17 febbraio 2016

DOPO LE PRIMARIE TRA OMISSIONI E CONTRADDIZIONI VERSO LE AMMINISTRATIVE


Siamo uno strano paese: con una legge del 1976 si prevedevano “forme per la designazione di candidati a consigliere circoscrizionale da parte degli elettori della circoscrizione” (art.4 c.4 278/1976). Una previsione normativa rimasta in vigore fino al giugno 1990. In 16 anni nessun comune italiano con più di 100.000 abitanti si è mai avvalso di quella norma. La ragione è che tutti i partiti non vogliono regole vincolanti, altrimenti si sarebbe dato attuazione all’art. 49 Cost. con una legge organica sui partiti.

03besostri06FBIl Testo Unico per gli Enti Locali (art. 17 dlgs n. 267/2000), conferma l’istituto del decentramento ma le primarie sono scomparse e si è elevata la soglia di abitanti, dagli originari 40.000 a 100.000 e poi a 250.000. Per il voto agli stranieri nessun problema per i cittadini UE (art. 40 Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE), che abbiano fatto richiesta di iscrizione alle liste elettorali del comune di residenza. Per gli altri, i cosiddetti extra-comunitari dopo l’art.9 del Decreto legislativo 25 luglio 1998, n.286 è previsto espressamente il diritto di voto per gli stranieri extra UE, in possesso di carta di soggiorno.

Tuttavia occorrerebbe una qualche iniziativa, anche in sede di Statuto comunale o di Regolamento del Decentramento, perché come norma del capitolo C) della Convenzione sulla partecipazione degli stranieri alla vita pubblica a livello locale, fatta a Strasburgo il 5 febbraio 1992, non è stata compresa nella legge di ratifica n. 203/1994. Tuttavia per poter integrare gli extra-comunitari nella vita politica locale dovrebbero disporre in tal senso gli Statuti e i Regolamenti Comunali: non è il caso di Milano.

Se dobbiamo cercare lo scandalo non è che un tale adempimento non figuri nei programmi del candidato Sala vincitore delle primarie del 7 febbraio, che pure si è avvalso del voto di una comunità straniera di residenti, notoriamente quella cinese. Lo scandalo risiede piuttosto nel fatto che, finché vige la previsione generale della legge n. 56/2016, il sindaco di Milano è anche automaticamente sindaco della Città Metropolitana di Milano, un ente territoriale di 3.195.000 di abitanti, dei quali i milanesi sono 1.251.000, il 39%. Nel consiglio metropolitano il Pd è il primo partito e ha sostenuto l’elezione diretta del Sindaco metropolitano, poiché le regole delle primarie sono tributarie del Pd, appare contraddittorio che non abbia allargato il diritto di voto ai cittadini dell’intera area metropolitana.

L’unico riferimento alla Città Metropolita è la raccolta di 200 firme di presentazione della candidatura alle primarie. Questo è lo scandalo, che ha la sua origine nella legge n. 56/2014, che, in violazione dell’art. 48 della Costituzione e della Carta Europea dell’Autonomia Locale, ratificata senza riserva con la legge 30 dicembre 1989, n. 439, ha escluso le elezioni generali, ma (antipasto del nuovo Senato?) elezioni di secondo grado riservate a sindaci e consiglieri comunali. Ciliegina sulla torta: il rinnovo del Consiglio Comunale e del Sindaco di Milano comporta lo scioglimento anticipato, rispetto al termine ordinario di 5 anni, del Consiglio Metropolitano operante, con la convalida dei consiglieri dell’8 ottobre 2014, da poco più di un anno e mezzo.

Che fare? Una lista civica di progresso, che si presenti anche nelle zone di decentramento e che rivendichi la rappresentanza politica della società milanese e costringa al ballottaggio i candidati sindaci, già Direttori Generali del Comune. La lista deve affrontare i problemi della città non con il solito compitino programmatico: in politica le promesse impegnano soltanto chi le ascolta, diceva Clemenceau. Serve un progetto di rivoluzione partecipativa, che investa anche la gestione dei servizi pubblici, da aprire a lavoratori e utenti. Occorre ridefinire le funzioni del Consiglio Comunale, affinché assolva realmente ai compiti di indirizzo e di controllo, che gli sono rimasti sulla carta. Il decentramento deve essere ridefinito come preparazione alla suddivisione di Milano in Municipi, rispettosi della storia e dei legami urbanistici e sociali, mettendo fine all’artificiosità delle attuali 9 zone.

Le comunità straniere vanno integrate, non con la promessa di favori a quelle più organizzate, ma costituendo una loro rappresentanza consultiva e dando attuazione alle previsioni dell’art.9 del d.lgs n.286/1998, affinché possano partecipare almeno alle elezioni dei Consigli di Zona e ai referendum cittadini insieme con i sedicenni. Infine il Comune di Milano deve essere il capo-fila dell’autonomia comunale, compromessa dal centralismo governativo e chiedere il trasferimento di competenze regionali alla Città Metropolitana. Al superamento dell’austerità, che accresce le diseguaglianze anche a Milano e nella sua area, contribuirebbe un’iniziativa politico-giudiziaria di denuncia e superamento del patto di stabilità.

 

Felice Besostri

 

 



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