17 febbraio 2016

NOI E LE CARTE DI SALA


Come molti anch’io vivo in famiglia e tra gli amici la telenovela post primarie “voto non voto, voto Sala, non voto Sala, aspetto a decidere poi magari voto il nuovo candidato della sinistra”. Ne seguo le tracce anche sui quotidiani milanesi, a caccia voluttuosamente di divisioni e di opinioni tra i cittadini eccellenti, catalogati tra i riluttanti negativi, i cercatori alternativi e i rassegnati alla scheda utile, con una prevalenza dei primi. Non che questi mini sondaggi facciano testo: sono indicativi sopratutto degli orientamenti di chi li propone. Ne so qualcosa.

04pivetta06FBPer quanto mi riguarda il problema, l’ho risolto in partenza, nel momento in cui versavo il mio obolo per partecipare alla selezione Sala-Balzani-Majorino e sottoscrivevo il patto, consapevole che nel rispetto della tradizione ero salito un’altra volta sul carro del perdente. Non coltivavo nessuna speranza che Majorino balzasse dall’ultimo al primo posto, non avrei nutrito qualche certezza rispetto alla sconfitta di Sala neppure se Majorino e Balzani si fossero alleati, anzi in questo caso mi sarei immaginato diaspore da una parte e dall’altra.

Vedremo gli sviluppi. Attendo liste e numeri uno, che cosa farà Sel, che cosa farà Rifondazione, persino che cosa farà la Lista Tsipras, che cosa faranno questo o quello. Il teatro della politica mette in scena canovacci scontati. Leggo dichiarazioni che mi fanno rabbrividire: “Dobbiamo riflettere”… come se fosse mancato il tempo per riflettere e non fosse ormai il tempo per decidere. Ritrovo nomi di persone che stimo: proprio lui? un’altra volta? Mi consolo pensando che il ballottaggio farà giustizia.

Vedremo gli sviluppi, ma per quanto mi riguarda non ho dubbi: voterò Sala. Voterò il manager di Expo in ossequio al fatto che le primarie hanno indicato il suo nome a larga maggioranza (la stessa che promosse Pisapia: dal punto di vista delle percentuali siamo alle primarie fotocopia). Lo voterò anche perché, non avendolo mai visto da vicino, mi è antropologicamente simpatico, così tanto lumbard (lombrosianamente, non politicamente), così poco “manager” secondo i canoni proposti dai “femminili”.

Voterò Sala contro Parisi: se il sistema elettorale è questo e se il sistema elettorale premia una persona e un personaggio, è inevitabile votare non solo per qualcuno ma anche contro qualcuno. Beati gli anni dei partiti: allora si parlava del programma, ma di fronte alle urne si viveva la felicità di esprimersi per sostenere un’idea assai generale (per quanto mi riguarda di giustizia sociale, di eguaglianza, di libertà, di democrazia).

So poco del programma di Sala per le primarie. Mi aveva colpito il fatto che avesse rilanciato il progetto dei “navigli riaperti”. Non credo che questa proposta gli abbia procurato molti consensi: la gente è scettica, vede altre priorità. In realtà l’ipotesi della riapertura dei Navigli vanta molti studi alle spalle, studi che dimostrano quanto ridar luce a quegli storici corsi d’acqua non sia poi la velleità di qualche romantico o di qualche pubblicitario. Per il resto si sono sentite tante parole, che rimbalzavano da un candidato all’altro. Mi è parso che Majorino fosse il più tenace e il più coerente nel costruire e nel difendere un percorso “di sinistra”, una sinistra pragmaticamente definita dai suoi obiettivi sociali, tra case popolari, reddito di sostegno, periferie, tra quelle “difficoltà” che Majorino ha imparato bene a conoscere non solo in virtù di una propria sensibilità e di una propria cultura, ma anche grazie all’attività di assessore al welfare, in prima linea dunque sul fronte delle malattie cittadine.

Alcuni amici mi hanno messo in guardia da Sala, ricordandomi il suo carattere aziendalista, i suoi legami con la finanza, la sua affinità con i poteri forti, le sue responsabilità a Expo. Non so come ribattere. Altri ancora hanno insinuato il sospetto che Sala farà l’immobiliarista e riempirà Milano di grattacieli … in questo caso rispondo che a Milano cemento e mattoni l’hanno sempre fatta da padroni, che si può invertire la rotta (quante aree libere ci sono ancora) ma che è parecchio tardi, che in maggioranza comunque i milanesi si sono beati alla vista dei milioni di metri cubi dei nuovi grattacieli … .

Ma ho un’altra idea per la testa, ho l’idea, cioè ho la ferma convinzione che sul tavolo si debbano calare le nostre carte, senza aspettare quelle di Sala, che non si possa lasciare “un uomo solo al comando della corsa”, che siano insomma le questioni che noi conosciamo a dover pesare, a disturbare, a irrompere, a orientare, a determinare. Nutro ingenuamente la speranza che lo schieramento che vorrà sostenere Sala non sia quello definito da qualche ufficio ma quello che si somma nell’impegno, nel senso di appartenenza, nella capacità di cogliere problemi e di suscitare soluzioni. Non il disarmo dei critici, ma la mobilitazione della critica. In questo senso mi è piaciuto che Majorino abbia invitato, anche attraverso iniziative specifiche, a non disperdere l’esperienza delle primarie e a continuare nella “lotta”. Majorino in realtà non ha detto “Lotta”. Uso io la parola “lotta”, termine in profondo abbandono, perché penso che proprio la “lotta” dia un senso alto alla politica e un valore rinnovato alla democrazia. “Dal basso” ha la sua forza se ci si mette volontà, intelligenza, una visione comunitaria.

 

Oreste Pivetta



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