9 marzo 2016

LA MINISTRA BOSCHI E LA CULTURA POLITICA MILANESE


Per capire quello che fa la differenza tra Milano e Roma vale la pena di andare a leggere la risposta che domenica scorsa la Ministra per le riforme costituzionali e per i rapporti col parlamento, Maria Elena Boschi, ha dato all’editoriale di Ferruccio de Bortoli pubblicato il giorno prima sul Corriere della Sera. Il titolo dell’articolo di de Bortoli “I cittadini e il fossato da riempire” già dice molto, a cominciare dall’affermazione che questo fossato esiste e che andrebbe colmato. A giudizio di de Bortoli per avvicinare gli elettori agli eletti poco o nulle serviranno la riforma costituzionale e la nuova legge elettorale, anzi le distanze tenderanno ad aumentare. Pragmatismo milanese.

01editoriale09FBLa Ministra, dal canto suo, si limita a dire che i provvedimenti citati da de Bortoli avranno l’effetto esattamente contrario ma senza argomentare e citando, abbastanza a sproposito, il débat publique che abbiamo importato dai cugini francesi, la cui cultura amministrative è mille miglia lontana dalla nostra anche in materia di partecipazione, cultura politica che considera il débat publique non solo un’istituzione ma un processo. La risposta, dunque, è tipica di questo Governo che guarda più al Palazzo per valorizzarne i presupposti meriti che non a quello che succede fuori dal Palazzo.

Certo anche le architetture istituzionali hanno ruolo nel rapporto tra eletti ed elettori, ma l’allontanamento dei primi dai secondi ha anche altre cause più profonde a cominciare dal livello di corruzione di una parte della classe politica e dalla difesa che il Parlamento fa dei propri membri in occasione delle richieste di rinvio a giudizio, utilizzando l’immunità parlamentare in maniera visibilmente indipendente dai principi che vorrebbero salvaguardare un parlamentare dalla “persecuzione” per via giudiziaria da parte degli oppositori.

Anche il modo di legiferare contribuisce ad allontanare dagli eletti quando si vadano a vedere i decreti “omnibus” nei quali s’incistano infiniti piccoli provvedimenti per favorire clientele personali o quando in materia fiscale si prendano provvedimenti “lineari” che con l’intento di favorire un intero segmento della popolazione – i proprietari di immobili – si favoriscono sì i soggetti deboli ma anche soggetti che non andrebbero assolutamente tutelati: i proprietari di appartamenti di maggior valore e per di più provvisti di altri abbondanti redditi. Tanto per citare un caso clamoroso.

Per restare agli esempi più recenti basta guardare al dibattito sulle coppie di fatto e sull’adozione del figlio del proprio partner: un esempio di cinismo della politica con maggioranze a geometria variabile che non ha certo rafforzato nell’opinione pubblica l’immagine e la fiducia negli eletti che si muovono nascondendosi dietro l’articolo 67 della Costituzione, «Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato.». Abuso che ha già portato alla richiesta del M5S di abolizione di quell’articolo, abolizione che andrebbe a ledere la libertà di coscienza, oggi spesso intesa come libertà di opportunismo.

Se poi vogliamo andare fino in fondo al discorso dei fossati e delle “separatezze”, dobbiamo anche parlare della distanza tra eletti in Parlamento e Governo, della distanza tra rappresentanti e rappresentati nei corpi intermedi, della distanza tra consiglieri comunali e Giunta (Milano), in sostanza dobbiamo porci il problema generale dei rapporti tra cittadini e loro rappresentanze in tutte le forme e a tutti i livelli, rappresentanze troppo spesso inquinate da interessi personali quando non anche da corruzione.

Siamo tornati alla famosa intervista di Eugenio Scalfari a Enrico Berlinguer del 1981: “La questione morale”. Trentacinque anni passati per nulla, la questione morale resta lì, anzi è ancora e di più una drammatica attualità.

 

Luca Beltrami Gadola



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