17 febbraio 2016

arte – GAUGUIN. RACCONTI DAL PARADISO


GAUGUIN. “RACCONTI DAL PARADISO”

Ancora pochi giorni per visitare “Racconti dal paradiso“, la mostra dedicata a Paul Gauguin che traccia il percorso della sua evoluzione artistica, attraverso viaggi reali ma soprattutto interiori, di itinerari compiuti alla scoperta dell'”esotico”, dell’altro, dell’affascinante molteplice Mondo, per giungere infine a conoscere la ricchezza del proprio universo interiore.

arte06FB“Il mio centro artistico è nel mio cervello”: acquisita questa consapevolezza Gauguin lascia vagare liberamente la sua opera e i suoi temi, indipendentemente dal tempo, dallo spazio e dai soggetti che concretamente questi gli offrono. Convinto del fatto che l’arte dipenda solo in minima parte del luogo in cui l’artista si trova fisicamente, anche quando la sua opera trae spunto dalla banalità quotidiana, sempre egli rivisita e reinterpreta ciò che vede, cosicché tutto è ciò che sembra e qualcosa di affatto diverso.

È questa carica allegorica che determina la forte sinergia tra le sue opere (pitture, stampe, ceramiche e sculture), accomunate dalla medesima ambizione al “primitivismo”, inteso come dimensione genuina e assoluta, estranea a qualsiasi contingenza temporale, geografica e culturale, nella quale si intrecciano mito, culto, religione, superstizione, finzione narrativa, sogno, memoria.

Egli esprime la concezione di un’arte che non conosce confini tra il reale, il simbolico e il decorativo: sperimenta tecniche e materiali diversi, mettendo in discussione qualsiasi “tipicità” di temi, metodi di lavorazione e significati. Il senso di controllo, simmetria ed equilibrio che gli deriva dall’influenza delle stampe giapponesi si mescola con l’energia delle tinte tahitiane e la tecnica compositiva europea: applicando lo stile cloisonniste, fa delle sue tele un “crogiolo di tinte”, un vero e proprio “mare di pittura”, un mosaico composto di singoli frammenti dotati di valore e carattere.

“Il mondo di Gauguin è dovunque e da nessuna parte”, e così la sua arte non appartiene a nessun contesto definitivo: nasce dall’attrazione per la varietà culturale e dalla mitologizzazione della propria esistenza; mescola culto e religione, vita e sogno e ambisce alla visione del “paradiso”. Un paradiso pagano, terreno, popolato di figure umane, ma anche da idoli vitali e maligni, che con esse convivono come una familiare minaccia.

Il Museo delle Culture di Milano è sicuramente l’ambiente più adatto ad accogliere le opere di un artista tanto affascinato dalla varietà antropologica come Gauguin, e dunque la scelta di allestire nelle sale del MUDEC la mostra dedicata al suo percorso creativo appare del tutto coerente con la sua poetica. L’esposizione è ricca e varia, e il percorso è accompagnato da testi esplicativi chiari ed efficaci. Dal punto di vista contenutistico la mostra dunque soddisfa pienamente le aspettative. Ciò che ascia perplessi è invece l’aspetto “formale” dell’allestimento: la suddivisione delle sale è labirintica, dispersiva e incapace di accogliere grandi numeri di visitatori.

Inoltre, sebbene le opere siano ben illuminate, altrettanto non si può dire delle didascalie, mal posizionate rispetto al soggetto cui si riferiscono e di difficile lettura perché in ombra. Nell’insieme l’ambiente è piuttosto lugubre: il colore scuro delle pareti e il tessuto pesante che le ricopre rendono tetra l’atmosfera, che invece dovrebbe risplendere della luce emanata dai dipinti. Insomma, del “paradiso primitivo” di Gauguin, la mostra esalta soprattutto la componente demoniaca, mentre l’intensità cromatica, la vivacità esotica, la luce genuina dei soggetti, risultano sacrificate. La mostra “racconta” effettivamente il “paradiso” di Gauguin. Ma è un paradiso senza sole.

