2 dicembre 2015

la posta dei lettori_02.12.2015


Scrive Pietro Vismara a proposito del testamento di Pisapia – Una volta tanto non sono molto d’accordo con l’editoriale di LBG.  Non mi sembra infatti che il documento politico a molte firme rappresenti solo posizioni quasi scontate e di “buon senso”. L’incipit ad esempio, con l’incondizionato ed enfatico elogio di Expo (…”ha dato un importante contributo a un forte rafforzamento della sua proiezione internazionale, alla ripresa economica e alla creazione di un rinnovato clima di fiducia dell’Italia intera“… ma ne siamo davvero sicuri?) mi sembra perlomeno dubbio. Qui non si tratta di essere troppo scettici, ma i vantaggi economici e il contributo culturale dell’iniziativa sono ancora tutti da dimostrare (e non sono io a dirlo, sono i dati de lavoce.info o De Rita del Censis). Diciamo che ce la siamo cavata, che non è stato un disastro come a un certo punto si temeva, bene così, ma non molto di più.

Non mi sembra neanche che …”Milano ha ripreso a funzionare come locomotiva del paese…”, forse è ancora presto per dirlo. E davvero la Giunta Pisapia ha fatto “atti concreti nello sviluppo delle grandi infrastrutture e nello sviluppo delle reti immateriali della conoscenza“? Ma di cosa si sta parlando? Di M4 e delle università? Be’, quelle c’erano anche con altre Giunte e ci saranno anche in futuro.

Insomma, non vorrei sembrare troppo pessimista, ma se si parte da una rappresentazione sbagliata della realtà, anche le conseguenze che se ne traggono saranno sbagliate. Personalmente credo che la Giunta Pisapia abbia operato in una situazione molto difficile e che non abbia fatto troppi errori (se non una eccessiva continuità su alcuni temi con le amministrazioni precedenti), ma che abbia anche un po’ traccheggiato e rinunciato ad affrontare molti temi importanti (pensiamo a quello della casa, ad esempio, o lo sviluppo delle attività economiche). La situazione continua a non essere rosea e se si vuole veramente che Milano torni ad essere la “locomotiva del paese” credo serva un salto di qualità e una marcia in più rispetto a quanto fatto finora. Tutte cose che nel manifesto a molte firme francamente non trovo.

 

Scrive Gianluca Bozzia a proposito del testamento di Pisapia – Caro LBG, lo dissi un anno fa a Pietro (Bussolati). P2, Psquared, 2 Pier Per Milano. Secondo me sono i due assessori del Pd, che si sono espressi meglio in alcune delle cose che più contano e su cui si può lavorare per le persone in città. Sono piuttosto diversi e perciò, se riuscissero a fare squadra, sarebbero forieri dell’annullamento della distanza dannosa tra pro e contro Renzi, che spesso porta al marketing da una parte e alla vuota opposizione dall’altra. Peggio di Pisapia non possono fare (detto da uno che ha fatto campagna per questo figlio di illustre professore, piuttosto incapace di pubbliche relazioni e di gestione delle persone).

Sala è un uomo della Moratti! Non vedo quale sia il problema per il centro destra a candidarlo. Comunque, si può presentare alle primarie, certo, ma altra cosa è farne il proprio candidato! Balzani è una genovese che ha preso voti nel 2009 altrove: chi la conosceva a Milano prima che fosse richiamata dopo l’addio di Tabacci? Chi la conosce ora, che si occupa di bilancio? Oppure ci rimane la casalinga disoccupata del M5S o Sallusti. Sallusti sindaco è qualcosa che non riesco a pensare, ma non per questo impossibile.

 

Scrive Giampaolo Bertuletti a proposito del testamento di Pisapia –Come già scrissi fin da maggio, se ben ricordo, in modo privato a qualche amica-o firmatari del “Prima la politica per Milano metropolitana”, a mio parere é importante ricordare ai Milanesi quanto s’é fatto durante questo mandato: un opuscolo in vendita nei chioschi ad 1€, oppure anche sul sito web del municipio, dove ogni assessore possa descrivere da dove é partito e i 3 principali risultati conseguiti in questi 4 anni e mezzo. In tal modo, alla luce della situazione attuale, poter ognuni candidata-o emettere le sue proposte per il prossimo mandato, secondo il proprio orientamento, movimento, partito, etc.

Quelle candidature col programma più pertinente non mancheranno di raccogliere il favore di chi andrà a votare alle primarie, al di là delle speculazioni e tribolazioni varie. Ai Milanesi, che gli frega cosa vorrebbe imporre tal uno o tal altro: c’é sufficiente maturità per votare, alle primarie, come pure alle municipali, sapendo ponderare la qualità di ogni singola candidatura, fuss’anche priva dei sostegni extra-municipali. L’eredità di Giuliano Pisapia e della sua giunta sarà in tal modo ben meritata. Coraggio e avanti !

