17 novembre 2015

IL RED CARPET DI RENZI E LA GIUNTA DI MILANO


Sarebbe ridicolo ironizzare ancora sullo show di lunedì scorso al Piccolo Teatro del Presidente del Consiglio: il venerdì successivo Crozza ne ha fatto una delle imitazioni del renzismo tra le più azzeccate. Parliamo dunque di cose serie a cominciare dalle reazioni del pubblico in sala: un diluvio di applausi per qualcuno che calcava le tavole del palcoscenico del Piccolo come lo fecero da Tino Buazzelli in avanti tutti o quasi i grandi del teatro di prosa. Loro non facevano politica in senso stretto ma quella cultura era politica. Lunedì abbiamo invece visto pessima recitazione e cattiva politica.

01editoriale40FBIl pubblico, come dire la classe di governo di Milano e dintorni, si è lasciato condurre con gli strumenti più logori: il bastone e la carota. Meglio: la carota e il bastone, prima questa e poi quello. La carota o, se vogliamo dire, la lisciata di pelo, è stata l’amarcord dei vecchi sindaci e le glorie del Piccolo Teatro, al quale si offre supporto e indipendenza, dimenticando che la città che più di ogni altra contribuisce al benessere economico del Paese non solo se lo meritava da quel dì ma che era un omaggio dovuto, un credito e non una generosità occasionale. In questo Paese ormai pagare i creditori è motivo di vanto.

Veniamo al bastone: cosa mettere nelle aree liberate da Expo. Renzi ha fatto un elenco di attività e ha indicato il coordinatore e responsabile dell’operazione scavalcando tutto e tutti, trascurando anche solo di informarne la folta schiera di chi aveva affacciato ipotesi e si era in qualche modo impegnato a formulare ipotesi e progetti. Anzi peggio: ha anticipato tutto solo al Corriere della Sera che è uscito con la notizia un paio di giorni prima. Forse dobbiamo ringraziarlo per non avercelo comunicato con un Tweet. Dunque uno sgarbo istituzionale e una mancanza di sensibilità, una ferita che non si sanerà tanto facilmente, nemmeno con la blandizia di definire Milano la “locomotiva d’Italia”. Sarà anche la “locomotiva” ma avrà il carbone solo se va dove vuole lui.

Sulla bontà della proposta è impossibile pronunciarsi perché non era che un elenco di attività, adesso speriamo di saperne di più: com’è concretamente il progetto e chi l’ha redatto? Qual è stato il ruolo del Ministero dello Sviluppo Economico? Del Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca? Chi ha individuato come responsabile e gestore un ente di diritto privato come l’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova? Perché proprio quello? Quali rapporti ha in essere quest’ultimo con il mondo delle industrie private? Come sono stati scelti e con quali criteri altri istituti di ricerca? E altro ancora.

L’opposizione del governatore Maroni era scontata: si sente un padrone di casa al quale gli ospiti per una cena hanno indicato il menu e gli ingredienti da mettere nelle pentole. Lui, più banalmente voleva uno stadio, case (come Formigoni), qualche azienda per dar lavoro al territorio e dichiarava anche un occhio di riguardo per università e ricerca ma, a onor del vero, almeno Renzi ha fatto un elenco, lui si è tardivamente aggiornato dopo le decisioni del governo. Lo stupito malumore delle università era largamente prevedibile, e per l’aver ignorato le competenze locali e per non essere state in alcun modo consultate al riguardo.

E quest’ultima considerazione ci porta al nodo della futura Giunta e del futuro sindaco.

Il leitmotiv di quest’avvio di campagna elettorale è: continuità con la Giunta Pisapia. Qual era uno dei punti fondamentali e caratterizzanti del programma politico di Giuliano Pisapia? La partecipazione. Il vessillo, il grido? “Non lasciatemi solo”. Ma allora il mantra della partecipazione riguarda solo i rapporti tra potere e cittadini e non i rapporti tra forze di governo e istituzioni? All’interno della classe politica nulla? Come giudicano i renziani milanesi e i loro futuri alleati il dictat dell’operazione del dopo Expo? Ma di che cosa stiamo parlando quando si dichiara di volere la partecipazione? Non vale più il vecchio proverbio che l’esempio vien dall’alto?

Un grande rimpianto. Quando abbiamo visto arrivare Renzi a capo del governo c’era la disponibilità di molti, la mia senz’altro. Oggi non c’è più e la domanda viene spontanea: perché sciupare un successo, un consenso, mescolando molte iniziative ottime ad altre pessime? Perché mettersi a capo del partito del pensiero unico? Ma non si era detto che la molteplicità è una ricchezza? Misteri del potere.

 

Luca Beltrami Gadola

 

 



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