11 novembre 2015

ITALO LUPI: I PERCHÈ DI UN RICONOSCIMENTO DOVUTO


“La Scuola del Design del Politecnico di Milano conferisce la Laurea Magistrale ad Honorem in Design della Comunicazione a ITALO LUPI – per il suo contributo, di riconosciuta valenza internazionale, al design grafico tramite progetti di traduzione visiva per sistemi di identità che hanno confermato ed esteso la funzione civile del design della comunicazione; – per il metodo e la qualità dei suoi progetti di ‘regia editoriale’ nelle riviste che hanno contribuito anche internazionalmente alla conoscenza critica e alla diffusione della cultura del progetto; – per l’apporto decisivo che i suoi progetti rappresentano per la definizione e l’affermazione della cultura e della disciplina del design della comunicazione”.

02finessi39FBQuesta la “motivazione” della Laurea Magistrale ad Honorem consegnata ieri a Italo Lupi, uno dei grandi maestri della grafica italiana, che si aggiunge ad altri riconoscimenti ottenuti in cinquant’anni di lavoro, da quando fresco di laurea in Architettura era entrato nel grande mondo del design, approdando giovanissimo in quel laboratorio speciale di pensiero creativo che è stata La Rinascente degli anni Cinquanta e Sessanta, una vera e propria palestra per molti protagonisti di ieri e oggi.

E da allora Italo Lupi ha indirizzato sempre di più il suo operare al campo degli allestimenti di mostre e di musei, alla grafica e all’editoria, quest’ultima già passione giovanile, come dimostrano la rivista studentesca “Zero” (della fine dei Sessanta, con le illustrazioni dell’amico Guido Crepax) e la successiva “Shop”, dall’inedito formato, esso stesso negli anni successivi più volte imitato; sempre in quell’ambito Lupi dagli anni Settanta approda alla rivista Abitare, prima come art director e poi anche come direttore, dal 1992 al 2007, e da lì, per cinque lustri ha promosso la cultura del progetto in senso ampio e generoso, senza preclusioni verso nessuna voce, anzi attento alle nuove istanze, dando spazio e facendo crescere intorno a sé a una nuova generazione di architetti, designer, artisti, grafici e critici. Nel mezzo dei tanti anni ad Abitare, una parentesi, altrettanto luminosa e significativa, come art director di Domus, durante il periodo la direzione di Mario Bellini, per la quale inventa le celebri copertine traforate che lasciano intravedere la prima pagina del numero, invitando alla lettura.

Ma da architetto DOC ha anche progettato direttamente decine di spazi museali ed espositivi (collaborando per molti anni con gli architetti Achille Castiglioni, Mario Bellini e Guido Canali, amici di una vita intera, e curando il progetto di identità visiva di alcune importanti mostre dedicate ad altrettanti maestri del design italiano, come Bruno Munari, Vico Magistretti, Angelo Mangiarotti, Alessandro Mendini), mostrando sempre un’idea di allestimento chiara e ritmata, capace di porgere al meglio i contenuti senza fare un passo indietro sul piano spaziale e compositivo: erede, in questo, della stagione italiana, assoluta, che da Persico e Nizzoli passa ad Albini, e da Erberto Carboni arriva ai fratelli Pier Giacomo e Achille Castiglioni (emblematica, in questo territorio disciplinare, la mostra degli acquerelli di Milton Glaser ad Arezzo, con la “processione laica di alti cavalletti di legno e di grandi teli bianchi a riflettere la luce”).

Lupi ha vinto diversi prestigiosi premi internazionali, come tre volte il Compasso d’Oro (nel 1998 per il progetto editoriale editoriale “IF” per IBM Italia, e nel 2008 per l’allestimento “Look of the City” per le Olimpiadi Invernali della città di Torino, progetto di “comunicazione visiva” di una città ex industriale trasformata, anche grazie a questo intervento realizzato con Ico Migliore e Mara Servetto, in una nuova meta del turismo e della cultura internazionale), compreso quello “alla Carriera” nel 2014, mentre negli anni altre onorificenze avevano già sottolineato la proiezione internazionale del suo lavoro (tra gli altri, membro AGI – Alliance Graphique Internazionale, Honorable Royal Designer a Londra).

Ma è anche e soprattutto nella grafica “pura” che Italo Lupi ha potuto importare tutte le sue passioni e la sua cultura, come l’amore per l’illustrazione, per una certa letteratura, e la curiosità per le cose “altre” (come i “luna park”, oggetto di una serie di sue emblematiche fotografie scattate con l’amata Rolleiflex biottica).

Suoi sono i loghi di molte istituzioni, anche milanesi, come la Triennale di Milano per la quale progetta una solida T che sostiene il prospetto del Palazzo dell’Arte, e che in questo senso rappresenta in modo emblematico il rapporto tra grafica e architettura, e come il Museo Poldi Pezzoli, per il quale riprende il profilo della celebre “Dama” del Pollaiolo, quadro simbolo della collezione, raddoppiandolo e sostituendolo alle due P del nome del museo.

Stimato e amico di altri grandi della grafica contemporanea, da Massimo Vignelli ad Alan Fletcher, e da tutti gli autori più giovani che lo considerano un maestro anche molto generoso, e capace di sostenerli nel loro lavoro in modo incondizionato.

Nel suo alfabeto, felice anche visivamente, ci sono i segni e i simboli, i colori, tutti (e anche il nero, che qui però è luminoso tanto è pieno di energia), ci sono la regola e la sana infrazione, il ritmo il suono il timbro, la curiosità, il gioco e la sperimentazione, il gusto e l’eleganza, la sapienza e il mestiere.

Come ha scritto Mario Piazza “nella grafica di Lupi si fondono perfettamente le linee originali (o meglio il sentimento) della grafica italiana: quel costruire la pagina, l’annuncio o lo spazio, con una grammatica generativa, fantasiosa e piena di colore, e quella brillantezza narrativa, che gioca a tutto campo, sorprendente ed incantata”. Perché “la grafica di Italo Lupi è come una di quelle partite di calcio dove gioca una squadra di assoluta bravura (…). Li vedi giocare e ti stupisci del ritmo facile facile, dell’assoluto controllo del campo, delle abilità dei fantasisti. Gli avversari non esistono, scompaiono di fronte a tanta scioltezza, a tanta allegra musicalità. Il goal è una certezza”.

Evviva!

 

Beppe Finessi

 

 

 



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