23 marzo 2016

sipario – IL DON CHISCIOTTE NOIR DI NUREEV


IL DON CHISCIOTTE FIRMATO NOIR DA RUDOL’F NUREEV

Balletto di carattere in un prologo, tre atti e cinque scene. Musica di Ludwig Minkus, orchestrata e adattata da John Lanchbery. Libretto di Marius Petipa da un episodio de El ingenioso hidalgo don Quijote de la Mancha di Miguel de Cervantes Saavedra. Coreografia di Rudol’f Nureev, supervisionata da Laurent Hilaire. Scene di Raffaele Del Savio. Costumi di Anna Anni, supervisionati da Irene Monti. Luci di Marco Filibeck. Produzione del Teatro alla Scala.
Giuseppe Conte (Don Chisciotte). Gianluca Schiavoni (Sancho Panza). Matthew Endicott (Lorenzo, padre di Kitri). Nicoletta Manni (Kitri / Dulcinea). Leonid Sarafanov (étoile Michajlovskij di San Pietroburgo, Basilio). Riccardo Massimi (Gamache, pretendente di Kitri). Amiche di Kitri: Alessandra Vassallo e Denise Gazzo. Vittoria Valerio (ballerina di strada / Mercedes, solista fandango). Marco Agostino (torero Espada / solista fandango). Virna Toppi (regina delle Driadi). Antonella Albano (Cupido). Antonino Sutera (zingaro solista). Zingare soliste: Emanuela Montanari e Deborah Gismondi. Capi degli zingari: Luigi Saruggia e Caroline Westombe. Maria Celeste Losa (damigella d’onore).
Corpo di ballo del Teatro alla Scala diretto di Mauro Bigonzetti. Allievi della scuola di ballo dell’Accademia Teatro alla Scala diretta da Frédéric Olivieri. Orchestra del Teatro alla Scala, direttore: David Coleman.

Marius Petipa, il coreografo degli zar che ha creato la maggior parte dei balletti di repertorio tutt’oggi rappresentati, ricorda nei suoi Mémoires gli anni spagnoli della sua giovinezza trascorsa a Madrid come i più vivi, anche scapestrati, della vita sempre fervidamente presenti nella sua mente. Quando nel 1869 al Teatro Bol’šoj di Mosca allestì per la prima volta il suo balletto à grand spectacle tratto dall’episodio di Quiteria e don Basilio del romanzo di Cervantes, Petipa volle inserire tutti gli elementi più tipicamente spagnoli con toreri, ballerine e feste di piazza e di taverne, duelli, serenate a corde di chitarra e gitani andalusi, creando così un balletto di carattere, nuovo ed ‘esotico’ per il pubblico zarino.

sipario11FBLa versione di Nureev mantiene inalterato l’impianto drammaturgico originale, esaltando per lo più la vicenda di Basilio e Kitri; Petipa, invece, aveva dato centralità all’atto bianco delle Driadi e soprattutto all’amore dell’hidalgo con Dulcinea. Nureev sfuma l’elemento del carattere, enfatizzando la velocità, il ritmo e la comicità (anche parossistica) delle scene e aumentando notevolmente le danze d’ensemble. Purtroppo, la partitura adattata da Lanchbery, ‘filologicissima’ nelle scelte strumentali e nella qualità, ho trovato essere stata eseguita da Coleman in certi punti troppo lentamente, sì da far perdere di brillantezza, vivacità e carattere alcuni momenti importanti come l’entrata di Kitri nell’atto I.

Giovedì 10 marzo scorso la coppia protagonista ha visto l’ospite Leonid Sarafanov, prem’er (primo ballerino) del Teatro Michajlovskij di San Pietroburgo accanto alla prima ballerina di casa Scala Nicoletta Manni. Sarafanov è un danzatore esperto di questo ruolo, nel 2004 gli è valsa la nomina a primo ballerino, quand’era ancora al Teatro Mariinskij di San Pietroburgo: dal virtuosismo elegante, grande capacità mimica e presenza, il primo ballerino ‘perfetto’. Nicoletta Manni ha già debuttato nel ruolo, portandolo persino al Teatro di Astana in Kazakhstan, e si configura come una ballerina molto tecnica e virtuosa: impressionante la sua coda del grand pas d’amour nell’atto III, in cui i trentadue fouettés en tournant sono diventati fouettés marchés ‘a scendere’ sulla linea centrale dal fondo lungo le quinte, suddividendo i quattro tempi in fouettés singoli e l’ultimo con tripla pirouette. Insieme Sarafanov e Manni sono una coppia più tecnica e virtuosa che mimica, mostrano grande affiatamento e agio nei ruoli di Basilio e Kitri.

L’altra coppia del balletto è quella di Vittoria Valerio e Marco Agostino che hanno interpretato i ruoli della ballerina di strada e del torero Espada (atto I) e dei solisti del fandango (atto III scena 1, taverna). Mostrano una piena padronanza dei ruoli e una complementarietà anche tecnica: molto forte e centrato lui, un po’ spavaldo in piazza, sbruffone e amico fedele nella taverna; elastica e scattosa lei, con quel guizzo tutto mediterraneo della smorfiosità e del vezzo delle ragazze del Sud.

L’atto II ha presentato uno splendido Antonino Sutera nei panni dello zingaro solista, dalla danza molto forte e ritmata, dal movimento fluido, agile nei bruschi cambi di peso e direzione. È il personaggio che più mantiene l’elemento della danza di carattere con le sue chiusure in sesta, i tortillés (torsioni e chiusure in dinamica delle gambe) e le esecuzioni prisjadka (salti in levare da una posizione di partenza molto bassa in grand plié). Nella scena della radura delle Driadi gradevolissima la presenza di Antonella Albano nel ruolo di Cupido, divertente, dispettosa, piena di vitalità: breve ma intensissima partecipazione. Austera ed elegante Virna Toppi nella regina delle Driadi da contrasto a una leggera Dulcinea (Manni), entrambe dalla linea definita.

La grandezza di Nureev si evidenzia, però, nella composizione delle danze d’insieme del corpo di ballo, che non è mai di contorno, ma sempre co-protagonista. Difficilissimi gli intrecci di diagonali, che con Nureev prevedono sempre geometrie che riempiono tutto il palco, in tutte le direzioni ‘a salire’ verso il fondo e ‘a scendere’ verso la platea, ben affrontati con professionalità dai danzatori del Teatro alla Scala. Particolarmente presenti le geometrie nella festa di piazza che in una sorta di composizione ciclica apre l’atto I e chiude l’atto III col matrimonio, in cui ha fatto una bella esecuzione Maria Celeste Losa nello spumeggiante intervento da solista della damigella; ma anche negli ensembles delle Driadi, ben disegnato e calibrato insieme alle tre interpreti principali della scena. Firma peculiare di Nureev è l’inserimento noir delle ombre di don Chisciotte, brevi parti (prologo e atto II scena 1, campo gitano) molto significative per la psicologia del personaggio chiave anzi Leitmotiv del balletto, che mi hanno ricordato il famoso quadro illuminista di Francisco Goya El sueño de la razón produce monstruos [Il sogno della ragione genera mostri].

Teatro alla Scala di Milano, recita del 10 marzo 2016

Domenico Giuseppe Muscianisi

 

Foto di Marco Brescia e Rudy Amisano (Teatro alla Scala)

 

questa rubrica è a cura di Emanuele Aldrovandi e Domenico G. Muscianisi

rubriche@arcipelagomilano.org

 



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