26 gennaio 2016

AGENDA AL FUTURO: UNA METROPOLI POLICENTRICA


La nuova “città metropolitana” non deve essere intesa come una Provincia con un territorio un po’ più largo; e con un Sindaco pantografato. E neppure come un’incombenza legislativa e burocratica dettata dalla Legge Del Rio. La città metropolitana, lo dice la Legge stessa, è prima di tutto l’occasione per sperimentare un nuovo modo di “sentirsi metropoli” delle grandi città italiane. E sentirsi metropoli non vuol dire solo riconoscere che il proprio corpo urbano è ormai cresciuto ben oltre i confini municipali.

03boeri03FBVuol dire prima di tutto sentirsi al centro di un grande territorio eterogeneo ma innervato dalle stesse energie, vincolato dalle stesse presistenze, favorito dalle stesse opportunità. La città metropolitana non è, insomma, solo una “grande” città; ma è, soprattutto, una città più ricca e complessa. Per Milano, questo significa fare i conti con almeno tre grandi questioni che richiedono, da subito, uno sguardo attento ad un territorio ben più esteso di quello ancora anacronistico formato da Milano e da 134 Comuni (senza Monza … e questa resta una follia).

La prima è quella delle reti e dei flussi (di persone, informazioni, risorse, immagini, merci) che percorrono un territorio che arriva fino alle città prealpine (Varese, Como, Lecco, Bergamo) e comprende Lodi, Vigevano, Pavia, Novara. Fare i conti con la complessità delle reti e dei nodi significa ad esempio sviluppare finalmente una politica unitaria e integrata sui tre scali areoportuali, sulle reti del sapere (a partire dagli 8 atenei), sui nodi della ricerca e della comunicazione, sui flussi e le reti dell’acqua, sulle reti immateriali dell’informazione, della cultura e della socialità, sui luoghi della salute, sui trasporti pubblici e gli assi della mobilità privata.

La seconda questione riguarda il governo, in questo grande territorio complesso, del rapporto tra sfera urbana, sfera rurale/agricola e sfera naturale. Il che significa guardare ai temi della rigenerazione urbana, dei servizi al cittadino, di un’agricoltura ricca di varietà e utile per i consumi locali, della biodiversità di specie, con uno sguardo che sappia cogliere e governare i continui processi di transizione che coinvolgono spazi urbani in dismissione, aree agricole monoculturali e porzioni di natura sempre meno protette.

Infine, ma l’abbiamo già detto, “sentirsi metropoli” significa ragionare su una governance che non sia un accordo burocratico tra forze politiche, ma un progetto visionario e potente che generi condivisione istituzionale senza schiacciare le particolarità irrinunciabili dei territori locali.

Per sentirsi metropoli serve dunque una politica interna equilibrata; basata su quel concetto di policentrismo che Francesca Balzani non smette di ricordarci essere una condizione di base per un governo consapevole sia del territorio municipale, che di quello vasto. Quella che circonda Milano è infatti, indiscutibilmente, una Metropoli Policentrica.

Così come serve una “politica estera” – nei confronti della altre aree metropolitane italiane e internazionali – di competizione e collaborazione. Per scoprirsi “metropoli”, Milano non deve in altre parole accontentarsi di essere a capo di un parlamentino allargato ai Sindaci dei centri contigui, ma diventare, come suggeriva Carlo Cattaneo “generatrice di città”. Diventare capace di produrre un progetto condiviso su un futuro prossimo. In grado di leggere le grandi questioni ospitate nel suo territorio non come temi municipali, ma come opportunità per tutta la grande regione urbana milanese.

Bastino due esempi per spiegare come Milano dovrebbe scoprirsi metropoli. Il Post Expo, aggrappato oggi alle idee e alle risorse del Governo, dovrebbe finalmente diventare l’occasione per realizzare un polo dell’innovazione e della biodiversità che valorizzi le risorse e le reti della grande metropoli milanese.

E la dismissione degli scali merci, invece che solo un tema di standard e zonizzazioni, dovrebbe diventare (in alternativa alla visione nostalgica e centralistica della riapertura dei Navigli) il grande progetto per il futuro della metropoli: una rete di spazi verdi e agricoli e di corridoi naturali perimetrata da edifici alti che toccando tutti i quartieri esterni di Milano, portino qualità e servizi dove l’azione dell’amministrazione locale è stata in questi anni più debole.

La forza della visione policentrica che Francesca Balzani non smette di richiamare, ci porta a pensare che un voto a lei sia una scelta importante e opportuna per avvicinarsi finalmente a quell’idea ricca e equilibrata di Governo che oggi è indispensabile per confermare la rinascita di Milano.

 

Stefano Boeri

 

 

 

 



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