Chiara Di Paola

Gaugin. Racconti dal paradiso fino al 21 febbraio 2015 Mudec – Museo delle Culture via Tortona 56, Milano Orari: lunedì 14.30-19.30 martedì / mercoledì venerdì / domenica 09.30-19.30 giovedì e sabato 9.30-22.30 Biglietti 12,00 € Intero 10,00 € Ridotto 8,00 € Ridotto speciale

 

LA TENSIONE SCULTOREA DI WILDT INVADE LA GAM DI MILANO

Prosegue con la mostra dedicata ad Adolfo Wildt il progetto di valorizzazione delle collezioni di scultura posta in essere dalla GAM: dopo le mostre monografiche dedicate a Giacometti e a Medardo Rosso viene presentata al pubblico una grande retrospettiva volta ad indagare l’arte di uno dei più grandi, e sottovalutati, maestri del Novecento italiano. Personalità indipendente, Adolfo Wildt rimane al margine delle avanguardie e conserverà sempre un solido legame con la tradizione artistica italiana, dall’Antichità al Barocco, con una netta predilezione per la pittura del Rinascimento. Questa mostra monografica pone in risalto tali rapporti, come pure l’unicità di Wildt e le sue affinità con i contemporanei, attraverso una selezione di 55 sculture in gesso, marmo, bronzo che esaltano la resa plastica e materica di alcuni soggetti portanti della sua produzione.

La mostra “Adolfo Wildt (1868-1931). L’ultimo simbolista”, allestita al piano terra della Villa Reale dal 27 novembre al 14 febbraio 2016, è promossa dal Comune di Milano | Cultura ed è diretta da Paola Zatti, conservatrice responsabile della GAM, con la straordinaria collaborazione dei Musées d’Orsay et de l’Orangerie di Parigi, con cui la rassegna milanese condivide il progetto scientifico e la curatela. La mostra è realizzata nell’ambito della partnership triennale fra la GAM e l’istituto bancario UBS.

Sei le sezioni che scandiscono il percorso, sviluppato cronologicamente e per fasi di evoluzione artistica, che prende avvio con una sezione dedicata alla formazione di Wildt. Prima in bottega come aiutante di Giuseppe Grandi, poi all’Accademia di Belle Arti di Brera lo scultore inizia la sua carriera personale nel 1885. Nel 1906 Wildt mette profondamente in discussione la sua arte, cade in un lungo periodo di depressione e, quando ne esce, il gruppo dei Beventi ha ceduto il posto all’enigmatica Trilogia (visibile nel giardino di Villa Reale). Wildt pare aver trovato la sua dimensione in uno stile più tormentato che procede per omissioni, deforma e trasforma i corpi alla ricerca dell’effetto psicologico.

È questa seconda sala forse la più densa ed emozionante, ricca di tensione, slancio e vita che escono energicamente da ciascuna scultura, esaltate dal sobrio allestimento che avvolge le opere. Segue poi il tema della madre e del figlio, della Madonna e del Bambino: sono esposte in questa sezione opere che presentano un’iconografia nuova, più spirituale, in una rappresentazione più arcaica e semplificata. A partire dal 1915 si fa strada in Wildt una nuova tendenza espressiva sempre più slegata dalla realtà anatomica e sempre più infusa di spiritualità, che raggiunge un’estetica fatta di epurazione delle forme, disseccamento delle fisionomie, semplificazione delle linee, sia nelle sculture che nei disegni.

La prossimità di Wildt al regime fascista si sostanzia nel 1922 nella sua adesione al Novecento italiano, il movimento promosso da Margherita Sarfatti per il rinnovamento dell’arte italiana nella direzione del “ritorno all’ordine”. La sua produzione di questo periodo predilige quindi monumenti e ritratti, mai realistici e sempre più orientati al “ritratto di idea”, cioè alla rappresentazione dell’archetipo o della dimensione spirituale dei soggetti. L’ultima sezione è dedicata all’eredità che Wildt lascia: tra gli altri Fontana e Melotti, suoi studenti presso la Scuola del marmo.

Wildt nasce e svolge la sua intera attività artistica in una Milano in fermento, terreno fertile della Scapigliatura di Giuseppe Grandi, ma anche della cultura impressionista di Medardo Rosso, poi del giovane movimento futurista affascinato dall’industriale «città d’oro e di ferro». Ed è di quella Milano wildtiana che viene offerto un affresco con i percorsi esterni alla mostra grazie a visite guidate e materiale divulgativo realizzati in collaborazione con il Touring Club Italiano.

