2 marzo 2016

VIA CARLO MARIA MARTINI: CULTURA, DIALOGO, FEDE


È certamente un omaggio a un grande milanese che, per oltre un ventennio, ha guidato la Diocesi Ambrosiana, con un approccio molto particolare e personale fatto di ascolto, di conoscenza, di cultura e di dialogo, unito a una straordinaria umanità. Questo il significato dell’intitolazione della via che fiancheggia il Duomo di Milano a Carlo Maria Martini da parte del Comune domenica 21 febbraio scorso. Lo ha spiegato il Sindaco Pisapia, sottolineando come l’iniziativa risponda a un desiderio molto sentito dai milanesi, per i quali la testimonianza e l’eredità anzitutto umana di Martini è ancora viva e straordinariamente attuale.

08livigni08FBNella cerimonia di intitolazione l’Arcivescovo Scola ha voluto riprendere il discorso tenuto da Martini in Comune nel giugno 2002, alla vigilia della scadenza del suo mandato episcopale. Dalle sue parole emergeva una visione di città continuamente provocata a ripensare se stessa, “luogo di una identità che si ricostruisce continuamente a partire dal nuovo, dal diverso, e la sua natura incarna il coordinamento delle due tensioni che arricchiscono e rallegrano la vita dell’uomo: la fatica dell’apertura e la dolcezza del riconoscimento”.

Un appello alla responsabilità che sembra ancora più attuale per noi cittadini dell’oggi con le problematiche che ci stanno coinvolgendo quotidianamente: l’emarginazione, le migrazioni, la crisi economica e culturale. La scelta non poteva cadere su una strada più evocativa e giusta: quella via su cui affaccia l’Arcivescovado e che da quel palazzo prende il nome e che costeggia lo splendido Duomo, cuore anche architettonico della nostra città.

Da domenica scorsa, il cittadino che si trova a camminare di fianco al Duomo leggerà sulle targhe il nome di Carlo Maria Martini, che guidò la Diocesi in un ventennio difficilissimo e oscuro sapendo indicare la direzione non solo a quanti si riconoscono nel messaggio della Chiesa, ma anche a coloro che affrontano le questioni spirituali in modo individuale o, addirittura, si definiscono atei.

Non dobbiamo mai dimenticare la celebre frase di Carlo Maria Martini che, a chi gli chiedeva come si sostanziasse la differenza tra credenti e non credenti, rispondeva di ritenere degna di maggiore attenzione quella tra “pensanti” e “non pensanti”. È proprio in quest’ottica che Martini sostenne con grande vigore, dal 1987 al 2002, la “Cattedra dei non credenti”, una serie di incontri a tema ai quali furono invitati esponenti cristiani, rappresentanti di altre fedi religiose e, soprattutto, pensatori che si dichiaravano “non credenti”, addirittura atei.

Lo scopo fu quello di dare voce, su varie tematiche, a chi non si definisce “credente”, al fine di confrontarsi con il “credente” e con le ragioni della sua fede, affrontando tematiche ostiche e ancor oggi oggetto di dibattito spesso ideologico, pensiamo solo alla questione della sessualità, della contraccezione e del fine vita. Milano non ha mai dimenticato gli insegnamenti del cardinale e la sua fedeltà assoluta alla Parola, sia del vecchio sia del nuovo testamento, come criterio ispiratore del suo pensiero che spaziava da problematiche di natura storica a questioni di attualità. Così come dimostra l’espressione del Salmo 118 – “Lampada ai miei passi è la tua Parola e luce al mio cammino” – che Martini stesso volle incisa sulla sua tomba.

Non ha mai smesso, nemmeno durante la malattia, di contribuire ad allargare i confini del dialogo tra culture e tra religioni, tra credenti e non credenti: Milano gli è grata e non dimenticherà i suoi insegnamenti, chiave interpretativa fondamentale anche nei giorni che stiamo vivendo.

 

Ilaria Li Vigni



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