 

Scrive Mario Clerici a proposito di Piazza Castello – Complimenti a Walter Monici per la sua analisi, finalmente razionale e intelligente, sulla idiotica e trista pedonalizzazione di Piazza Castello. Io, da parte mia, voterò e farò votare chiunque candidato si impegni a modificare l’area del Castello come proposto da Monici (Monici per sindaco??).

 

Scrive Gregorio Praderio a proposito di Piazza Castello – Non condivido molto quanto propone Walter Monici nell’ultimo numero di ArcipelagoMilano (ovvero riaprire al traffico privato piazza Castello; pedonalizzare invece Foro Bonaparte).

Innanzitutto sul disegno urbanistico: pedonalizzare l’area attorno al Castello non è un’idea estemporanea di qualche Assessore, è invece il compimento dell’idea illuminista della connessione fra Duomo (potere religioso), Castello (potere civile), Parco Sempione (luogo del tempo libero dei cittadini) e Arco della Pace (da dove parte la strada per la Francia), che è anche realizzazione fisica dell’apertura del luogo centrale tradizionale della città alla connessione con il territorio, i valichi alpini, l’Europa e quindi la modernità (scusate se è poco). Inutile sottolineare poi il riferimento alla sequenza Louvre-Tuileries-Arc de Triomphe che era evidentemente nella mente dei progettisti (peccato però che al posto del Bois de Boulogne sia stato fatto il cimitero…).

E passando da un piano simbolico a uno più pratico (ma pur sempre culturale), è un modo che consentirebbe il pieno utilizzo e la valorizzazione degli spazi del Castello (oggi in verità un po’ sottoutilizzato). E dal punto di vista dei percorsi pedonali, costituisce un ottimo terminale – non a caso molto frequentato e di successo – al percorso San Babila/Duomo/Dante, prima interrotto. E dal punto di vista viabilistico, piazza Castello più che chiusura della cerchia dei Navigli prima era piuttosto chiusura anomala – in quanto troppo interna – di quella dei Bastioni, tramite Boccaccio e Legnano.

Infine, non mi sembra che su Foro Bonaparte ci sia adesso molto più traffico di quanto ce ne fosse, ad esempio, prima di Ecopass o di Area C. Sulla ciclabile invece sono d’accordo, così come sulla povertà di certe installazioni. Insomma credo che quella della pedonalizzazione dell’area attorno al Castello sia stata una buona idea, ancora da sviluppare del tutto.

 

Scrive Stefano Zuffi a proposito della mostra di Giotto –  Nell’ultimo numero di “Arcipelago Milano” la recensione della mostra di Giotto, scritta da Benedetta Marchesi, è piena di entusiasmo e di elogi, e certamente corrisponde al piacere condiviso da molti visitatori. Colpisce una frase: “Gli apparati didattici sono a terra, quasi invisibili affinché la contemplazione sia assoluta e indisturbata“. Dunque lo scopo di una mostra è la “contemplazione assoluta” e le didascalie devono sparire affinché non “disturbino”? Può essere. Personalmente ho un’opinione diversa: credo che la presenza di una narrazione, di un racconto sia un valore aggiunto, persino un “dovere” nell’organizzazione di una mostra. Certo, ci sono altri strumenti, come l’audioguida e, nel caso della mostra giottesca, due sale in cui il materiale didattico è concentrato, o meglio rovesciato in modo eccessivo, e pertanto francamente illeggibile. La mostra di Giotto è sicuramente emozionante, ma per ovvie ragioni di trasportabilità non presenta alcuno dei capolavori del pittore: l’unica eccezione è il magnifico polittico Baroncelli, di gran lunga l’opera più importante fra quelle esposte. Gli altri dipinti, compreso il macchinoso Polittico Stefaneschi, nonostante la prestigiosa committenza, sono opere meno riuscite, in alcuni casi anzi condotte con l’ampia partecipazione della bottega. Forse proprio per questo si devono “celare” gli apparati didattici, giocando tutto sulla innegabile forza visiva del contrasto tra il nero e lucido allestimento progettato da Mario Bellini e l’oro sfolgorante delle tavole? Non si capisce poi a quale titolo il manifesto della mostra e la copertina del catalogo presentino un particolare della Cappella degli Scrovegni, ovviamente non in mostra: sarebbe stato come se nella mostra primaverile dedicata a Leonardo si fosse utilizzata allo stesso scopo la Gioconda …

 

 



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