10 febbraio 2016

CHI HA VINTO CHI HA PERSO, PER NON PARLAR DEL PAREGGIO


Dal 2005 a oggi si sono svolte primarie quasi ogni anno ma quelle omogenee alle attuali per oggetto e platea sono 2: 1) le primarie comunali di coalizione del 2006 quando votarono in 86.496. Ferrante ottenne il 67%, Dario Fo il 22%, Milly Moratti il 5,78%, Davide Corritore il 3, 28%. 2) le primarie comunali di coalizione del 2010 quando votarono in 67.499. Pisapia ottenne il 45,36%, Boeri il 40,16%, il 13,41%, il figurante Sacerdoti l’1,07%. Il calo di votanti tra le due consultazioni non ha corrisposto a un aumento dell’astensionismo alle elezioni vere dove la percentuale dei votanti nel 2006 e nel 2011 fu la stessa.

02marossi05FBI 60.900 di questa tornata sono meno degli attesi, c’è quindi un progressivo disamoramento verso lo strumento. Sono comunque risultati di partecipazione comparabili con quelli precedenti. Come sono comparabili le percentuali dei candidati. Sala vince con una percentuale inferiore a quella di Ferrante e a quella di Pisapia, la maggioranza degli elettori del centro sinistra non lo ritiene il candidato migliore, come fu per Pisapia; tuttavia Ferrante perse e Pisapia vinse.

Balzani e Majorino accomunati da una contiguità, soi disant radicale, ottengono insieme 20 punti percentuali più di Sala; per alcuni questo significa che la sinistra/centro è a Milano ancora maggioritaria per altri che le divisioni sono insanabili, certamente è curioso che nello spintonarsi su chi è più duro e puro abbiano favorito Sala. Faccio una facile previsione: dopo gli accorati appelli all’unità le divisioni si accentueranno e si arriverà a un candidato della sinistra antisala, la resa dei conti sarà feroce. A chi dirà che il 41% di Sala è poco, sommessamente ricordo che Maroni governa la Lombardia con il 42,8% contro il 38,2% di Ambrosoli.

Le primarie, specie quelle a turno unico presentano il rischio di evidenziare una vittoria mutilata e di complicare il percorso verso le elezioni, come in questo caso: Sala pur vincendo ne esce peggio di come è entrato. Più quindi che l’analisi dei numeri è interessante capire il clima che le primarie lasciano. Onde evitarvi un pistolotto socio/psico/politologico mi viene più semplice scrivere chi ha vinto e chi ha perso.

 

Chi stravince:

Renzi che impone il suo uomo e la sua politica senza pagare pegno e senza neanche intervenire. Sembra il Merckx dei tempi d’oro.

 

Chi vince:

vince Bussolati che ha resistito alle sirene romane che non volevano le primarie, che ha mantenuto l’unità organizzativa del partito e la terzietà; che ha saputo gestire una banda di parlamentari, specie i senatori, impauriti e nervosi; che non ha inserito i candidati alle Zone nella baraonda e inoltre ha gestito la macchina organizzativa del voto.

vincono i riformisti, quelli che pensano che la giunta Pisapia ha fatto bene ma che le grandi scelte urbanistiche e trasportistiche le hanno fatte Albertini e Moratti e che Sala proseguirà sulla strada del fare più che del sognare. Quelli che sanno che qualsiasi sindaco tecnico diventa politico in breve tempo.

vince l’ex vicesindaco De Cesaris che fu dimissionata, sbeffeggiata sugli scali e accusata di essere emotivamente instabile e oggi è risorta come nocchiero programmatico di Sala.

vince D’Alfonso che con una serie di dribbling ha salvato gli arancioni dal naufragio, ha traghettato la giunta sulla sponda vincente salvando la continuità e in parte il mito di Pisapia rinnovatore, ha recuperato la De Cesaris alla vita politica (contento lui), ha riunificato le varie anime nostalgico/socialiste attorno a Sala (eccezion fatta per Critica sociale e Club Rosselli)

vince Maran che batte in volata tutti i concorrenti Pd alla carica di uomo forte della giunta e del partito. Se passa le idi di marzo può andare lontano.

