2 marzo 2016

COMUNALI 2016, RICOMINCIO DA … TRE


Ricomincio da 0 e mi guardo in giro, dice Luca Beltrami Gadola nel suo penultimo editoriale. Mi pare un po’ difficile e anch’egli lo sa bene: non esistono, né sono mai esistiti, nuovi inizi, immaginari punti 0 da cui muoversi con sguardo puro, di fanciullo che si affaccia al mondo. Perfino le rivoluzioni più radicali in capo a poco hanno dovuto ammettere il debito con tutto quanto esisteva prima, figurarsi un evento banalotto come le nostre primarie, che qualcosa lo hanno pur fissato a chiare lettere: Giuseppe Sala è il candidato del centrosinistra alle prossime elezioni comunali di Milano.

02ucciero08FBDisconoscere questo avvenimento come fatto non si può, e allora ricominciamo almeno da uno. Alcuni però ne disconoscono la legittimità politica, e su questo vorrebbero fondare un nuovo inizio, in alcuni casi a ragione, ma più spesso a torto. La lingua torna a battere dove il dente duole, e il nostro malanno continua ad essere lo “statuto” delle primarie, non quello “formale” delle regole scritte, ma quello “materiale”, del costume.

Pensato come metodo per la selezione del ceto politico amministrativo, presuppone per il suo buon funzionamento almeno il rispetto del suo principio di fondo: vince la volontà del popolo elettore e la minoranza si adegua lealmente. Se come comunità politica, come popolo democratico, lo utilizziamo per scegliere il nostro “campione”, e se il criterio elettivo è la maggioranza relativa dei voti espressi, allora non se ne può disconoscere l’esito, specie se non ci piace.

Questo s’intende tra i partecipanti al voto, persone e partiti non importa. Se così non fosse, è ovvio, cadrebbe l’intera struttura politica delle primarie. È avvenuto in Liguria, è vero, ma a seguito di gravissime interferenze elettorali di parte avversa, così forti da mettere in discussione la legittimità del voto e quindi della volontà popolare “espressa”. A parte questi casi, le primarie non sono, non possono essere, “à la carte”: il candidato vincente deve essere sostenuto da tutti, anche se non è il nostro piatto preferito.

Naturalmente, il principio non vale per quanti non hanno ritenuto di partecipare alle primarie, disconoscendole come spazio politico comune, agorà o comizio democratico che sia. Chi, partito o singolo non importa, si è tenuto in disparte, giustamente non si ritiene vincolato dall’esito del voto. Ma chi vi ha partecipato ha assunto fin dall’inizio su di sé un obbligo preciso, che è il vincolo che ci deriva dal voto a maggioranza. E quindi ricominciamo da due, dalla accettazione piena delle conseguenze politiche che la nostra adesione, libera e consapevole, alle primarie, ha determinato. E quindi Sala candidato Sindaco e leale rispetto del vincolo di sostegno alla sua figura.

Ma si dice, Sala è segno di discontinuità con la precedente amministrazione, e si fatica a sostenerlo da sinistra. Sala quindi segno del comando renziano in terra ambrosiana, amico di CL, sodale di potentati occulti quanto pervasivi, portatore di una visione ispirata alla semplificazione manageriale piuttosto che alla capacità politica di mediazione. Certamente, Sala finora non ha raccolto il sostegno più largo del popolo democratico milanese: la sinistra, ancorché divisa, complessivamente si è issata quasi al 60 % circa dei voti, segnando ancora una volta la distanza della capitale morale dal “racconto” renziano.

Questo, anche questo, è un fatto, da leggere attentamente e da interpretare anche alla luce dello scenario complessivo, che vede l’antagonista di centrodestra potenzialmente capace di attrarre almeno parte di quel voto moderato che sembrava il valore aggiunto più autentico del candidato Sala. Questo schema sembra andare in crisi, e contribuisce alla ridefinizione dell’equilibrio delle forze nel campo democratico.

Per Sala, il problema politico principale è la “riconquista” del voto a sinistra, e in questa direzione di marcia non può procedere così, solo a battute (ho sempre votato a sinistra ….) senza pagare dazio a chi i voti della sinistra li ha raccolti e tiene in saccoccia, Pisapia in primis. In effetti le sue prime mosse sono in questa direzione.

Un dazio che certamente, non siamo nati ieri, equivale a posti di governo e di sottogoverno, ma che implica anche un rafforzamento della componente di sinistra nell’immagine e nelle parole d’ordine durante la campagna elettorale.

Anche nel programma, e soprattutto anche nell’azione della futura amministrazione? Questo è meno agevole a dirsi, ma certo in una squadra di assessori dove la sinistra pur variegata (Pd, ex arancioni …) conta, qualche effetto è ipotizzabile. Il condizionamento che il risultato elettorale ha prodotto al posizionamento reciproco di Sala e della sinistra (minoranza PD, arancioni, SEL …), forma il terzo fatto da cui ricominciare nel ragionamento politico, dopo le primarie. E allora come Troisi, ricominciamo da tre, se proprio non troviamo altro. Sembra poco, ma a ben guardare non lo è.

Le mosse future saranno in grado di bilanciare l’immagine moderata del candidato Sala? Molto difficile dirlo, anche perché dà per scontato un carattere politico del manager Expo che forse meriterebbe una qualche maggior cautela di giudizio. Il sovrapporre il suo nasuto profilo a quello supponente del “caro premier”, quasi fossero due facce di una stessa medaglia, locale e nazionale, mi pare un’operazione troppo semplificatrice di un percorso di maturazione personale a cui guardare almeno con curiosità e senza riserve mentali.

Il manager che ha raccolto e vinto la scommessa di Expo poteva proseguire serenamente il suo percorso, collocandosi senza fatica sulle poltrone più ambite del management pubblico nazionale. Non l’ha fatto, non è passato all’incasso più facile e lucroso, e si è messo di nuovo in gioco e in tanti a chiedersi “ma chi glielo ha fatto fare”? La sua discesa nell’agone politico mi pare segno almeno di un potenziale protagonismo non necessariamente collocabile nell’aura del renzismo obbediente.

Il farsi carico della domanda politica della sinistra, cui chiede forte adesione per vincere e fare il Sindaco, l’equilibrio politico che ne deriverebbe, potrebbe alimentarne la vis di autonomia. Se sarà eletto, come necessariamente speriamo, non è detto che il percorso sia tutto segnato.

 

Giuseppe Ucciero

 



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