16 dicembre 2015

FURTI D’ARTE. PER UNA “CARTA DEI MUSEI”


Non sappiamo perché il silenzio sia così rapidamente calato sul terribile furto dei dipinti di Castelvecchio a Verona. La notizia è calata nelle nostre case come un rombo di cannone, poi più nulla, non un rigo sui giornali, non un dibattito in televisione. Forse questo silenzio è strategico, utile a indagini in corso. In questo caso bisognerebbe dirlo, ne saremmo tranquillizzati. Ci spaventa l’idea che non se ne parli più perché la notizia è sopraffatta da altre, come se non fosse sufficientemente grave da meritare ogni giorno un ragguaglio.

10biscottini44FBSono tempi terribili per le opere d’arte, in tutto il mondo. Come non ricordare le recenti distruzioni ad opera degli Jihadisti dello Stato Islamico? Penso all’antico sito archeologico assiro di Hatra nell’Iraq settentrionale, ma anche a Nimrud, a Palmira, per citare quel che immediatamente mi viene in mente. Perché la violenza sull’arte? “Crimini di guerra” li ha chiamati la direttrice generale dell’Unesco Irina Bokova, lanciando un appello nel mondo. Crimini ai quali è legittimo accostare il furto di Verona che ha sottratto, non solo al museo, non solo all’Italia, ma all’umanità intera, opere di straordinaria bellezza e di importanza rara.

Basterebbe pensare alla Madonna della Quaglia, un tempo data a Stefano da Verona e poi recentemente restituita a Pisanello. Basterebbe ricordare quanto gli storici dell’arte abbiamo ragionato sugli intrecci di stile, gusto, poesia rintracciabili nell’opera, una sorta di icona di un momento straordinario dell’arte, tanto da essere posta sulla copertina del catalogo della recente mostra “Dai Visconti agli Sforza” a Palazzo Reale a Milano, per capire che non vi è assicurazione, anche la più alta, che possa mai restituire l’opera d’arte.

Dopo quel furto il nostro Paese si è improvvisamente impoverito in un modo indicibile, senza che, dicevo, si aprisse un vero dibattito sulla sicurezza delle opere nei musei. Siamo tutti in pericolo e l’Italia è un magazzino straordinario di opere che possono facilmente, come si è visto a Verona, essere sottratte alla cultura, alla vita umana.

Perché nel nostro Paese non si è aperta la questione sicurezza nei musei? Perché non si è capito che il nostro patrimonio artistico, l’unica vera ricchezza che abbiamo, va protetta, custodita? Con modalità nuove, evidentemente, giacché viviamo in un’epoca davvero grave, a cui non siamo preparati. Tremano le vene dei polsi pensando alle nostre chiese, ai tanti musei sparsi nella penisola, a quel patrimonio straordinario che rende l’Italia unica, mentre nulla viene fatto.

I miei colleghi, direttori di musei, e io con loro, sanno che le nostre opere sono protette: abbiamo sistemi di allarmi antiintrusione e volumetrici. Per le opere di maggiore importanza abbiamo particolari sistemi di affissione, ma … basta? Dobbiamo ripensare totalmente alla sicurezza, specie nelle ore diurne, quando è facile, con una pistola in mano, spaventare un custode e aprirsi il varco verso l’opera prescelta. A mio avviso il rischio è più nelle ore diurne e soprattutto nei momenti di apertura e chiusura del museo, senza con ciò escludere il pericolo notturno.

Quando ero un giovane direttore venivo tante volte svegliato di notte dalla Sicurezza, che mi chiedeva di correre al museo. Allora si trattava di gatti, del vento, ma io correvo. Con il cuore in gola percorrevo la strada Milano – Monza, terrorizzato da quel che avrei potuto trovare. Oggi è molto difficile che possa succedere qualcosa del genere, siamo diventati bravi con i sistemi dall’allarme, con le protezioni attive e passive. Credo davvero che non basti più. Dobbiamo porre al centro delle nostre discussioni il tema della sicurezza nei musei e nelle chiese, dove la nostra civiltà antica, moderna e contemporanea, è rappresentata.

Accanto al grido di allarme contro la furia devastatrice degli Jihadisti dello Stato Islamico, che desiderano cancellare la nostra identità culturale, dobbiamo far risuonare il nostro appello, perché quella di Castelvecchio non diventi solo una terribile storia. Ricordo che Federico Zeri mi disse un giorno: bisogna che i nostri monumenti vengano distrutti, che le opere d’arte vengano rubate, perché lo Stato si accorga del suo patrimonio artistico e finalmente lo difenda, lo tuteli. Aveva torto il grande Zeri: i musei soffrono e nulla o troppo poco vien fatto per aiutarli. Neppure una storia come quella veronese suscita clamore.

Non è forse giunto il momento di scrivere una carta dei diritti dei musei? Dobbiamo farlo, per salvare l’umanità dalla perdita della sua stessa identità.

 

Paolo Biscottini



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali




Ultimi commenti