vince la sinistra radicale che non voleva partecipare alle primarie e che non voleva Sala; da oggi può fare incetta degli antisala, preparare la sua lista, coltivare il suo orticello come fa dai tempi di Filippetti o se preferite di Valori e Vecchietti.

vincono i revenants alla Scalpelli, Cerami, Ferlini, Borghini che riconquistano dopo decenni un ruolo centrale in quello che fu il loro partito e il loro schieramento facendo linguaccia ai tanti loro antipatizzanti.

vince il centrodestra ideologico e perbene che affronterà un candidato più debole e più facile da contrastare (se riesce a convincere Parisi), un candidato a loro più affine. Quella destra che preferisce perdere con Sala sindaco che vincere con Sallusti.

vince Majorino che è l’ago della bilancia in un sistema però che non prevede un secondo turno e quindi la sua è una soddisfazione morale che sarà accompagnata da velenosi attacchi del tipo: cavallo di troia di Sala. Il baffo cercherà di imporsi come leader di una sinistra socialdemocratica dialogante, della quale Sala non potrà fare a meno, il difficile sarà tenerla insieme e non farsi trascinare in una rissa. In pratica torna a fare l’assessore, in fondo è giovane. Con lui vince Del Corno, doveva essere un giovanotto tappabuchi per sostituire l’etoile Boeri e invece fa bene l’assessore e il politico coerente, non ci avrei scommesso.

vincono le vecchie volpi della politica parlamentare alla Mirabelli senza i quali Sala sarebbe ancora a cercare gli indirizzi dei circoli che lo invitavano e con lui Fiano che con il suo ancorché spintaneo ritiro, è stato determinante per la vittoria di Sala.

vince Martina che è il candidato alla presidenza della Regione. Con lui vince Ambrosoli che in modo signorile e silenzioso ha giocato un ruolo non secondario per salvaguardare Sala in settori tricoteuses e non, in pochi lo facevano così capace.

vincono i verdiniani milanesi e i ciellini di sinistra che non esistono ma a furia di essere evocati dalla Balzani e Majorino esisteranno.

 

Chi perde:

perde anzi straperde Pisapia che come ultimo autogol dichiara che a Milano non ci sarà mai il partito della nazione proprio quando se ne firma l’atto costitutivo. Gli va dato atto di aver fatto un endorsement coraggioso evitando una neutralità ridicola, ma visti i risultati difficilmente avrebbe potuto gestire peggio la successione: da leader assoluto del centrosinistra milanese è passato in pochi mesi a ospite pensionando. Scriverà un altro libro (purtroppo). Come la pensino i suoi ex ammiratori è ben descritto dal post dell’antico Giovanni Colombo: “Complimenti a Pisapia e a tutto il gruppo dirigente del centrosinistra milanese che ha fatto il capolavoro di riconsegnare Milano alle destre chapeau!“, crudele ma indicativo.

perde l’antirenziamo diffuso quel mix di prodismo/veltronismo/bersanismo/malpancismo vario che aveva fatto di questo appuntamento uno dei primi referendum pro o contro il leader maximo senza voler prendere atto che il Pd è Renzi e che le opposizioni sono divise

perde la CGIL ma ci è abituata

perdono tutti quelli che speravano di ripetere il clima dell’11 giugno 2011 con Piazza del Duomo che inneggiava al nuovo 25 aprile. Quel clima, quello schieramento è svanito.

perdono i presidenti e i consiglieri di enti che sono in scadenza con i bilanci e che silenziosissimi confidavano in una campagna elettorale soft per essere riconfermati nelle assemblee; ci sarà uno spoil system feroce. Fatte due righe di conto per rispondere a tutte le richieste Sala dovrebbe avere a disposizione 115 posti di assessore, una dozzina di liste in cui spalmare tutti i candidati al consiglio comunale e altrettante per ogni zona.

