10 dicembre 2015
CHRISTOPH U. SCHMINCK
IL PROCESSO A DIETRICH BONHOEFFER
Castelvecchi editore, 201
pp. 142, euro 17,50
Ci sono storie che non si possono dimenticare, come quella di Dietrich Bonhoeffer, teologo luterano tedesco e oppositore al regime Hitleriano. Seguendo un iter fedele alla realtà, l’autore, Christoph U. Schminck, professore emerito di Storia del diritto e Storia sociale dell’Università di Brema, ripercorre i momenti più cruenti vissuti da Bonhoeffer, nel campo di concentramento di Flossenbürg, in Baviera. Lo scopo del testo non è solo quello di descrivere la condanna a morte, tra le più crude della follia nazista, e nemmeno la resistenza a Hitler, l’arresto e il processo farsa. L’autore, rivelando perfino le sorti dell’accusatore e del giudice, che sconteranno condanne minime o verranno assolti, ci narra la storia di una spregevole ingiustizia compiuta su un uomo di grande valore morale.
Correva l’8 aprile 1945, pochi giorni prima della fine della Seconda Guerra Mondiale. I carri armati sovietici si avvicinavano a Berlino, ma la macchina nazista continuava a procedere con determinazione. Dietrich Bonhoeffer scriveva all’amico George Bell, vescovo anglicano di Chichester: “È la fine per me, ma anche l’inizio”. Era l’ultimo saluto di un cristiano consapevole di un destino di eternità, prima di essere ucciso. Quella domenica mattina aveva recitato orazioni, letto le letture del giorno insieme ai prigionieri del campo. Di colpo, si era aperta la porta e due civili avevano gridato: «Prigioniero Bonhoeffer, prepararsi a venire via!»
Un testimone oculare raccontò le ultime sequenze di vita di quell’uomo autentico. Era il medico di campo. Le sue parole sono capaci di commuoverci ancora, dopo settant’anni: «Attraverso la porta semiaperta in una stanza delle baracche vidi il Pastore Bonhoeffer, prima di levarsi la sua divisa carceraria, inginocchiarsi sul pavimento per pregare Dio con fervore». E ancora: «Sul posto dell’esecuzione, disse un’altra breve preghiera e quindi salì gli scalini verso il patibolo, coraggioso e composto. La sua morte seguì dopo pochi secondi. Nei quasi cinquant’anni di professione medica, non ho mai visto un uomo morire così totalmente sottomesso alla volontà di Dio».
Morire per cosa? Bonhoeffer venne arrestato dalla Gestapo il 5 aprile 1943, all’età di trentasette anni, con l’accusa di alto tradimento. Rinchiuso nella cella 92 del carcere di Berlino-Tegel, sperava, vegliava e pregava. Era sempre affettuoso e gentile anche con le guardie naziste. Infondeva coraggio agli altri prigionieri e alla sua giovanissima fidanzata che puntualmente gli faceva pervenire regali. I due innamorati si videro poche volte, e sempre sotto gli occhi di terzi. Lui le scrisse: “Alla tua età, a vent’anni, io scrivevo libri, mentre tu fai, sai, scopri, riempi con la vita vera ciò di cui io ho solo sognato”. Il loro, un desiderio che non potrà essere soddisfatto, ma ricordato nelle bellissime pagine scritte dal professor Christoph U. Schminck.
Cristina Bellon