2 dicembre 2015

musica – CAMBIA IL RITO DEL CONCERTO?


CAMBIA IL RITO DEL CONCERTO?               

Che cosa sta cambiando nel “consumo” (mi vergogno del termine ma temo sia pertinente) di musica colta da parte del pubblico? Forse succede qualcosa di cui sentiamo appena le avvisaglie e che tuttavia inizia a prender corpo e poco a poco si impone alla nostra attenzione.

musica42FBHo l’impressione che alla musica stiano diventando stretti i suoi storici ridotti – i teatri, le sale da concerto, i conservatori – e che stia scendendo nelle strade, nei cortili, in luoghi ad essa non consacrati mentre diventa stantìo il rito degli adepti – o dei privilegiati – che vi accedono con aristocratico sussiego. In realtà è un fenomeno che conosciamo fin da quando Abbado portò la Scala nelle fabbriche e nelle carceri, da quando l’industria discografica ha invaso le nostre case con tutta la musica possibile e immaginabile (sempre più patinata), da quando uscirono le prime riviste specializzate (il primo numero di Amadeus fu un grande evento). Tuttavia la musica classica sembrava restare il privilegio di pochi, ancorché totalmente dominati dallo star system, dall’età media sempre troppo alta, con i più giovani che ostentavano distacco se non disprezzo e i quaranta-cinquantenni che prediligevano il cinema e il teatro.

Non ci sono una diversa attenzione e più precise attese nei confronti della musica, non se ne parla un po’ di più e un po’ ovunque? È vero che la critica musicale – quella vera, colta, non gli acritici annunci e interviste utili solo a riempire le sale – è quasi scomparsa dai quotidiani, ma in compenso nelle grandi librerie la lunghezza degli scaffali dedicati alla musica è sensibilmente aumentata e alcuni volumi di argomento musicale compaiono persino nelle vetrine insieme ai bestseller, il pubblico dei concerti e dell’opera è più preparato ed esigente, i concerti delle star non sono più necessariamente trionfali. Sbaglio?

Porterò qualche esempio, a cominciare dalla trasmissione delle opere liriche nelle sale cinematografiche (il Covent Garden di Londra è convenzionato con più di mille sale in tutto il mondo per le trasmissioni in diretta); dalla presenza di giornali (anche on line) interamente dedicati alla musica; dal ritorno degli Hauskonzerte nelle case di città e nelle ville sul lago o fuori porta, sia con musicisti professionisti che con ardimentosi dilettanti; da una serie cospicua di stagioni musicali minori (“Canone Inverso”, “Abbazie Arte e Musica”, “Cantantibus Organis”, i Concerti del Conservatorio, quelli del Duomo, del Circolo Filologico, dell’Auditorium del Sole 24 ore, solo per citarne alcuni); dai concerti in molte chiese (San Marco, San Simpliciano, San Fedele, San Maurizio, San Vincenzo in Prato, la Chiesa Rossa, la Chiesa Protestante, il Tempio Valdese e via di seguito). Sono tali e tante le proposte di queste micro-organizzazioni da far quasi concorrenza, per quantità, alle più note istituzioni musicali cittadine; senza dire che – se si sa scegliere – anche dal punto di vista della qualità il paragone spesso non è del tutto irriverente.

Anche l’interesse del pubblico nei confronti della vita musicale milanese è cambiato: oggi tutti sanno chi è Pereira e non tutti sapevano chi era Ghiringhelli, si discute molto sulla scelta di Chailly come direttore stabile della Scala (per fortuna a Milano sono più i suoi estimatori che non i nostalgici di Barenboim), c’è attesa per la nomina del futuro direttore della Verdi, suscitano curiosità i programmi della Società del Quartetto, delle Serate Musicali, della Società dei Concerti. Arrancano un po’, ma hanno anch’essi il loro pubblico, le stagioni dei Pomeriggi Musicali al Dal Verme e di Milano Classica alla Palazzina Liberty.

Altro segno di un nuovo approccio all’ascolto è la decisione della Società del Quartetto di fare introdurre i concerti da importanti musicologi come Oreste Bossini o Gaia Varon – ne ho parlato recentemente – così come peraltro già facevano sia la Scala (“Prima delle prime”) che l’Auditorium (gli “Incontri” alle 18, prima del concerto). Ho persino la sensazione che il pubblico milanese sia meno condizionato di una volta dallo star system internazionale: nel suo recente concerto al Conservatorio (una specie di Hauskonzert, trasferito nella sala Verdi spropositatamente grande, con un programma di tanti piccoli pezzi in gran parte trascritti e rimaneggiati secondo il modello mitico di “casa Schubert”) Ton Koopman non ha raccolto le ovazioni cui è abituato, i passaggi di Uto Ughi non sono più trionfali come una volta, persino le stelle di Lang Lang, di Allevi, di Bocelli sembrano un po’ al tramonto.

L’età media degli ascoltatori delle sale da concerto e dei teatri dell’opera è ancora – almeno apparentemente – un po’ elevata, ma le statistiche dicono che si stia abbassando; forse bisognerebbe fare una politica dei prezzi più favorevole ai giovani che agli anziani (lo dico contro il mio interesse!) e – in attesa della reintroduzione del suo insegnamento nei programmi scolastici – dovremmo promuovere l’ascolto della musica classica nelle scuole; a dimostrazione di quanto detto sembra proprio che le “prove aperte” – che si stanno diffondendo un po’ ovunque – siano sempre piene di ragazzi e ragazze. Speriamo.

 

 

questa rubrica è a cura di Paolo Viola

rubriche@arcipelagomilano.org



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali



Sullo stesso tema


9 aprile 2024

VIDEOCLIP: LA MUSICA COME PRODOTTO AUDIOVISIVO

Tommaso Lupi Papi Salonia






20 febbraio 2024

SANREMO 2024: IL FESTIVAL CHE PUNTA SUI GIOVANI

Tommaso Lupi Papi Salonia



20 febbraio 2024

FINALMENTE

Paolo Viola



6 febbraio 2024

QUANTA MUSICA A MILANO!

Paolo Viola



23 gennaio 2024

MITSUKO UCHIDA E BEETHOVEN

Paolo Viola


Ultimi commenti