9 marzo 2016

A MILANO LE POLPETTE DI PESCE SONO UN CASO POLITICO


Allarme! Quella delle polpette di pesce sembra una vera e proprio rivolta, a dispetto di tutti i canali istituzionali di dialogo, si sceglie lo sciopero come prova di forza, o di disperazione. Ed è questo che ci interessa: perché si sceglie questa strategia? Perché in diverse scuole cittadine le Commissioni mensa hanno organizzato lo “sciopero delle polpette” contro Milano Ristorazione (Mi.Ri.), optando in massa per la dieta in bianco? È una ennesima prova della distanza tra istituzioni e cittadini o c’è qualcosa in più e di diverso? Pare più che altro un caso scuola per i temi della rappresentanza e della partecipazione.

09mattace09FBNel marzo 2014 il Consiglio Comunale delibera il Regolamento delle Commissioni Mensa e della Rappresentanza cittadina: riconosce e sostanzia il ruolo delle Commissioni Mensa, definendone competenze mansioni e prerogative, istruisce e organizza la partecipazione, definisce un regolamento, istituisce una Rappresentanza Cittadina, individua il referente politico territoriale (il Referente della Zona di Decentramento) di raccordo con l’amministrazione centrale e il Gestore del servizio; insomma fa le cose per bene.

Nel rapporto fiduciario che si instaura tra famiglie e agenzia educativa (la scuola) il Comune di Milano attraverso Milano Ristorazione (una controllata al 99%) riveste un ruolo molto delicato “garantendo l’erogazione del servizio della ristorazione scolastica” considerandolo un obiettivo prioritario nella qualità dei servizi per l’infanzia e affida di fatto il “controllo qualità” dei pasti alle Commissioni mensa, in un sistema rigido e disciplinato di segnalazioni.

Milano Ristorazione dal canto suo per accreditarsi presso la cittadinanza mette in atto una serie di politiche di apertura e avvicinamento tra gestore e utenti, aprendo le sue cucine la domenica ai cittadini, organizzando corsi di cucina, promuovendo consapevolezza del gusto con percorsi dall’orto alla tavola, organizzando nelle scuole incontri tra gli chef e gli scolari, introducendo nel menù spunti etico – etnici (la pasta di Libera, le cucine dal mondo…)

I genitori generosamente si impegnano tutte le settimane nelle 434 scuole e 124 nidi, per presenziare alla distribuzione e valutare la qualità dei pasti, segnalando le difformità nel servizio. Possiamo immaginare un mini esercito di 6000 persone coinvolte, ipotizzando la dimensione media di una commissione mensa di 10 persone? Cittadini che si impegnano per i propri figli certo, ma anche per la propria comunità. La Rappresentanza Cittadina fresca di nomina raccoglie le istanze del territorio e le riporta aggregate ai tavoli di confronto, prende parte alla fase preparatoria dei menù stagionali.

Evidentemente in questa architettura di luoghi di relazione e metodologie di confronto c’è qualche falla se si arriva allo scontro diretto. Le commissioni mensa si muovono in autonomia sul territorio e scelgono lo sciopero come mezzo di protesta estremo perché si sentono inascoltate? O non si sono ancora appropriate del nuovo strumento della Rappresentanza cittadina deputata ai tavoli di confronto? Perché è parso di arrivare al muro contro muro con Mi.Ri prima di  chiamare in causa i rappresentanti politici? Il sindaco, l’assessore, i consiglieri comunali, i referenti nei Consigli di Zona (l’elenco è lungo) che dicono, cosa fanno? O se sono stati interpellati, si muovono solo dopo che la stampa cittadina ha riportato la rivolta?

Forse val la pena sgomberare il campo dalla modalità sciopero che è fuorviante (spreco per spreco / stress del sistema per erogazione diete sanitarie…) che se anche ottiene i titoli dei giornali, non porta al risultato, per affrontare il tema sotteso. La contestazione più che sulla ricetta sembra essere sull’approccio, sull’impostazione di fondo che Milano Ristorazione ha preso in linea con il suo piano industriale.

La polpetta di pesce, di verdura, il tortino di legumi sono tecnicamente “prodotto semilavorato in legame refrigerato”, una offerta coerente con la scelta di valorizzare il centro di produzione Sammartini con l’idea di aprire nuove linee di business fornendo pasti ai comuni limitrofi (o della Città metropolitana) o erogando nuovi servizi. La modifica del menù è figlia del business plan 2014 – 2016, che merita di essere letto con molta attenzione, perché riporta al centro del discorso il tema delle aziende municipalizzate. Il piano industriale parte da considerazioni di redditività limitata e in riduzione (tariffe ferme dal 2001, aumento dei costi, insolvenze) e ipotizza nuovi business, favorendo una produzione industrializzata con semilavorati, accentrata in Sammartini, nonché la cessazione del panificio, con acquisto da terzi del prodotto finito.

Quale il ruolo e il senso di una controllata? Deve fornire risorse e profitti o servizi ai cittadini? Questa ottica di efficientamento della gestione tiene conto dei feedback (il controllo qualità)? Per quanto ci si concentri sulla qualità della materie prime, il processo di produzione accentrato prevede il trasporto delle pietanze nei centri di rinvenimento, inficiandone in parte la qualità (emblematica la pizza).

Il semilavorato favorisce l’introduzione di piatti unici nel menù: i genitori se ne lamentano sul piano della educazione alimentare (non riconoscibilità delle pietanze, educazione al gusto..), ma non è chiaro il fine ultimo della contestazione. La riapertura delle cucine nelle scuole? È una scelta praticabile, conforme? Cosa facciamo di tutti i milioni ormai investiti nel centro di via Sammartini?

Comune e cittadini sono impegnati in questa contesa con identità mutevoli portatrici di interessi: la Rappresentanza Cittadina parla con Milano Ristorazione, ovvero il Comune, che di fatto è “l’ente in cui si è ordinata la comunità delle donne e degli uomini milanesi”. Un circolo vizioso in cui si scontrano istanze apparentemente contrapposte: efficientamento della spesa, qualità del servizio. Ma parliamo di alimentazione, dei nostri figli e dei nostri anziani, dei nostri affetti, con tutto il portato simbolico del cibo e dell’organizzazione sociale che una mensa scolastica presuppone (un tempo pieno, delle madri lavoratrici, una “delega in bianco” su una sfera più intima dell’istruzione..).

La politica in fondo esprime i modi in cui una comunità sceglie di organizzarsi, in questo caso sono delle polpette di pesce a ricordarcelo.

 

Giulia Mattace Raso

 

 

 

 



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