Adolfo Wildt (1868–1931). L’ultimo simbolista PROROGATA AL 21 FEBBRAIO 2016 GAM Galleria d’Arte Moderna via Palestro 16 Milano;  orari: martedì – domenica 9.00 – 17.30 lunedì chiuso Biglietto incluso nel biglietto d’ingresso alla GAM (intero 5 euro – ridotto 3 euro)

 

 ENNESIMA: LA TRIENNALE S’È DESTA

Severa, forte e ambiziosa. Con Ennesima. Una mostra di sette mostre sull’arte italiana la Triennale di Milano sorprende il mondo della cultura milanese per la inusuale qualità della produzione. Vincenzo De Bellis conferma il suo talento nella curatela di eventi di grande calibro come questo. Un talento che si manifesta anche nel dibattito che Ennesima ha scatenato all’interno delle complicate dinamiche dell’arte contemporanea. Un dibattito la cui importanza sta proprio nella capacità di aver nuovamente acquisito attenzioni che si credeva fossero andate perdute. Dopo la controversa esperienza di Arts and Foods, la Triennale di Milano presenta una mostra ricca di contenuti, carica di immagini, forte di una stratificazione artistica che ha caratterizzato la penisola italiana negli ultimi decenni.

Con una lungimirante visione curatoriale, De Bellis raccoglie sette diverse esperienze che vanno a comporre un quadro chiaro e definito su una eterogenea idea di immagine che è stata formulata da artisti quali Fabro, Merz, Paolini, de Dominicis fino agli artisti più giovani come Agudio, Ancarani, Correale. Cuore della mostra è indubbiamente la sala dedicata alle performance dove il contatto diretto con altri uomini e altre donne immersi nell’opera riesce a catturare anche lo sguardo del visitatore più distratto. Si crea in questo modo la possibilità di intraprendere molteplici percorsi e di indagare le molteplici forme che l’idea di immagine ha assunto dagli anni ’60 a oggi. Lontana dagli infiniti allestimenti che costringono il pubblico a estenuanti lotte contro la noia e la stanchezza, Ennesima offre una incredibile ricchezza di contenuti che si consumano nel giro di poche sale, persistendo, però, a lungo, anche dopo l’uscita da Palazzo dell’Arte.

Il significato delle opere esposte si rivela al visitatore anche grazie all’ausilio dei mediatori culturali i quali si distribuiscono lungo il percorso alla ricerca di domande e di dubbi che desiderano essere chiariti. Una formula che consente alla Triennale di avvicinarsi al suo pubblico sempre più numeroso e di offrire nuove modalità di fruizione come il noleggio di tablet che vanno a sostituirsi alle tradizionali audioguide. L’allestimento è chiaro, semplice, comprensibile. La lettura delle opere è agevolata da ricche didascalie e pannelli. La circolazione è libera e fluida. La Triennale di Milano regala un anticipo dei prossimi mesi che la vedranno protagonista nel mondo del design in occasione della XXI Esposizione Internazionale. Il fermento si associa a una manifesta volontà di fare e, soprattutto, di fare bene ed Ennesima ne è la prova.

Giordano Conticelli

Ennesima. Una mostra di sette mostre sull’arte italiana fino al 6 marzo 2016 Triennale di Milano Viale Alemagna, 6, Milano Orari martedì – domenica 10.30 – 20.30 lunedì chiuso

 

A PALAZZO REALE RIVIVE LA BELLE ÉPOQUE CON ALFONS MUCHA

Tra decori, fiori e riccioli l’Art Nouveau ha invaso le stanze di Palazzo Reale con una grande mostra dedicata ad Alfons Mucha: fino al 20 marzo, infatti, sarà possibile fare un tuffo nel passato camminando tra sale color pastello, stucchi e specchi che insieme a poster e disegni raccontano lo stile liberty europeo. Con oltre 220 opere la mostra “Alfons Mucha e le atmosfere art nouveau” propone al pubblico un percorso capace di ricostruire il gusto elegante, prezioso e sensuale del tempo attraverso le creazioni dell’artista ceco, gli arredi e le opere d’arte decorativa di artisti e manifatture europei attivi nello stesso periodo storico.

