10 dicembre 2015

MILANO E IL NUOVO GOVERNO DEL MUNICIPIO


Mi sembra che le cose per Milano e il nuovo governo del Municipio, si stiano muovendo abbastanza bene per il centrosinistra. Il programma di primarie “vere, aperte e contendibili” è un’ottima cosa. E la probabile disponibilità di Sala a parteciparvi è una riprova della serietà e dello spirito democratico della persona. Così come ottima cosa è l’avere accettato che, a livello nazionale, non ci siano candidati blindati, o solo fortemente preferiti, come la stessa Balzani ha potuto verificare di persona nel corso del suo recente pellegrinaggio da Matteo Renzi, con il sindaco Pisapia.

03vitale43FBNon si è ripetuto l’errore che si fece, a suo tempo, con Stefano Boeri, indicandolo come candidato del partito e tarpandogli così le ali, perché a Milano i puri candidati di partito non passano. Essi devono essere anche candidati della città e per la città, e con la città, oltre che con i partiti, devono confrontarsi. Il che non è in contrasto con il fatto che, anche all’interno dello stesso partito, ci si possa dividere a favore dell’uno o dell’altro candidato senza che ciò giustifichi accuse di divisionismi di sorta. È anzi proprio questa la funzione vera di primarie vere, che le varie componenti dei partiti si dividano sui candidati, salvo poi ricomporre l’unità, dopo aver scelto il candidato giudicato migliore (che vuol dire anche quello che ha le maggiori possibilità di battere il vero avversario, che è il candidato della destra). E quando parlo di destra a Milano non è necessario arrivare a Salvini.

Basta avere ascoltato le urla forsennate della Santanchè contro i mussulmani nella trasmissione Quinta Colonna del 7 dicembre per capire cosa intendo. È confortante che entrambi i candidati principali (per ora ancora presunti) siano entrambi ottimi candidati, e che il terzo, e per ora unico candidato (Majorino) sia una persona seria, competente e coraggiosa. Non conosco personalmente la Balzani ma a Milano si è mossa bene, sia sul piano politico-comportamentale sia tecnico-professionale e i tanti amici che ho a Genova me ne parlano tutti molto bene. Tanto che molti genovesi speravano che si candidasse per la Regione Liguria e la considerano una risorsa cittadina per la prossima competizione elettorale per il Comune di Genova. Se mi è consentita una notazione personale la trovo anche molto simpatica.

È evidente che se entrambi i candidati principali sono ottimi (e il terzo è buono) (mentre la destra, la vera minaccia, è, per ora, in agguato) è possibile procedere alla scelta con relativa serenità e in spirito di verità, mettendo a fuoco i veri problemi della città da affrontare e su questi prendere le misure dei candidati, senza disperdere le forze in questioni astratte e ideologiche. E devo dire che è proprio su quest’ultimo aspetto che l’inizio della campagna elettorale della Balzani mi ha lasciato perplesso. L’ansia di distinguersi da Sala, e forse dei cattivi, ancorché autorevoli, consiglieri, l’hanno portata a dire delle sciocchezze, che cercherò di analizzare, anche se ultimamente si è corretta quando ha dichiarato che non vuole correre “contro” ma con un approccio positivo.

Continuità – Discontinuità – Immobilismo – La Balzani sarebbe la rappresentante della “continuità” con la giunta Pisapia, mentre Sala rappresenterebbe la “discontinuità”. Ma “continuità” e “discontinuità” di che cosa, su che cosa? Avendo, come bilancio totale, da tempo formulato un giudizio positivo sulla gestione Pisapia (che nel 2011 ereditò una città allo sbando), mi sono espresso sempre a favore della continuità, pur cercando di definirla e delinearla. A maggio mi è capitato di esaminare dei sondaggi seri sui temi cittadini in vista della prossima campagna elettorale comunale e sui possibili candidati. Mi colpì che la maggioranza delle persone consultate esprimesse un giudizio positivo sulla gestione Pisapia, ma che, allo stesso tempo, la stessa maggioranza si dichiarasse a favore della “discontinuità”. Questa contraddizione era abbastanza sconcertante e mi fece riflettere. La mia conclusione fu che quest’apparente contrasto si poteva risolvere con la seguente lettura: la maggioranza apprezzava le linee di fondo della gestione Pisapia, ma chiedeva l’inserimento di innovazioni, per il quadro politico progettuale (ed era questo che chiamava discontinuità). Continuità con innovazione, dunque, e non continuità con immobilismo. Questo volevano dire quei milanesi con le loro risposte apparentemente contraddittorie. E chissà che qualcuno non si sia ricordato della formidabile relazione che Carlo Cattaneo tenne nel 1845 alla Società d’Incoraggiamento d’Arti e Mestieri, dal titolo “Industria e Morale”:

