9 marzo 2016

TRASPORTO PUBBLICO E INQUINAMENTO. L’OPZIONE “UTENTE”


Le tendenze globali e cambiamenti culturali sorgono ormai quasi esclusivamente attraverso le città. Attraverso il loro peso economico e la loro intrinseca natura innovativa, queste “entità funzionali” possono agire come portali nel determinare gran parte del nostro collettivo senso di civiltà. Con la loro vicinanza al pubblico e l’attenzione sulla fornitura di servizi, giorno per giorno, le città tendono ad essere più pragmatiche delle alte istituzioni nazionali. Le città concentrano abitanti con trend in crescita in tutto il mondo, e di conseguenza l’esposizione agli inquinanti dell’aria è particolarmente impattante: a parità di emissione la popolazione interessata in una città è maggiore che in una zona suburbana.

06ponti09FBInventari e relative linee guida cercano da anni di definire una modalità univoca di calcolo per le emissioni inquinanti e GHG (greenhouse gas – gas serra) da fonti legate alla mobilità. I numeri presentano un range di variabilità elevata, tra il 30% e l’80% a seconda della metodologia di contabilizzazione utilizzata (1). Alain Bertaud ha studiato la relazione tra la morfologia urbana in forma di densità e la mobilità. In un suo studio vengono messe a confronto 5 grandi città mondiali a elevato reddito medio (Roma, New York, Londra, Tokyo e Stoccolma). In tutte e cinque la quota di CO2 emessa per i trasporti oscilla tra 25 e 38% (oltre a edificato e industria). Secondo Bertaud, la morfologia degli addensati urbani e il relativo sistema economico rendono i fattori causali estremamente interrelati. La frammentazione delle fonti emissive e la complessità del sistema di domanda e offerta di mobilità giustificano (in parte) la mancanza di progressi evidenti nella gestione e nel controllo degli inquinanti emessi nelle città dal traffico.

Tutte le strategie e le valutazioni europee confermano questo aspetto e infatti due misure fondamentali del libro bianco sono la riduzione del 50% dei veicoli “conventionally fuelled” al 2030 nelle città e la loro eliminazione entro il 2050. Ma come fare? Non esiste un piano di sviluppo realistico per passare alla mobilità elettrica: si vedono poche esperienze, spesso non integrate e comunque marginali. Non si è superato un vincolo fondamentale che limita la visione di transizione al rinnovabile: la possibilità di mettere in rete autoproduzioni elettriche distribuite localmente attraverso una smart-grid. In questa fase di passaggio il poter concentrare più viaggiatori su mezzi pubblici “not conventionnally fuelled” potrebbe quindi rappresentare una strada da percorrere.

La rete di trasporto pubblico a Milano è sicuramente tra le migliori italiane e tranquillamente compete a livello internazionale. Negli ultimi 8 anni il numero dei passeggeri trasportati da ATM, dichiarati nelle “Carta della Mobilità”, oscilla intorno ai 650-700 milioni. La rielaborazione dei dati (AMAT su fonte ATM) pubblicata all’interno del PUMS di Milano stima un leggero aumento dei passeggeri nello stesso periodo. La tendenza si può interpretare come una crescita asintotica. La previsione del PUMS di deviare il 6% della mobilità veicolare in modi sostenibili (5% trasporto pubblico e 1% bicicletta) attraverso lo scenario progettuale sembra essere un risultato incrementale relativamente ridotto, a fronte degli interventi previsti.

La contraddizione tra i numeri e l’immaginario collettivo di città verde può essere argomentata secondo un approccio diversificato tecnicamente definito “multilevel perspective” (MLP). Milano si configura come un caso esemplare per l’ambito di ricerca della “mobility turn”, i cui pionieri (tra tutti John Urry e Mimi Sheller) affrontano gli aspetti legati alla nuova transizione della mobilità, dove dinamiche sociali e forma urbana “scolpiscono” i fenomeni di mobilità. Tra questa moltitudine di analisi e ricerche si trovano interessanti spunti di riflessione. L’evoluzione dei trasporti viene studiata attraverso la trasformazione della percezione personale dello spostamento, anziché solo con modelli econometrici e trasportistici. L’idea, in somma sintesi, è di imparare a guardare al contesto generale, delineato soprattutto dagli aspetti sociali, culturali, ambientali, e di lifestyle, superando il limite concettuale della interpretazione puramente tecnologica e infrastrutturale. Solo con questo sguardo d’insieme si possono leggere i fenomeni evolutivi di lungo respiro del sistema della mobilità.