La vita e la carriera dell’artista si alternano e si intrecciano con il gusto dell’epoca attraverso mobili e oggetti di arte decorativa; l’esposizione prende il via dal grande poster Hommage respectueux de Nestlé realizzato per celebrare il sessantesimo anno di regno della regina Vittoria mentre la serie Les Arts mostra la capacità dell’artista di trasmettere emozioni diverse mediante il topos dell’immagine femminile, spaziando dal malinconico lirismo della Poesia all’energia della Danza.

La mostra si sviluppa per temi iconografici in modo da evocare atmosfere e suggestioni che possano stupire e coinvolgere il visitatore. La prima sezione è dedicata al teatro e a Sarah Bernhardt grazie ai quali Mucha acquisì notorietà internazionale. Si prosegue con la vita quotidiana: dalle scatole dei biscotti Lefevre-Utile, alle tavolette di cioccolato Idéal passando per i profumi e i prodotti per l’infanzia, tutti esempi del grande virtuosismo che consente all’artista di unire il sublime e il quotidiano.

Il tema chiave della terza sezione è l’immancabile figura femminile, sviluppato in due sale contigue, e che mira a evidenziare la duplice e contrastante concezione che i contemporanei avevano della donna, talvolta idealizzata in una creatura angelica, elegante e aggraziata, talvolta immaginata come femme fatale, accattivante e seducente, ma sempre capace di incarnare il valore universale della bellezza giovanile, espressa attraverso linee serpentine ed eleganti movenze.

La sezione dedicata al giapponismo affronta il tema dell’influenza dell’arte esotica e orientale sulla produzione europea, riscontrabile soprattutto nella preferenza per il segno grafico e marcato, per l’appiattimento bidimensionale e per gli accostamenti cromatici sgargianti e originali. Il mondo animale è invece rappresentato nella quinta sezione, dove è raccolto un repertorio di oggetti d’arte decorativa caratterizzati dalla presenza di animali emblematici, come il pavone, il serpente, la libellula e le creature acquatiche.

All’importanza dei materiali preziosi nell’immaginario Art Nouveau è dedicata la sesta sezione, mentre il tempo è protagonista della settima, rappresentato simbolicamente attraverso le grafiche dei calendari, delle stagioni e delle parti del giorno ideate da Mucha. Chiude la mostra la sezione dedicata all’immaginario floreale, in particolare rose, ninfee, iris e gigli, che letteralmente “invadono” la produzione Liberty e Art Nouveau.

Ma la mostra non si esaurisce: alle opere dell’artista sono affiancate una serie di ceramiche, mobili, ferri battuti, vetri, sculture e disegni di artisti e manifatture europei affini a quella medesima sensibilità squisitamente floreale e sinuosa che caratterizzava un certo filone del modernismo internazionale. Scopo della mostra è dunque quello di restituire appieno l’idea di un’epoca ricca e sfaccettata, facendo dialogare le invenzioni di Mucha con gli ambienti e le decorazioni contemporanee così da ricostruire il clima magico e sfavillante della Belle Époque.

Alfons Mucha e le atmosfere art nouveau fino al 20 marzo 2016 Palazzo Reale – Piazza del Duomo 12, Milano Orari apertura lunedì 14,30 – 19,30 martedì – mercoledì – venerdì – domenica 9,30 – 19,30 giovedì – sabato 9,30 – 22,30 Biglietti: Intero 12 € Ridotto 10 € Ridotto speciale 6 €

 

 

BACIO O NON BACIO?

Da inguaribile romantica, in un triste pomeriggio d’autunno, non potevo non rispondere al richiamo dell’affascinante mondo risorgimentale protagonista del lavoro di Hayez, contesto offerto dalla mostra inaugurata ai primi di novembre alle Gallerie d’Italia, per rendere omaggio al dipinto-icona fra i più riprodotti dell’intera storia dell’arte.

Il flash mobUn bacio d’arrivederci” organizzato in Expo il penultimo giorno di apertura era stata l’occasione per lanciare e nutrire l’attesa della mostra monografica dedicata a Francesco Hayez, inaugurata poi il 7 novembre alle Gallerie d’Italia a Milano. La mostra raccoglie in un’unica sede circa 120 tra dipinti e affreschi dell’artista, alcuni dei quali inediti o mai esposti dall’Ottocento in poi. Infatti oltre all’opera che lo ha reso immortale, Hayez firmò in quasi settant’anni una quantità straordinaria di opere che hanno fatto la fortuna (e la storia) dell’Ottocento pittorico italiano.