“Purtroppo vi è chi collocando la felicità delle genti non nel moto, com’è il desiderio dell’universa natura, ma nella quiete della fossa, vorrebbe che le cose umane fossero tutte con inviolabile norma prefinite. Vorrebbe dunque un magisterio d’arte che numerasse i fili d’ogni tessuto; vorrebbe un’architettura che comandasse anzitempo a tutte le combinazioni della vita; vorrebbe un grado di dovizia perpetuo nelle famiglie; una filosofia di sillogismi perenni, ai quali attingere tutti i particolari della scienza; un dizionario infine nel quale s’impietrisse perfino la parola; sicché un’inesorabile predestinazione aggravasse tutti i pensieri e tutte le speranze dell’uomo. Ma infelice quella generazione che si proponesse d’essere in tutto come furono i suoi padri! Quindi è necessità, necessità morale, che ogni generazione innalzi i suoi templi e i suoi archi, e modelli le sue sculture, e apra nuove vie per alpi e per lagune, e inarchi nuovi ponti non solo ormai sui fiumi, ma sui laghi, ma sui mari, e non solo sopra lo specchi delle acque, ma fin per disotto ai tetri loro gorghi. È mestieri che a forza d’ardimenti e di temerità l’uomo si trovi di repente dubitoso e smarrito a fronte d’immeditati ostacoli, affinché il genio allora si svegli, e si avvegga di sé, e affronti con nuovi pensamenti la vecchia natura. E perché questa salutevole palestra delli animi dia nervo a tutto un popolo”.

Continuità con Pisapia vuol dire continuità con l’essenza del suo merito di fondo che consiste nell’avere ridato ai cittadini l’orgoglio di vivere in una città decentemente appesantita e amministrata, dignitosa e generosa, l’aver cioè rispolverato le qualità più profonde della milanesità, che sembravano offuscate, sotto i colpi del denaro, della corruzione, dell’affarismo, del settarismo. Continuità vuol anche dire rafforzare e rinsaldare, nel quadro di una proficua coesione cittadina, un solido ponte tra le varie componenti cittadine e in particolare tra i movimenti sociali dal basso e altre forze che si definiscono di sinistra e la borghesia responsabile, senza il quale ponte non si va da nessuna parte a Milano. Continuità vuol anche dire condividere la convinzione che l’attuale giunta si è comportata mediamente bene, con assessori al servizio della città e non di se stessi, e che molto di questo va ricuperato e valorizzato.

Ciò detto con fermezza, i temi sui quali vi è bisogno di grande innovazione o, se preferite, di discontinuità non sono né pochi né poco importanti. A partire dalla Città Metropolitana, sino al dopo Expo, al mai realizzato programma dell’inclusione delle periferie nella città, tutti temi fondamentali sui quali Pisapia si è mosso in modo insufficiente e, talora, in modo palesemente insufficiente. Ma, forse, il tema più importante per il futuro è quello della necessità di saper cogliere e far fiorire le potenzialità di Milano, come città internazionale, in questo momento della sua storia. La città si trova in un momento magico. Il successo mondiale dell’Expo, unito alla laboriosità, intelligenza produttiva, ricchezza del suo corpo sociale, alla vivacità della sua vita culturale, alle qualità del sistema universitario, alla buona amministrazione comunale, l’hanno posta su una piattaforma di lancio di straordinaria potenzialità sul piano mondiale. È ormai collegata con tante reti internazionali fondamentali. In fondo è l’unica città italiana non provinciale. È il momento di osare, di guardare molto in alto, di tirare le fila dei tanti amici che Milano ha scoperto anche grazie all’Expo, per diventare una città sempre più attrattiva, sempre più motivata, sempre più creativa. È su questi temi, sui quali Milano può essere di traino per tutta l’Italia, e non su oscure costruzioni che vogliamo vedere confrontarsi i candidati, per poter cogliere il meglio di entrambi. È su questi temi che è necessario più discontinuità e più coraggio.

