12 gennaio 2016

EXPO DOPO EXPO: SEI ANNI DOPO


Sei anni fa l’Ordine degli Architetti di Milano si pose la questione del ‘dopo Expo’. Lo fece pubblicamente cercando un dialogo poco proficuo con le istituzioni, ma ottenendo dalla città una grande attenzione. Il tema, allora, per chi legge i mutamenti e le trasformazioni della città, sembrava assolutamente attuale. Senza essere miopi, gli architetti devono essere presbiti: puntare lo sguardo là, lontano, e immaginare, proporre, pianificare al meglio la realizzazione di quella visione all’orizzonte. Comporre un ponte di idee e soluzioni, indicare e consigliare il percorso ritenuto utile e vantaggioso per tutti. Come tecnici e come cittadini.

08bottelli01FBTra i molti modi possibili per riflettere sulla manifestazione e sulle trasformazioni urbane a essa connesse, il Consiglio di allora decise dunque di organizzare in Triennale una mostra fotografica: ‘EXPO dopo EXPO’. Cinque fotografi tra i quali il coordinatore Gabriele Basilico inviati in alcuni siti europei che avevano ospitato l’Esposizione Universale di recente. I loro scatti avrebbero offerto alla cittadinanza e alle istituzioni un quadro d’insieme e di dettaglio di ‘ciò che rimaneva’ dopo le esposizioni. Eredità ambientali, territoriali, urbane, strutturali … . A corollario, una breve analisi sulla gestione del tutto: qualche cifra, dato e numero utile, luci, ombre e sfumature sul loro ‘dopo Expo’.

Il nostro intento era semplice e chiaro: sollecitare con anticipo una riflessione sull’importanza di progettare l’Expo di Milano come tappa di una operazione di pianificazione territoriale mirata alla configurazione spaziale e funzionale definitiva del sito. La mostra accompagnò gli incontri pubblici in cui ospitammo i responsabili di quelle esposizioni, che illustrarono obiettivi, problemi e strumenti attesi, incontrati e utilizzati. I contributi segnalavano con buon anticipo la questione dell’operazione Expo: la necessità di un progetto urbanistico, economico e architettonico che permettesse un transito governato dalla festosa congestione (non sempre avvenuta) della fiera planetaria a un’utile infrastruttura per l’intera comunità. Gli ospiti, in quanto responsabili e referenti, si esposero, pubblicamente.

Nel frattempo, le procedure e i processi decisionali che hanno connotato questi sei anni sono i peggiori che nel lontano 2009 avremmo potuto immaginare; ciononostante, all’ultimo momento possibile le istituzioni, le imprese, i molti poteri frazionati sono riusciti a produrre un risultato di successo per il nostro territorio. I sei mesi di Expo ci hanno visto impegnati, come tutte le istituzioni di Milano, ad accogliere e accompagnare un continuo viavai di delegazioni da moltissimi paesi interessate alle caratteristiche e alle enormi potenzialità della nostra città e del nostro territorio, con una interessante e proficua relazione tra i contenuti della manifestazione e le offerte culturali, turistiche e commerciali della città.

Novembre e dicembre 2015. La mostra è stata riproposta, con un arricchimento fotografico ulteriore: prima nella nostra sede, e ora, fino al 21 gennaio, all’Urban Center.

Accanto, la riproposta di incontri pubblici, sempre affollati e (finalmente) partecipati dalle istituzioni e dai soggetti coinvolti a vario titolo nella governance, nella proprietà dell’area, sulle ipotesi di trasformazione definitiva e temporanea (Fast Post) che sono in campo. Sono emersi punti di vista diversi e dibattuti, ma con un comune denominatore: promuovere un procedimento politico istituzionale esemplare nel quale, pur in forte ritardo, fosse possibile mostrare un impianto procedurale trasparente, innovativo, partecipato, concorsuale e snello all’altezza delle vocazioni definitive di un sito potenzialmente così strategico per il rilancio dell’area metropolitana.

Molte voci hanno fatto appello alle istituzioni perché individuino il giusto livello di governo per la scala in cui l’area si colloca, che non è una appendice marginale di Milano, ma una sorta di ‘smart city’ potenzialmente traino di economie e saperi diffusi, nel centro dell’alta Italia e in attesa di un nuovo uso: idee, proposte, visioni diverse ma accomunate dalla urgenza di evitare una emergenza che lascia sempre grandi cicatrici sul tessuto sociale, urbano e morale.

Sarebbe auspicabile una procedura analoga a quanto avvenuto per la Londra post-olimpica, con la creazione di una agenzia ad hoc. In Italia questo modello non è mai stato applicato, ma ora che il Codice degli Appalti sembra permetterlo, non vorremmo si cadesse ancora una volta nella trappola dell’emergenza. Emergenza che sterilizza le procedure di pubblica evidenza a noi care, emergenza che umilia una programmazione che di per sé non necessita di strumenti straordinari.

Una governance adeguata, un management preparato, un orecchio teso alle voci del territorio, un controllo vigile sulle procedure faranno la differenza rispetto a diversi ‘post’ altrui e al ‘pre Expo’ nostrano, dove la politica per anni si è affrontata per decidere chi e quanto dovesse spendere, senza pensare al come, al progetto. Il progetto, la sua forza, è ben in grado di orientare la politica

 

Valeria Bottelli



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