25 novembre 2015

QUARTO OGGIARO, IL “GHETTO” DI MILANO ALZA LA TESTA


Quarto Oggiaro, periferia Nord di Milano. Il quartiere che tutti chiamavano “Bronx” o “Barbon City” è diventato negli anni un laboratorio sociale e un modello per le altre periferie. Quasi 50mila abitanti, un conglomerato di case popolari, cinque parrocchie, una neonata moschea. E più di venti associazioni create dagli abitanti. Qui, dopo la chiusura dei manicomi, sono stati sistemati molti pazienti psichiatrici. Qui sono arrivati prima gli immigrati dal Veneto e dal Piemonte, poi quelli dal Sud Italia nel secondo dopoguerra. E dagli anni Novanta in poi gli stranieri, che oggi sono circa il 20 per cento della popolazione, quasi tutti provenienti dal Nord Africa. Piazza Duomo da qui sembra lontanissima. Qualcuno la chiamerebbe banlieue, qualcun altro un ghetto. Ma Quarto Oggiaro non è più quella di una volta.

07baratta_rinaldi41FBDalla fine degli anni Quaranta in poi, con i meridionali nel quartiere è arrivata anche la criminalità. Mafia, ’ndrangheta e camorra si erano spartite le strade, controllando lo spaccio di droga e le occupazioni abusive delle case popolari. Se pagavi, loro ti sfondavano le porte e ti consegnavano la casa chiavi in mano. «Adesso qui la criminalità non è più organizzata», dice Fabio Galesi, 28 anni, quartoggiarese e consigliere di zona 8 del Partito democratico. «Qualcuno tenta di fare il boss, ma ci sono sono molti cani sciolti che usano i ragazzini senza una prospettiva di vita e che sono disposti a fare di tutto per qualche centinaio di euro. Ci sono ragazzi del quartiere che a 16 anni hanno già 16 capi di imputazione!».

Su quasi 50mila abitanti, oggi 250 persone sono agli arresti domiciliari nei palazzi di Quarto Oggiaro. Tutti concentrati in pochi condomini. L’Aler, Azienda lombarda edilizia residenziale, che si occupava delle case popolari prima che la gestione passasse in mano a MM (Metropolitana milanese), «non ha monitorato le assegnazioni degli appartamenti per creare un mix socioeconomico in modo che non si creassero ghetti e degrado. Se in uno stabile, su 50 appartamenti ci metti 30 disperati, dieci fuori di testa e dieci agli arresti domiciliari mi crei un ghetto, chi nasce lì si arrende sin da ragazzino». Negli anni l’Aler «si è interessata poco a quanto accadeva qui», dice Galesi. «E per colpa di un gestore non in grado di intervenire, mi sono esposto in prima persona a denunciare occupazioni abusive e racket».

Grazie alle segnalazioni degli abitanti, Galesi ha cominciato a denunciare quanto accadeva nelle case e nelle cantine di quei palazzi. Intere strutture diventate centro dello spaccio, garage dediti allo smontaggio dei motorini rubati. Con le denunce sono anche arrivati gli sgomberi e gli arresti. E poi le minacce di morte. «Se ti fai vedere ancora qui ti stacco la testa con la sega», aveva detto a Galesi un vicino di casa di sua nonna. Le segnalazioni del consigliere avevano contribuito all’arresto del 17enne “Pulce”, chiamato da tutti “Baby Vallanzasca”. Dal 2011 in poi, nel quartiere è nata e cresciuta una baby gang che ha messo a ferro e fuoco Quarto Oggiaro. Le foto che ritraevano i ragazzini con le armi in mano “stile Gomorra” sono state pubblicate su tutti i giornali. «Prima abbiamo parlato con qualcuno di loro per cercare di recuperarli, poi è intervenuta la polizia».  … Per continuare a leggere l’articolo su LINKIESTA clicca qui

 

Lidia Baratta  Luca Rinaldi

 



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