perdono i majoriniani transitati con la Balzani, non sono serviti a granché.

perdono quelli che si appellano all’unità in genere per non scegliere, i bipartisan di professione; dal 1892 le divisioni nella sinistra sono spesso irrecuperabili e il prossimo futuro lo dimostrerà.

perde la Tajani che nel suo doppio passaggio da SEL a Sala sperava di essere seguita da un po’ di gauche e invece no. Paradossalmente gli assessori che sono stati con i perdenti hanno più chances di tornare in giunta di quelli che sono stati col vincitore

perde la squadra di spin doctor della Balzani, nonostante gli sforzi sono riusciti a renderla una maestrina dalla penna rossa.

perdono i grillini che in una campagna dura e piena di colpi bassi sono andati in vacanza facendo perdere le tracce.

perdono i salotti, le grandi firme della gauche (editori, professori, blogger) e in genere tutti quelli che pensano che i voti si pesano e non si contano.

perde la Balzani, ma ai punti. Fino alla festa dell’Unità di settembre quando si cominciò a parlare della sua candidatura nessuno sapeva chi fosse, oggi lo sanno tutti. Determinante per farla perdere l’epitaffio di Maran “Non è una di noi” o come dice con bronzea faccia il sindaco: “forse è partita troppo tardi”. Sopratutto non ha avuto il coraggio di proporre a Majorino di giocarsi a sorte la candidatura unica gauchista.

perde Alfieri e con lui Guerini che non sono più candidati alla presidenza della Regione.

 

Chi pareggia

pareggiano Nando dalla Chiesa and company che avevano fatto della demolizione dell’immagine di Sala un obiettivo. Non riescono ad abbatterlo ma certamente lo hanno mascariato non male e hanno ancora mesi per sansebastianizzarlo.

pareggiano Cortiana, Biscardini e Cappato. Stando fuori dalle primarie sembravano autoescludersi dal gioco invece la durissima e delegittimante campagna elettorale dà spazio alle ipotesi di liste terze. Firmando inoltre la commissione di inchiesta per l’Expo si candidano a recuperare parte dell’antirenzismo.

pareggiano gli assessori pisapiani in transito (Benelli, Bisconti) portano pochi voti ma danno una dignitosa copertura programmatica e d’esperienza al vincitore. Certo non torneranno in giunta ma qualcosa faranno.

pareggiano la segreteria del sindaco, i comitati per Pisapia, i civici che hanno scelto Balzani insomma tutti quelli che senza sbattere la porta hanno cercato di salvare il loro confuso leader. Hanno fatto con dignità il loro dovere affondando con il capitano.

pareggia Boeri, abituato a perdere questa volta riesce a condurre una battaglia da protagonista trainando la Balzani obbligando il suo vecchio nemico Pisapia ad abbracciarlo in pubblico proprio subito dopo aver fatto cadere la giunta sulla delibera degli scali. L’avrei messo tra i vincenti non avesse scritto quell’imbarazzante lettera a Renzi.

E infine

vince ma ai punti Sala. Il risultato è inferiore alle aspettative, è costruito su una campagna che lascia ferite e che apre spazi al centrodestra ma del resto le campagne elettorali non sono un pranzo di gala: Caldara venne accolto dal Corriere con il titolo: “un Barbarossa a Palazzo Marino”. Da salvatore dell’Expo e quindi della patria è derubricato a buon manager ‘nu poco furbacchione.

Riesce però ad archiviare una legislatura e a far voltare pagina alla sinistra milanese come voleva Renzi, dimostrando fin da subito che è politico a tutto tondo altro che tecnico, la foto con maglietta del Che è li a dimostrarlo. Probabilmente non avrebbe dovuto accettare le primarie, ma per come si erano messe le cose può tirare un sospiro di sollievo anzi due; nelle elezioni e nei congressi “l’importante è vincere non partecipare”. Per ora non è nato un leader, ma ha tutto il tempo per imparare.

 

Walter Marossi



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