L’evoluzione e la modifica dei trend richiede la reciproca interazione di domanda e offerta: l’approccio storico di lavoro utilizzato nella pianificazione (dei trasporti, ma non solo) presuppone la valutazione di interventi di modifica secondo una logica incrementale, ovvero variando i valori di alcuni parametri funzionali ma a parità di condizioni generali: miglioro la velocità, la capacità o introduco una linea di trasporto pubblico che offre una alternativa all’auto. Anni fa si presentò la necessità di valutare sistemi di trasporto innovativi rispetto alla media (navette automatiche, servizi notturni, etc.). L’approccio incrementale non poteva più funzionare, perché non considerava adeguati parametri di scelta che descrivessero l’innovazione. Tecnicamente il problema venne risolto con l’applicazione – non sempre efficace – dei criteri di conjoint analysis.

Analogamente, gli scenari di domanda normalmente valutano l’evoluzione demografica; possono considerare la variabilità dell’età media, il livello di ricchezza, ma esiste un margine di dubbio che a queste stime sfugga un parametro di non facile definizione che è appunto il cambiamento culturale in atto, per ora non correlabile in nessun modello di simulazione.

La riflessione è meno triviale e più scientifica di quanto qui semplicisticamente ridotta. Non parliamo di previsioni sbagliate (e purtroppo di queste ultime ve ne sono esempi evidenti sul territorio lombardo) ma di una revisione dei parametri di scelta del modo di trasporto che da più di vent’anni si basano sul concetto di utilità (valore del tempo). Le nuove tecnologie stanno modificando la percezione del tempo e il significato (più che il valore) che a esso si associa. Nello stesso momento altri parametri di scelta incominciano ad avere un peso nella griglia di valutazione. La consapevolezza ambientale, la qualità del mezzo (pulizia, raffrescamento, illuminazione), la socialità possibile acquistano posizioni nella griglia delle priorità.

Altri approfondimenti di ricerca, legati alla transizione verso una società a bassa emissione di carbonio esaminano l’inizio della fine della dipendenza dall’auto dei paesi più civilizzati (in particolare nel Nord-Europa). Anche negli Stati Uniti la diffusione delle patenti è aumentata solo per le fasce di età sopra i 55 anni, gli stessi che hanno comperato più auto. Tra il 2001 e il 2009 l’uso dell’auto fra i giovani si è ridotto di oltre 20 punti percentuali. Altro aspetto interessante delle ricerche è l’evidente accoppiamento nell’abbandono delle tecnologie convenzionali (a combustibile fossile) con quello del possesso privato dell’auto (a favore di sharing e leasing).

In molti casi la garanzia di accessibilità di quartieri o zone suburbane è precondizione per salvaguardare uno stato di coesione sociale ed urbana. L’isolamento dei quartieri periferici, diventati dormitori e frequentemente coinvolti in problemi di ordine pubblico, è storicamente correlata anche alla scarsa accessibilità e presenza di servizi pubblici (tra cui i trasporti).

Per chiudere, e tornare alla nostra realtà e al nostro semplice buon senso, si invitano i lettori a rileggere un trafiletto apparso sul Corriere della Sera giusto un anno fa (05 03 2015) per mano del professore architetto Fabio Casiroli intitolato “Ai metrò serve la linea circolare”. L’articolo, disponibile integralmente sul portale del gruppo G124 di Renzo Piano, offre con gran lucidità una riflessione sul PUMS appena pubblicato: la stessa lucidità con la quale l’uomo sfidava i principi e pensieri preimpostati, che ha contraddistinto la sua azione da docente e da professionista.

 

Claudia Ponti

 

(1) Hoornweg D., Sugar L., Gomez C. L. T., Cities and greenhouse gas emissions: moving forward. Environment and Urbanization 23 (1), 201, 207-227.

 



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