Divisività – È questa la seconda sciocchezza dietro la quale si barricano i gruppuscoli di estrema sinistra e che, purtroppo, almeno in un primo momento, anche la Balzani sembra voler fare propria, Sala sarebbe divisivo. Ma come? Una persona che ha saputo tenere unita un’intera città su un progetto così difficile come l’Expo, in condizioni ambientali di estrema difficoltà, e che, per fare ciò, si è confrontato con ceti e gruppi i più diversi: dai grandi professionisti al volontariato, dai politici agli studenti, dagli uomini di cultura alle delegazioni diplomatiche di mezzo mondo, una persona così sarebbe divisiva? Ma divisività da che cosa? Credo che la presunta divisività di Sala  si riferisca solamente a quella dei salotti radicali della sinistra estrema. Quelli che, tra l’altro, dimenticano che, sul piano strettamente politico, uno dei meriti non secondari di Pisapia è stato di aver saputo creare un ponte tra le forze genuine della sinistra e la borghesia responsabile, senza il quale ponte ben difficilmente Pisapia sarebbe diventato sindaco.

Ma è un manager! È questa la terza e suprema sciocchezza. Anche io tempo fa dissi che avrei preferito un politico a un manager, se ci fosse stato sulla pedana un politico di alto livello e grande esperienza. Ma quello che non va è il significato quasi dispregiativo che si vuol attribuire a questa categoria professionale. Come se la categoria dei bravi manager non fosse, invece, una categoria portatrice di preziose competenze ed esperienze, della quale l’amministrazione pubblica e la politica soffrono entrambe per grave carenza. Certo un manager chiuso in schemi meccanistici di pura efficienza e privo di sensibilità sociale, culturale e istituzionale non andrebbe bene. Ma questi sarebbe anche un cattivo manager, cosa che non mi sembra davvero il caso per Sala. L’Expo è stata anche una complessa operazione politica nella quale Sala ha imparato a districarsi tra autorità centrali e locali e tra delegazioni politiche di mezzo mondo. Quello che conta è che ora è conosciuto e rispettato in mezzo mondo e ciò potrebbe riversarsi, con utilità, sulla città. E la sua esperienza, così articolata, permette di affermare che è proprio una esperienza così diversificata la garanzia della capacità di unire le varie componenti e culture cittadine e della sua capacità di ascolto. La verità è che tenere in panchina Sala, sarebbe come chiedere al Barcellona di tenere in panchina Messi.

Concludendo. Non umiliate dunque con delle sciocchezze astratte una campagna per le primarie che promette di essere molto interessante, importante, istruttiva e anche divertente con candidati di qualità, se condotta sui temi veri della città. Quale politica per la Città Metropolitana? Come ricuperare un ruolo importante al Comune per la questione del dopo Expo, atteso che coinvolge comunque decisioni che toccano il disegno di una grande fetta della città, e che non può essere data in appalto a nessun esperto e neanche al Governo? Come dare l’avvio a un piano vero e managerialmente affidabile, di ricupero, risanamento e inclusione delle periferie? Come alzare il livello di sicurezza, contro la sempre incombente corruzione (peggio della mafia) e contro le infiltrazioni mafiose e terroristiche? Quali impegni precisi per migliorare con forza l’ambiente e l’inquinamento che è troppo alto, anche considerando che i limiti europei considerati accettabili sono, per molto esperti seri, troppo elevati (non sarebbero accettabili in tante città americane)? Come rafforzare le politiche di inclusione dei ceti più deboli? Come disegnare un nuovo ciclo di sviluppo della città per cogliere appieno le sue enormi potenzialità? Come porre la cultura, in senso cattaneano, al cento di tale nuovo ciclo di sviluppo e con chi? e insieme a chi?

Questi e altri di questo tipo, sono i temi che vorremmo vedere dibattere dai vari candidati per poter verificare, nel concreto, cosa si cela dietro a termini astratti e generici come continuità e discontinuità. Senza dimenticare che, dopo le primarie, inizia il lavoro comune, anche con soggetti appartenenti alla giunta e alla squadra di Pisapia, alcuni dei quali sono ottimi, per contrastare, insieme i veri nemici della città che sono: gli affaristi, le mafie, il terrorismo, i grandi poteri economici, tutti quelli che si battono per una città feroce ed esclusiva, e non inclusiva secondo la migliore tradizione meneghina.

 

Marco Vitale



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