Le diverse sezioni della mostra riflettono i mutamenti del clima culturale, storico e sociale di cui Hayez è stato un sensibile e versatile interprete, padrone di diversi generi come la pittura storica e il ritratto – celeberrimi quello del Manzoni, della Principessa Belgiojoso – la mitologia, la pittura sacra, l’orientalismo, sino a giungere alle composizioni dove trionfa il nudo femminile, declinato in una potente sensualità che lo rende unico nel panorama del Romanticismo italiano ed europeo.

La rassegna pone a confronto, grazie a prestiti eccezionali come quello della Maddalena canoviana, la pittura di Hayez con la scultura del suo maestro e grande protettore, soprattutto negli anni romani del suo esordio, Antonio Canova, e con quella del suo seguace Vincenzo Vela, destinato a diventare il maggiore interprete del Romanticismo in scultura.

Accompagnano la mostra una serie di attività collaterali, tra le quali spicca una rassegna cinematografica realizzata in collaborazione con la Fondazione Cineteca Italiana, dove, accanto ad alcuni classici d’autore, trovano posto affreschi popolari e agguerrite rappresentanze della nuova leva cinematografica. Per visitare la mostra è disponibile una videoguida su tablet, con contenuti multimediali, utile e funzionale … quando la si trova: purtroppo la batteria si scarica con molta facilità e l’attesa quando il pubblico è numeroso si aggira attorno ai 20/25 minuti.

Per gli appassionati del grande pittore la mostra è un’ottima occasione per riscoprirne la bellezza e l’artisticità, l’unico consiglio è di visitarla in orari non di punta: l’allestimento non ne consente infatti una facile fruizione. Soprattutto le prime sezioni sono create in ambienti di pochi metri quadrati, nei quali più di cinque/sei persone non possono stare in contemporanea se non danneggiando reciprocamente il godimento delle opere.

La chiusa della mostra è affidata a una piccola stanza che ripercorre su uno schermo i più bei baci dal cinema di tutti i tempi: e lì, l’animo romantico passa sopra tutte le gomitate date e ricevute durante la visita in mostra.

Hayez – fino al 21 febbraio 2016 Gallerie d’Italia Piazza della Scala 6, Milano dal martedì alla domenica, ore 9.30 – 19.30, giovedì ore 9.30 – 22.30 intero 10 euro, ridotto 8 euro, ridottissimo 5 euro

 

LA FONDAZIONE PRADA E LA RIGENERAZIONE CULTURALE DI MILANO

Il 9 maggio il sempre più vasto mosaico culturale di Milano si è arricchito di un importantissimo e preziosissimo tassello: la Fondazione Prada. La celebre stilista Miuccia Prada e il marito Patrizio Bertelli hanno regalato al capoluogo lombardo uno dei più interessanti interventi culturali visti in Italia in materia di arte, ma anche di architettura e, soprattutto, di rigenerazione urbana. Le vecchie distillerie di inizio Novecento sono state restaurate, ristrutturate, trasformate e integrate per offrire ai visitatori una superficie di 19.000 mq dove trovano posto non soltanto spazi espositivi per le varie mostre temporanee, ma anche un cinema, un’area didattica dedicata ai bambini, una biblioteca e il Bar Luce concepito dal regista Wes Anderson che si ispira ai celebri caffè meneghini e già diventato “cult” nel giro di pochi giorni.

La molteplicità e la versatilità degli spazi della Fondazione consentono un’offerta culturale estremamente variegata. Sono attualmente aperte al pubblico le mostre “An Introduction”, nata da un dialogo fra Miuccia Prada e Germano Celant, “In Part” a cura di Nicholas Cullinan e le installazioni permanenti di Robert Gober e di Louise Bourgeois presso la “Haunted House”, una struttura preesistente che, rivestita di uno strato di foglia d’oro, acquista un’aura altamente immaginifica e imprime un segno forte ed evidente nel paesaggio urbano di Milano. Ma è “Serial Classic” la mostra più sorprendente: Miuccia Prada abbandona momentaneamente la passione per il contemporaneo per rivolgersi al passato, all’arte antica dove sono scolpite le origini della nostra cultura. Salvatore Settis  e Anna Anguissola curano magistralmente una mostra che presenta l’ambiguo rapporto fra l’originale e la copia nell’arte greca e romana.

