19 gennaio 2016

MILANO APERTA: ACCOGLIERE UN PROFUGO E TROVARE UN INGEGNERE


Da un giornale radio Rai ho colto al volo la notizia di un giovane ligure che, di passaggio in Stazione Centrale a Milano, ha suonato qualche pezzo su un pianoforte a disposizione del pubblico, registrato da un altro viaggiatore che ha inviato il video a qualcuno, con un happy end londinese, immagino a fare musica. Cronaca o aneddoto, conferma la regola aurea di essere la persona giusta al momento giusto al posto giusto. Nel caso, con un salto di qualità spazio-temporale tecnologico. Conferma inoltre il valore del talento coltivato con studio e disciplina, del talento imprenditoriale di attenzione al contesto e delle opportunità di un mondo aperto.

07gario02FBDa ultimo, ma non per ultimo, conferma che il web vale se mette in contatto persone reali. Il resto non è chiacchiera, è peggio. «Un tempo ci volevano tutte le risorse di uno stato totalitario – uno stato che aveva il controllo assoluto dei media e delle informazioni consumate dai suoi cittadini – per costruire una realtà alternativa da propinare alla popolazione. Oggi, grazie ai nuovi strumenti a nostra disposizione, il singolo individuo può farlo in piccolo. Le grandi organizzazioni stanno imparando a farlo in maniera deliberata e sistematica. La rivoluzione digitale ha cambiato radicalmente non solo il modo in cui raccogliamo informazioni sul mondo, ma anche il modo in cui possiamo manomettere le informazioni che altri stanno raccogliendo». A scriverlo è Charles Seife, docente di giornalismo alla New York University [Le Menzogne del web, Bollati e Boringhieri, Torino 2015, p. 13].

Insomma, possiamo chiuderci in un mondo inventato – da due generazioni la tv vende sogni e consigli per gli acquisti, Milano ne è la capitale – fin che quello reale non ci entra letteralmente in casa, con il bando predisposto dal Comune di Milano per selezionare famiglie in grado di dare ospitalità a richiedenti e titolari di protezione internazionale. Il particolare importante e nuovo è che ci entra in casa un mondo cacciato dalla guerra e non più solo dalla miseria, come fino a pochi anni fa, che ci hanno fruttato a costi risibili manodopera abbondante e spesso ben preparata, disposta a lavori da noi rifiutati con disdegno.

Naturalmente, il centrodestra attacca il sindaco Pisapia annunciando denunce. La chiave di volta ce la offre, da New York, Seife: «Un tempo eravamo ostaggi del nostro villaggio, e poi della rete telefonica. Oggi siamo interconnessi in modo tale che chiunque di noi può comunicare con miliardi di persone sul pianeta – il mondo è diventato un posto davvero piccolo» [p. 14]. Senza abbandonare del tutto sogni e consigli per gli acquisti – bisogna pur vivere – è ormai tempo che chi fa politica, la faccia. In tutta Europa la preoccupazione, giustamente diffusa, è che non si abbia più il controllo del territorio, che con il potere fiscale (anch’esso ormai un ricordo) è il fondamento di ogni Stato. Fin che si trattava di noi italiani, si sa, ma ora si tratta dei francesi e dei tedeschi. Ormai siamo davvero uniti.

Uniti anche nel declino demografico, sulle cui conseguenze da anni ci ammoniscono i demografi, inascoltati come tutti coloro che si occupano anche dei problemi di domani, oltre che del prossimo minuto. La pensione futura dei giovani europei di oggi dipende dal riequilibrio della popolazione, sempre più vecchia, con nuove generazioni di bambini che, se non nascono da noi, chiedono però di venire da noi in particolare dal continente africano. Le spese di parto e cura e spesso di prima formazione sono già pagate, e i genitori professionalmente ben preparati, altrimenti non avrebbero i mezzi per un viaggio che a noi costa alcune decine o centinaia, a loro migliaia o decine di migliaia di euro. Integrarli, oggi, è forse il migliore investimento a lungo termine per tutti e in particolare per i giovani, salvo ovviamente chi si guadagna la pagnotta col conflitto sociale.

Non per buonismo la cancelliera Merkel, venuta dal freddo sovietico nella Germania riunificata, ha dato il benvenuto a famiglie siriane giovani, colte, professionalmente preparate.

Appartengo alla generazione che ha visto ufficialmente la fine dei dazi comunali e, nelle parole di Seife, della prigionia di villaggio. Oggi assistiamo alla fine degli Stati nazionali, tecnicamente non più in controllo delle proprie finanze e del proprio territorio, fondamenti della sicurezza pubblica, sia economica che sociale. Il fallimento fiscale degli Stati nasce dalla loro annosa lotta per abbattere le aliquote e creare paradisi fiscali per attirare ricchi e imprese, Regno Unito in testa, aggravando da noi la già grave evasione/elusione fiscale che nel 2015 Confindustria stima ci costi 122 miliardi. Anche il fallimento nel controllo del territorio nasce dallo scaricabarile tra gli Stati, quasi isterici nel caso dei rifugiati siriani e incapaci di fare una politica comune. Di nuovo con la specificità, non solo nostra, di alimentare un traffico – anzitutto di esseri umani – molto redditizio, che come ogni traffico criminale è un cancro di corruzione.

La concorrenza che non esiste in economia, segnata da un pugno di megamultinazionali, domina i rapporti tra gli Stati, che per produrre sicurezza devono tra loro cooperare, non combattersi come ora fanno, magari spiandosi («Mercoledì 24 aprile la Süddeutsche Zeitung ha scritto che “Il servizio segreto tedesco BND per anni ha aiutato la National Security Administration USA a spiare altri Stati europei”»: Frédéric Lemaître, «Berlin aurait espionné Paris et Bruxelles pour la NSA», Le Monde 2/5/2015, p. 4).

Eppure in Europa abbiamo avuto l’intelligenza e la fortuna – maturate a prezzi proibitivi in due guerre mondiali – di costruire un mercato comune e poi un’unione che è la sola, diventando anche politica, tecnicamente in grado di controllare le nostre finanze e il nostro territorio, fondamenti della nostra sicurezza. Avremo sicurezza economica e sociale solo con un vero governo europeo, va da sé dell’area euro, che ha già una moneta e una banca centrale – simboli e strumenti di sovranità – col vantaggio di non comprendere Ungheria, Polonia e Repubblica Ceca con le loro nostalgie orientali del partito-Stato unico.

Milano ha tratto enormi benefici dalle bibliche migrazioni interne, nonostante le coree. Ancor più ne trarrà dall’ulteriore, necessario passaggio a una risorta sovranità nell’Unione Europea politica. Senza dimenticare che in passato Milano ha fatto da utero in affitto al fascismo, ricavandone le distruzioni non solo fisiche della seconda guerra mondiale. All’inizio del nuovo anno l’auspicio è che prevalga lo spirito di sopravvivenza, forte della lucidità di pensiero di cittadini che hanno il talento e la capacità di suonare la propria musica, senza farsi distrarre e stordire dal baccano di fondo.

 

Giuseppe Gario



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