16 marzo 2016

MILANO, PARLIAMO DI CULTURA ACCESSIBILE


Quanto è accessibile la cultura, i suoi luoghi, la sua produzione? Ma soprattutto che cosa intendiamo per accessibilità culturale? Leggiamo spesso denunce di insoddisfazione per un mancato godimento del bene culturale o di uno spettacolo, da parte di chi si trova in situazioni di disabilità fisica, temporanea o permanente; ma se proviamo ad estendere il concetto di accessibilità oltre le caratteristiche fisiche dei luoghi, ci rendiamo facilmente conto che ancora resta escluso dall’accesso un più vasto spettro di potenziali fruitori di cultura.

07bocci10FBProviamo a ragionare sulle pari opportunità di accesso e sul pieno godimento delle attività e contenuti culturali come risposta ai desideri dei tanti pubblici possibili che ne restano ancora parzialmente esclusi, partendo dai più fragili, da chi ha disabilità per guardare anche oltre. Gli interventi si sono concentrati negli ultimi anni soprattutto sull’eliminazione delle barriere architettoniche, con interventi puntuali e diffusi, grazie anche a strumenti normativi più efficaci e a finanziamenti più consistenti, sicuramente ci sono stati grandi progressi.

Ma c’è anche un prima e un dopo: il prima riguarda le fonti e i canali di informazione che raccontano l’offerta culturale e la sua diversificazione; il dopo (cioè cosa succede una volta ‘entrati’ nel luogo fisico) è la qualità dell’esperienza culturale che in quei luoghi nasce e da quei luoghi si sviluppa, che deve essere a misura di ciascuno. Esperienza che deve essere completamente fruibile da persone con disabilità, motoria, ma anche psichica, uditiva, sensitiva, e comprensibile per chi non ha tutti gli strumenti per comprendere spiegazioni complesse, che facilmente interpretano la cultura come cosa per addetti ai lavori, o per un pubblico di istruzione medio alta.

Il concetto di accessibilità culturale è connesso alla possibilità di partecipazione e coinvolgimento di nuovi pubblici al bene o all’attività culturale. I luoghi della cultura, musei, teatri, biblioteche, sono servizi per  la comunità intera, dove la comunità si aggrega, si confronta e ne esce più coesa. La cultura diventa accessibile quando parla non solo la lingua dei più ma di tutte le comunità che abitano la città, è capace di utilizzare linguaggi adatti a generazioni diverse, e a persone con percorsi di formazione diverse, anche elementari, è a portata di ogni portafoglio. Concorrono a definire un alto standard di accessibilità della cultura anche l’accesso all’informazione, il sistema della mobilità, la sostenibilità economica, considerando pluralità e differenze di bisogni, capacità e desideri delle persone.

L’accesso gratuito alle persone con disabilità agli spazi di spettacolo è una agevolazione che rischia di essere inutile se poi l’esperienza della visione non è gratificante e soddisfacente. Partiamo da qualche esempio concreto e vediamo se ci sono altri corollari e soluzioni sperimentate che possono avere un’applicazione più estesa. Andare al cinema o a teatro, può risultare complesso per una persona con disabilità motoria: al cinema non è possibile effettuare una prenotazione online preventiva, ci sono pochi posti riservati in sala, spesso singoli e di risulta (in prima fila) quindi si vede il film da soli e neanche molto bene.

Chi ha disabilità uditive deve poter usufruire di sottotitoli e i non vedenti di cuffie (sono nate App scaricabili a prezzi accessibili sulla smartphone). Resta ancora escluso dalla sala cinematografica chi non parla italiano né inglese, e difficilmente avrà la possibilità di ascoltare in sala quel film nella sua lingua. Perché non pensare di dedicare un appuntamento quindicinale a questo pubblico espressamente dedicato, con il sostegno dell’Amministrazione e coordinandosi con la rete delle sale d’Essai territoriali? O appoggiandosi al neonato Mudec, centro culturale delle culture del mondo che ha una bellissima e nuova sala, che potrebbe essere usata per l’occasione.

Non è facile in un momento di crisi per le sale cinematografiche, sostenere costi di aperture straordinarie (matineé) o agevolazioni particolari, ma per una famiglia media che volesse andare al cinema con i bambini tutti insieme una sera, il costo diventa oneroso e qui servirebbe un sistema di convenzioni tra Comune e esercenti che consenta sperimentazioni. Lo stesso vale per i teatri, che non sempre sono economicamente accessibili ai più giovani: esperienze come ‘Una Poltrona per te’, messo in campo dal Comune di Milano per assegnare biglietti gratuiti per Under 26 sono iniziative importanti, ma forse non tutti coloro che sarebbero felici di goderne ne sono a conoscenza.

Visitare un Museo. Il ministero prevede ingressi gratuiti per disabili e accompagnatori, ma dopo l’ingresso, come sono i servizi di accompagnamento? È possibile fare esperienza della visita in autonomia? E come sono i servizi per persone con disabilità sensoriali? L’esperienza del Museo Bagatti Valsecchi che con il Comune di Milano ha finanziato la realizzazione di una App per smartphone, per persone affette da sordità, può essere condivisa con altri Musei?

E ancora chi non parla italiano, e magari neanche inglese ha possibilità di comprendere didascalie, significati e percorsi di senso? In questa direzione la formazione degli operatori è fondamentale. La figura classica del custode museale deve sapersi rinnovare e avere adeguata formazione anche per rispondere a queste esigenze. Sull’inclusione delle comunità migranti le esperienze interculturali della Pinacoteca di Brera con “Brera: Un’altra storia” e del Museo Egizio di Torino con il coinvolgimento dei ragazzi di seconda generazione, che hanno contribuito alla realizzazione dei testi guida del museo e delle guide audio anche in lingua araba, fanno scuola e dovrebbero essere messe in rete.

Sono tanti gli esempi di buone pratiche, anche con coinvolgimento attivo delle persone con fragilità, penso al progetto milanese “Affetti ed effetti dell’arte” che ha reso protagonisti soggetti con disagio mentale nel ruolo di guide nel polo Museale civico di arte Moderna e ora alle Gallerie d’Italia, o alle sperimentazioni di “Biblioteca Vivente”.

Ma servirebbe ricomporre la frammentarietà con un pensiero strutturato e articolato. La città di Torino da più di cinque anni può contare, grazie alla spinta delle Associazioni e alla Consulta per le persone in difficoltà, su un ‘Manifesto per la cultura accessibile’ e su un tavolo permanente di confronto sul tema con le soggetti del terzo settore e Istituzioni culturali pubbliche e private.

Potrebbe essere una grande occasione anche per Milano, un altro passo per riconoscere il valore di inclusione sociale che la cultura in tutte le sue forme ha per l’intera comunità.

 

Paola Bocci
Presidente Commissione Cultura Consiglio Comunale Milano

 



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