2 dicembre 2015

ASPETTANDO CHE ARRIVINO GLI “EUROPEI”?


Quando ero uno studente i professori ci insegnavano la competenza destinata alle istituzioni europee, il rapporto tra Commissione e Parlamento, il ruolo della Corte di Giustizia e quello della Corte Costituzionale nazionale, l’impatto delle decisioni dell’una sulle leggi nazionali e così via. Roba tecnica, complicata anche senza considerare il groviglio di leggi e direttive, il gradualismo del trasferimento delle competenze dagli Stati alle istituzioni europee. Poi ho iniziato a vivere l’Europa, molti anni fa, e mi sono ritrovato in un mare di lingue e culture e occhi pieni di vita, di curiosità e intelligenze, con un comune sentire, prima quello dell’Europa occidentale, poi apertosi anche a quello dell’Europa orientale. L’Europa la vivi sulla pelle, come esperienza ‘Erasmus’, come progetto che ti cambia la vita senza che tu te ne accorga.

08scimmi42FBAlcuni libri sono stati scritti in Italia ed all’estero sul soggetto, però non sembra che abbiano venduto molto. Una rivoluzione che arriverà più avanti, lentamente, perché lo sforzo di interpretazione è troppo grande per chi non lo ha vissuto e pertanto richiede tempo per essere compreso da tutti gli altri. Eppure quella è la strada, la strada per l’Europa è la vita europea, vissuta, quotidiana, ogni minuto passato con un crogiolo di lingue e culture diverse, che è la nostra ricchezza, ma anche la nostra debolezza. L’Europa spesso vituperata e criticata dai media, dai partiti anti Europa, da chi ne é fuori, ha invece una sua forma e coerenza, un suo progetto in fieri, lento ma solido, avviato in modo irreversibile verso la realizzazione.

Non saranno gli Stati Uniti d’Europa forse, non ci sarà una lingua comune a tutti, un sistema scolastico comune a tutti, lo sappiamo, lo temiamo, la vera strada per fare gli europei sarebbe quello, la scuola comune a tutti i paesi, ma è – così dicono – irrealizzabile, per ragioni “storiche” che differenziano l’Europa dagli USA. Ma se così fosse, se non arriveremo mai agli Stati Uniti d’Europa, cosa fare di questo sogno? Bisognerebbe farne un progetto federalista, con una politica comune organizzata intorno a progetti e schemi federali e maggioritari, questo dicono alcuni, affidando agli organi europei veri poteri decisionali su base veramente elettiva.

Questo in punta di diritto è senza dubbio vero. Ma è possibile? Ed é sufficiente a realizzare un sogno? Superare i nazionalismi e le barriere culturali, questo è il vero progetto, il vero sogno europeo. Superare quel sentimento di diffidenza, di “interesse” nazionale, che permane, tutt’ora, la bussola degli Stati nel loro agire quotidiano. E del resto, lo vediamo ogni giorno, la mentalità dei capi di Stato rispecchia spesso – e come non potrebbe – quella del popolo che li ha votati. Ed infatti, chi ha provato a lavorare in un Paese diverso dal proprio conosce le difficoltà del passaggio da uno Stato ad un altro. Si parla di circolazione dei titoli di studio, o professionali, ma il mercato nazionale, che alla fine è l’arbitro indiscusso del job, non potrà facilmente accettare competenze cresciute in diversi sistemi educativi e linguistici e porrà quindi inevitabilmente degli ostacoli a chi si sposta.

Il mercato europeo, mercato unico, riesce ad allocare professionalità in paesi diversi da quelli di provenienza? Ci sono barriere all’ingresso, implicite o esplicite? Linguistiche o culturali? Quanti passi in avanti sono stati veramente fatti in questa direzione, per consentire a tutti gli studenti o giovani lavoratori di realizzare il sogno di lavorare in Europa? Uno studente che esce dalla scuola italiana è qualificato per lavorare nel mercato tedesco o inglese o olandese? O deve rinunciare alle proprie ambizioni ed accettare un lavoro al di sotto delle sue qualificazioni, pur di avere un lavoro o pur di lavorare in Europa?

L’Europa sarà veramente tale quando i vincoli nazionali linguistici culturali e mentali saranno un ricordo lontano, e ogni cittadino studente e lavoratore potrà studiare e lavorare su tutto il territorio europeo senza avere mai l’impressione di essere fuori di casa. Quando questo sarà possibile, avremo esaudito il sogno di quegli occhi pieni di speranza che da anni circolano per l’Europa, prima come turisti poi come Erasmus poi come lavoratori periodici o expat e domani, si spera, come semplici europei, a casa in ogni angolo d’Europa, tempo permettendo.

 

Leonardo Scimmi



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