23 marzo 2016

DONNE MILANESI: ALESSANDRINA RAVIZZA LA SIGNORA DEI DISPERATI


Tenace, intelligente, generosa, infaticabile, Alessandrina Ravizza (Gatcina, 1846 – Milano, 1915) è tra le figure di spicco della Milano solidale fra Otto e Novecento. Anzi: è forse colei che cambia in modo irreversibile il concetto di filantropia, mostrando come la solidarietà vera richieda il contatto diretto e continuo, e una dedizione realistica e incondizionata.

07nuvoli11FBNata in Russia, giunge a Milano nel 1963, dove sposa l’ingegner Giovanni Ravizza e trascorre il resto della vita dividendosi tra le residenze borghesi e i quartieri più poveri. Nelle abitazioni di Via Solferino prima, e Via Andegari in seguito, crea un salotto che sostiene una «visione della società quale aggregazione comunitaria d’individui e di gruppi in relazione, […] in cui le competenze e le qualità femminili sono determinanti». E qui le donne hanno un ruolo da protagoniste: prima fra tutte la decana, Laura Solera Mantegazza, che pone le basi dell’associazionismo femminile e della nuova filantropia laica, finalizzata al riscatto materiale della popolazione. Accanto ad Alessandrina, per lunghi anni, oltre alla devota Bambina Venegoni, ci saranno Ersilia Bronzini Majno, che stima ma che non ama, e Linda Malnati, cui la lega profonda amicizia.

La sua prima iniziativa, nel 1879, è la Cucina degli ammalati, in Via Anfiteatro 16: la «contessa del brœud [brodo]» si aggira impunemente in quel covo di malavitosi, e i ladruncoli la salutano levandosi il berretto e si scansano dal marciapiede per lasciarla passare. In quella via stanziano anche le prostitute al servizio dell’esercito di stanza al Castello Sforzesco: è un’umanità varia che la spinge ad affiancare alla Cucina degli ammalati un ambulatorio medico,  affidato alla direzione della “dottora dei poveri”: Anna Kuliscioff. Anna dovrà lasciare presto per motivi di salute, ma l’ambulatorio continuerà con efficacia la sua opera.

Nel 1900 il Comitato milanese contro la tratta delle bianche, che vede tra i sui membri anche Ersilia Majno, la nomina visitatrice presso l’Ospedale di via Lanzone, per studiare da vicino il fenomeno: per le donne e bambini malati di sifilide, abbandonati in una forzata immobilità, Alessandrina apre nel 1901, in via Lanzone 15, una scuola laboratorio, dotata di biblioteca e sala di lettura, col sostegno del primario Antonio Bertarelli. È solo l’inizio: in breve tempo riesce a trasferire il laboratorio nei più confortevoli locali di via Pace 9, con un progetto di ampio respiro che rappresenta un esperimento avanzato di riformismo femminista del tutto autonomo, sia nella progettazione che nella gestione.

L’attività di Alessandrina colpisce Augusto Osimo, Segretario Generale dell’Umanitaria dal 1902, che la chiama a dirigere la “Casa di Lavoro per disoccupati”. Elemento nevralgico e problematico della Casa è il Laboratorio sociale dei Calzolai che contestano in modo indiscriminato la sua struttura istituzionale. Quando viene chiuso è una sconfitta cocente per Alessandrina che, tuttavia, continua a condurre una disperata lotta contro la disoccupazione; e la sede dell’Umanitaria diventa il porto dei viandanti della sfortuna, il punto di riferimento per i disoccupati milanesi, i minorenni, le prostitute, i pregiudicati, i transfughi dalle campagne.

In questi spazi la Ravizza vive gli ultimi anni della sua vita, recandosi presso la sede ogni giorno, nonostante la distanza da Greco Milanese, dove è ospite dell’amico Umberto Pizzorno. Quanto intenso sia stato il suo rapporto con l’Umanitaria, la Ravizza lo racconta in Sette anni della Casa di Lavoro. Ma c’è un altro testo, I miei ladruncoli, in cui ella dà prova di una scrittura efficace e toccante, nonostante ribadisca: “…. io non sono una scrittrice”. Qui racconta la sua esperienza di recupero e reinserimento sociale di tanti piccoli Oliver Twist che, senza di lei, avrebbero avuto una vita breve e disperata. Quelli sono i figli che non ha mai avuto: uno, in particolare, Lino; e con lui, come una madre, progetta il futuro: “insieme fabbricavamo senza posa magnifici castelli in aria. Fra i sogni che intessevamo insieme era quello di un albergo per i piccoli vagabondi”. Con lui legge L’Africa misteriosa dello Stanley e gli fa compiere quei viaggi che gli resteranno sconosciuti nella realtà. Il re dei ladri si rivela nel tempo il più casalingo e sedentario dei ladruncoli; quello che ha lo slancio più filiale e riconoscente:

L’indomani, più alacremente del solito, attesi al mio compito; d’un tratto mi sentii afferrare il braccio bruscamente; Lino portò la mia mano alle labbra e v’impresse un bacio mormorando: “Grazie, mamma!” Era stato così rapido e repentino l’atto che non potei articolar parola. Proseguii nel mio lavoro come se nulla fosse avvenuto.

È una scrittura asciutta, senza alcuna concessione al sentimentalismo, ma che risulta efficace e toccante e che perfettamente la rispecchia. Essenziale, operativa, ostinata non accettava mai un “no” come risposta: per i suoi ladruncoli, le sue ragazze abusate, i suoi disperati, Alessandrina andava in capo al mondo per trovare risorse. E mano a mano che arrivavano riusciva a cambiare il volto di Milano in quello di una città più giusta e generosa.

 

Giuliana Nuvoli

 



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