Un allestimento geniale presenta più di sessanta opere che dialogano fra di loro e con lo spazio esterno circostante attraverso ampie vetrate. Il modello perduto, giustamente sfocato, giunge ai nostri giorni attraverso le innumerevoli imitazioni, emulazioni o interpretazioni commissionate dalla ricca aristocrazia romana. Ed ecco che il solido blocco di marmo prende vita e si circonda di un’aura di sacralità ancora oggi percettibile. Gli spazi rivisti da Rem Koolhaas e dal suo studio OMA consentono a una vecchia fabbrica di trovare nuova vita in un tempio che ospita personaggi della mitologia, guerrieri e divinità quali Venere e Apollo con opere provenienti dai più importanti musei del mondo, dai Vaticani al Louvre. La Fondazione Prada diventa oggi il modello di quella inevitabile e illuminata collaborazione che deve esserci fra pubblico e privato per il beneficio dei cittadini milanesi, italiani e di tutti i visitatori stranieri che iniziano a intravedere nel laboratorio creativo di Milano la nuova Capitale Europea

Giordano Conticelli

Fondazione Prada – Largo Isarco 2 Milano (M3 Lodi T.I.B.B.) orari: tutti i giorni h10-21 biglietti: 10€ ridotto 8€ gratuito minori 18 anni e maggiori di 65

 

 

PIETÀ RONDANINI: LA NUOVA CASA ASPETTA I MILANESI

Dopo una vicenda travagliata durata alcuni anni, la Pietà Rondanini trova finalmente pace in un Museo a lei interamente dedicato. Dopo sessant’anni trascorsi nell’allestimento di BBPR nella Sala degli Scarlioni del Museo d’Arte Antica, l’ultimo lavoro di Michelangelo, quello forse più intimo ed emozionante, raggiunge una nuova collocazione, anch’essa densa di valore e simbologia. È l’antico Ospedale Spagnolo del Castello Sforzesco, realizzato nella seconda metà del Cinquecento per i soldati della guarnigione spagnola colpiti dalla peste, che porta in sé, per sua natura, l’essenza del dolore e della sofferenza. Termina così il percorso durato tre anni, da quando si è riconosciuta l’esigenza di dare rinnovato valore alla scultura michelangiolesca, che l’ha vista al centro di accesi dibattiti sia nel mondo politico che in quello culturale e si conclude in un evento di grande festa cittadina dove l’opera preziosa torna a Milano e ai milanesi in occasione dell’inaugurazione del palinsesto di Expo in città.

«Il nuovo allestimento ribalta completamente la visione a oggi consueta dell’opera: entrando i visitatori vedranno infatti la scultura di spalle e scorgeranno per prima cosa ciò che Michelangelo scolpì per ultima, la schiena della Madonna ricurva sul Cristo, rendendo ancora più intensa l’emozione per l’opera», afferma l’architetto Michele De Lucchi, cui è stato affidato il progetto allestitivo. «Solo girando attorno alla statua si vedrà la parte anteriore, con il Cristo cadente sostenuto dalla Madre: una prospettiva assolutamente inedita, voluta per mettere in risalto quella dimensione della scultura, incompiuta, prima impossibile da osservare nella sua completezza».

Un allestimento che invita alla contemplazione e al raccoglimento di fronte all’opera incompiuta di Michelangelo e che forse, più di ogni altra, racchiude nell’abbraccio dei due corpi il senso dell’amore. L’ingresso nel museo conduce ad un’immersione che coinvolge tutti i sensi grazie al profumo del legno, il silenzio che inevitabilmente cala di fronte alla scultura e alla penombra che avvolge la sala concentrando la luce solo sulla statua.

Museo Pietà Rondanini_Michelangelo – Milano, Castello Sforzesco, Cortile delle Armi

L’ingresso al Museo della Pietà Rondanini è compreso nel biglietto unico per i Musei del Castello Sforzesco al costo di 5 euro (ridotto 3 euro) acquistabile presso la biglietteria dei Musei del Castello Sforzesco

 

 

questa rubrica è a cura di Benedetta Marchesi

rubriche@arcipelagomilano.org

 


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