi incomprensibilmente divisi, per esempio l’Adda Nord e l’Adda Sud, e far aderire a questo nuovo soggetto l’arcipelago di parchi locali, riserve, siti comunitari che costellano l’impluvio tributario del parco fluviale, ha una chiara coerenza geografica ed ecologica, ma nel modello di gestione attuale implica un ente che deve rappresentare oltre cento municipalità di 6 diverse province.

Alla riduzione del numero di enti gestori si contrapporrebbe così una tremenda complicazione della rappresentanza interna agli enti, con il rischio di paralisi istituzionale. Le ipotesi prospettate da Longo e Lanzani per la metropoli allargata, immaginando una riorganizzazione che giunge a spezzare l’unitarietà di parchi consolidati (compreso il Parco Agricolo Sud Milano) prima di ricomporre i frammenti, quanto a complessità dell’assetto istituzionale è anche più gravosa, e rischiosa, della operazione additiva che la bozza legislativa prefigura. Dal punto di vista dell’ecologia territoriale, poi, la configurazione di un sistema di aree protette ‘radiali’ che accedono come cunei al centro metropolitano sarà certo suggestiva, ma pone un problema di connessioni trasversali: le più difficili nella geografia densa dei raggi metropolitani, ma di certo le più strategiche nel supportare il disegno infrastrutturale di una rete ecologica funzionale, e rispetto a cui il tema del parco di cintura mantiene invece intatto tutto il suo significato.

La città metropolitana, pur con i suoi limiti, potrebbe essere un laboratorio entro cui sperimentare formule di riassetto funzionali a un disegno territoriale, anche prima di proporle al resto della Lombardia. Perché qui più che altrove il bisogno di una riconnessione territoriale è una chiara  priorità per l’infrastruttura ecologica. Ma anche perché qui i due parchi di riferimento – il parco Nord e il parco Sud, metropolitani anche nel riduzionismo dei loro nomi – rappresentano una risorsa disponibile, sia in termini di effettivi di personale che di specializzazione operativa, essendosi il primo affermato con interventi intensivi di ‘generazione di natura’ in aree fortemente compromesse, e il secondo sulla gestione ecologica (anche troppo estensiva) del paesaggio agrario.

Tra queste due polarità c’è l’affollamento di parchi locali (ma anche di aree libere, soprattutto agricole, che devono entrare e connettere il sistema) nel vasto hinterland a nord: aree frammentate da comporre in un disegno unitario entro cui queste due esigenze – la rigenerazione dei margini e la conservazione del paesaggio rurale – devono dialogare e ricondurre l’infrastruttura verde del parco di cintura a un’unica e competente regia, che tenga insieme la sapienza gestionale dell’istituzione pubblica con l’iniziativa privata delle imprese, agricole in particolare.

La costituzione del Parco di cintura metropolitana deve anche farsi carico dell’omogeneizzazione istituzionale, tema irrisolto nella diversità di Parco Nord e Parco Sud: il primo ente a carattere intercomunale, finanziato primariamente dai comuni, il secondo gestito a tutti gli effetti come un dipartimento di Città Metropolitana, a cui i comuni contribuiscono solo con il conferimento di territorio. La gestione unitaria impone di scrivere un nuovo patto tra gli enti, città metropolitana e totalità dei comuni, in cui il parco di cintura con il suo ente di gestione riceva un logico e condiviso riconoscimento quale infrastruttura necessaria alla sostenibilità dell’organismo metropolitano, chiamata a fornire servizi ecosistemici all’intera popolazione metropolitana, a cui deve rispondere in termini di efficacia degli investimenti pubblici attivati.

 

Damiano Di Simine e Marzio Marzorati

Legambiente

 



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