9 marzo 2016

M4: UNA (TRISTE) STORIA TUTTA ITALIANA


Prima di leggere questo articolo, chi ne avesse la voglia e il tempo dovrebbe andare a leggere la lunga vicenda della linea 4 della Metropolitana Milanese. Per chi scrive è stata una lettura utile e tanto istruttiva quanto scoraggiante. In estrema sintesi: il progetto di M4 è partito nel 2001, ha visto la luce (nella sua forma attuale) nel 2005, è stato messo a bando nel 2006, il bando è stato aggiudicato nel 2011, le tempistiche dei lavori sono slittate di quattro anni, i costi sono passati dai 309,9 milioni di Euro iniziali ai 910 del 2009, ai 1.819 del 2014 (ma sappiamo già che c’è un forte rischio tale cifra sia destinata a crescere ancora). Gli investimenti saranno pubblici per il 69,8% e privati per il 30,2%, le risorse sono disponibili al 93,4%, mentre il fabbisogno residuo è del 6,6%.

04grandi09FBOggi quindi ecco lo stato dell’arte: abbiamo un progetto per la costruzione di una nuova linea della metropolitana, necessaria e non discutibile per lo sviluppo della mobilità pubblica, che risale al 2005 e che è stata assegnata tramite bando di gara a una ATI (Associazione Temporanea d’Impresa) guidata da Impregilo, nel 2008. A parte la tratta tra Linate e Forlanini FS, i cui lavori (non finiti) sono iniziati nel 2012, il resto del tracciato e dei relativi cantieri stanno partendo ora; la fine dei lavori è ora prevista nel 2022, invece che nel 2018, com’era nelle previsioni. L’investimento dei privati è in project financing: il che significa che l’operatore rientrerà del suo investimento attraverso l’incasso dei biglietti per molti anni a venire.

In questo contesto, che si caratterizza innanzitutto con un grande ritardo rispetto alle tabelle di marcia, oltre che con una massiccia lievitazione dei costi, è facile capire come sia apparso pressoché impossibile modificare i tracciati o le stazioni, pena il rischio di ricorsi da parte di chi si è aggiudicato la gara e di pagamento conseguente di penali altissime. Chissà se alla fine dei conti non ci si accorgerà che sarebbe stato meno oneroso rivedere il progetto, piuttosto che assistere allo stillicidio di nuovi costi dovuti a micro modifiche dei cantieri, o alle spese da affrontare per risarcire i danni subiti da centinaia di negozianti, o dovuti a danneggiamenti a immobili e proprietà private, per non dire dei filari alberati. Chi vivrà vedrà.

Nel frattempo Milano si ritrova a fare i conti con un progetto vecchio, e perciò superato, che non poteva tener conto di aspetti che nel 2001 apparivano (o forse erano) irrilevanti, ma che oggi sono divenuti sostanziali. Si pensi a tutto ciò che attiene ai vincoli e alle tutele, non solo ambientali ma anche economiche, dei luoghi e dei soggetti che saranno direttamente interessati dai cantieri. Se tali vincoli e tutele fossero stati inseriti in maniera articolata nel progetto, oggi non avremmo tante difficoltà non solo ad apportare modifiche ai cantieri e ai manufatti, ma anche a prevedere interventi a sostegno di commercianti, residenti, imprese.

Per tutte queste ragioni l’avvio dei lavori è stato segnato fin da subito da qualche difficoltà: dapprima all’interno della giunta stessa e poi, molto più platealmente, dalle proteste dei cittadini di fronte ai massicci abbattimenti di alberi. Ed è così che in molti (anche in alcuni Consigli di Zona) si sono chiesti se davvero il tracciato progettato nel 2005 fosse il migliore per la città. Sono stati in molti a dirsi che forse evitare di entrare nel centro cittadino e restare lungo la linea dei bastioni avrebbe provocato un impatto minore; e creato almeno un tratto di quella circle line che oggi manca: forse l’intersezione a Sant’Ambrogio con la linea Verde e a San Babila con la linea Rossa avrebbero potute essere compensate con quelle di Sant’Agostino per la Verde e di Porta Romana per la Gialla. Ma queste sono ormai considerazioni oziose.

Ciò che invece non è ozioso, è valutare in che modi ridurre l’impatto dei cantieri e degli scavi non solo sull’ambiente ma sul benessere dei Milanesi: che, sia ben chiaro, devono sapere (e certo sanno) che alcuni sacrifici sono il necessario prezzo per un’infrastruttura che migliorerà il servizio di trasporto pubblico milanese; ma che devono comunque essere tutelati il più possibile; tenuto conto che la suddetta infrastruttura sarà pagata da tutti loro. Cioè da tutti noi.

Innanzitutto è necessario che l’Amministrazione non smetta di coinvolgere la cittadinanza attraverso incontri, punti informativi attivi tutto il giorno, istituzioni di uffici appositamente preposti, che illustrino le modalità di lavoro e d’intervento in ciascuna area interessata dai cantieri. È stato grazie all’intervento dei cittadini e dei comitati che si sono salvati molti alberi e apportate modifiche che hanno ridotto l’impatto ambientale di alcune zone di cantiere.

Ora, purtroppo, si ha la sensazione che questa modalità di lavoro sia stata un po’ messa da parte: forse a causa della fretta, o della oggettiva difficoltà di gestire decine di istanze (non tutte esaudibili), sembra che l’Amministrazione e l’impresa abbiano deciso di operare senza prima procedere alle auspicabili attività di confronto con la cittadinanza. A questo bisogna porre rimedio. Anche perché spesso è proprio dalle segnalazioni dei cittadini che si possono trovare spunti e risorse che vanno nella direzione della sostenibilità.

Senza di nuovo parlare di alberi abbattuti, basti pensare alle decine di aree verdi ricche di cespugli e piante a basso fusto che in questi giorni vengono divelte e tritate quando si sarebbero potute riutilizzare in altre aiuole o giardini o parchi pubblici. Sono cose davvero da poco (rispetto all’entità del progetto): ma che darebbero il segnale di un’attenzione che tutti vorrebbero vedere nei loro amministratori.

E, infine, c’è il grande problema dei commercianti o di chi possiede un’attività o un’impresa nelle aree di cantiere o nelle vicinanze. Il problema riguarda molto massicciamente la tratta del centro. Non essendo prevista nel progetto alcuna specifica forma di tutela, è ora più che mai necessario che l’Amministrazione si dimostri attenta e vicina a chi dai cantieri avrà non solo fastidi di tipo logistico, ma gravi danni economici. Bisogna che nessuno in queste categorie si senta abbandonato. Bisogna che gli Assessorati competenti (Commercio, Strade, Lavori Pubblici, Verde) mettano in piedi un’autentica task force in grado di supportare chiunque ne abbia bisogno: non solo attraverso la formula degli sgravi delle imposte locali e altre forme di risarcimento, ma anche con un servizio efficiente di informazioni e di consulenza. Questo è il solo strumento di informazione per il cittadino: appare decisamente poca cosa.

 

Elena Grandi

 

 


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