26 gennaio 2016

musica – QUARTETTI E TRII


QUARTETTI E TRII

Una settimana, quella appena trascorsa, ricca di concerti con tanta ottima musica da camera; su tutto indiscutibilmente ha troneggiato martedì 19 al Conservatorio il primo concerto dell’integrale dei Quartetti per archi di Mozart, ma è stato preceduto da un’altro bel concerto, del Quartetto Lyskamm sabato 16 al Museo Diocesano, con un magnifico programma dedicato a Schubert e a Beethoven. Fra l’una e l’altra serata, nel pomeriggio della domenica 17 si è aggiunto un terzo piacevolissimo concerto, che potremmo definire “minore”, del Trio Diabelli che – nel minuscolo, delizioso e sconosciuto Auditorium “Albero della Musica” ricavato in una sorta di scantinato in via Quintino Sella – ha eseguito musiche di Kapeller, Diabelli e Matiegka.

musica03FBCominciamo dal concerto di Mozart, da considerarsi un grande evento per la città di Milano e non solo. È la prima volta infatti che nell’arco di pochi mesi – fra gennaio e novembre di quest’anno – verranno eseguiti tutti e ventitre i Quartetti per archi di Mozart, in ordine cronologico, da uno dei migliori Quartetti oggi in attività, quel Quartetto di Cremona formato da Cristiano Gualco, Paolo Andreoli, Simone Gramaglia e Giovanni Schiavone che in anni recenti ha eseguito – sempre al Conservatorio e sempre per la Società del Quartetto – il ciclo, anch’esso “integrale”, dei Quartetti di Beethoven.

La prima serata del ciclo mozartiano è stata dedicata ai sette Quartetti detti “milanesi” perché scritti durante i viaggi in Italia (1769-1773) del giovanissimo Mozart, viaggi che avevano come principale centro di attrazione proprio la nostra città che a quell’epoca, soprattutto per quanto riguarda la musica, era tutt’altro che periferica rispetto alla Vienna capitale imperiale; Mozart, di cui proprio oggi 27 gennaio cade il 260° anniversario della nascita, aveva allora fra i 14 e i 17 anni, viaggiava col padre – che gli correggeva i compiti – e scriveva musica nelle locande o nelle case degli ospiti.

Concerto molto impegnativo, sia per gli esecutori che per gli ascoltatori, con l’esecuzione di ben 22 tempi di quartetto (il numero 1, quello “di Lodi”, ha quattro tempi mentre gli altri sei ne hanno tre), due ore e mezzo abbondanti di musica particolarmente interessanti per aver messo in evidenza il progredire del giovanissimo Mozart nella scrittura di una delle più alte espressioni musicali. Alla fine del concerto il Quartetto di Cremona, esausto, ha avuto anche la forza di regalarci un delizioso bis e cioè la prima versione dell’Adagio del Quartetto n.1 che fu bocciata da papà Leopoldo in quanto rimproverava al figlio una scrittura troppo “libera” e fuori dalle regole canoniche; il povero Wolfgang fu costretto a scrivere una seconda versione, pubblicata e diventata quella “ufficiale”. Ebbene oggi, liberi da quelle regole, possiamo dire con certezza che aveva decisamente ragione Wolfgang!

Ma l’evento non era isolato: i concerti della Società del Quartetto, come ho già riferito in questa rubrica, sono ora preceduti da una breve introduzione affidata alternativamente a Gaia Varon e a Oreste Bossini – uno più bravo e più colto dell’altro – ma per l’inaugurazione di questo ciclo Bossini ha ceduto la parola allo storico della musica Sandro Cappelletto che ha fatto una presentazione davvero straordinaria dei quartetti mozartiani. E non è stato un caso poiché la sera prima al MA.MU. – per l’occasione stracolmo di musicisti, musicologi e musicofili – lo stesso Bossini aveva presentato il libro “I quartetti per archi di Mozart, alla ricerca di un’armonia possibile” (il Saggiatore, 268 pagine, 22 euro) scritto proprio da Cappelletto per questa integrale. Una serie di eventi tanto raffinati da farci provare la sensazione che Milano sia tornata a essere uno dei centri europei della cultura musicale.

Anche il Quartetto Lyskamm ha contribuito a creare questo clima di elevatezza culturale inaugurando un altro ciclo della Società del Quartetto, denominato  “Musica e Arte” perché si svolgerà, oltre che al Museo Diocesano, negli spazi museali privati di Villa Necchi Campiglio, del Poldi Pezzoli e nelle Gallerie d’Italia in piazza della Scala. Mi sembra necessario sottolineare come con queste iniziative la Società del Quartetto si ponga ancora una volta – come accadde anni fa con l’integrale delle Cantate di Bach – ai vertici della produzione della musica colta a Milano e ritrovi il ruolo che ha ricoperto molto spesso nei suoi oltre centocinquantanni di vita.

Tornando al Quartetto Lyskamm, che deve il suo nome alla famosa punta e ghiacciaio del Monte Rosa, è nato solo sette anni fa ed è composto da Cecilia Ziano, Clara F. Schötensack, Francesca Piccioni e Giorgio Casati – giovani musicisti fra i 24 e 30 anni cresciuti musicalmente al Conservatorio milanese – che hanno mirato fin da subito molto in alto frequentando scuole e insegnanti di altissimo livello. Dopo aver eseguito in modo ineccepibile l’ottavo Quartetto opera 168 di Schubert in si bemolle maggiore e il quinto – opera 18 n. 5 in la maggiore – di Beethoven, il Lyskamm ha eseguito nel bis il celeberrimo Quartettsatz di Schubert (primo e unico tempo di un incompiuto Quartetto n. 12 in do minore D. 703) coniugando passione e compostezza, consapevolezza e rigore, come raramente capita di ascoltare. (Avevo avuto peraltro la ventura di ascoltarlo anche questa estate in un indimenticabile primo Quartetto di  Šostakovič, nella cornice del Festival che si svolge da anni nell’incantevole borgo ligure di Cervo. Un’esperienza unica fra la bellezza – si può ancora dire? – della musica, la profondità dell’interpretazione e il fascino dell’ambiente).

Infine due parole sul Trio Diabelli, composto da Chiara Pasqualini al flauto, Diana Scorta alla chitarra e Daniel Ciobanu alla viola (come si vede un organico piuttosto raro, di quelli che costringono a ricercare con il lanternino un repertorio adeguato), proposto dalla associazione Canone Inverso. Questi tre giovani e ottimi interpreti hanno scoperto musiche della Vienna e della Praga di metà Ottocento il cui pregio è quello di essere, oltreché non banali, molto poco ascoltate. Se Johann Nepomuk Kapeller (1776–1843) e Wenzel Thomas Matiegka (1773–1830) sono ai più probabilmente sconosciuti, Anton Diabelli (1771–1858) è invece conosciutissimo ma non per la sua personale produzione musicale bensì per aver proposto un tema – sul quale scrivere delle variazioni – a un buon numero di suoi colleghi compositori e perché, come tutti sanno, su quel tema Beethoven ha costruito uno dei suoi capolavori, le “33 Variazioni su un valzer di Anton Diabelli, op. 120”. Anche questo è stato a suo modo un evento: per la rarità delle musiche, per l’organico inusuale e le diverse sonorità, per l’atmosfera carbonara che si respirava nello scantinato di un aristocratico palazzo nel centro di Milano.

 

 

questa rubrica è a cura di Paolo Viola

rubriche@arcipelagomilano.org

 

 

 



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