11 novembre 2015

PIANO RENZI PER IL DOPO EXPO. ANDARE OLTRE LA ”INSOSTENIBILE LEGGEREZZA”


Il piano del governo per il dopo Expo, stando a quanto pubblicato dal Corriere della sera 8.11.2015, sembra prevedere il trasloco nelle aree ex Expo dei ricercatori dell’Istituto italiano di tecnologia (Iit), una fondazione privata con sede a Genova. Infatti, secondo il progetto “Human Technopole. Italy 2040” predisposto dal governo, l’Iit si appresterebbe a occupare una superficie di 70 ettari nelle aree Expo, dove darebbe occupazione a 1.600 scienziati, impegnati oggi in nove dipartimenti, 10 centri e due labs dedicati alle nano e biotecnologie, alla robotica e alle scienze cognitive.

03longhi39FBMa con quali risorse?  Citando il suddetto articolo: “Il governo finanzierà inizialmente 100 milioni di euro e altri 100 milioni arriveranno dall’Iit”. Si possono a questo punto fare due ipotesi: essendo di 100 milioni il finanziamento annuo governativo all’Iit (una somma pari a quella destinata dallo Stato a tutti i Progetti di Ricerca di rilevante Interesse Nazionale), se questo venisse destinato al polo di Milano sembra inevitabile il trasferimento da Genova, anche se l’attrezzaggio di un’area di 70 ettari ad alta tecnologia con 100 milioni sembra irrealistico, così come non è chiara la copertura del costo di circa 400 occupati in più rispetto alla dimensione attuale (il numero degli addetti è ricavato da Il secolo XIX – Economia – 18.1.2013, I baroni della ricerca all’assalto dell’Iit, Gilda Ferrari).

Nella seconda ipotesi, quella del solo coordinamento dell’Iit per lo sviluppo dell’area di Milano (il finanziamento statale all’Iit continuerebbe a essere destinato a Genova), non esiste fonte che spieghi con quale finanza si svilupperebbe l’iniziativa. Una renzata viene da dire, ma la situazione è veramente imbarazzante perché si sta verificando uno scenario di riutilizzo delle aree in cui diversi soggetti operano secondo ipotesi scarsamente realistiche: Arexpo immagina vi sia mercato per residenze in una situazione largamente satura, gli operatori economici, secondo un meccanismo più volte illustrato da Mariana Mazzucato, sognano una Silicon Valley lombarda generosamente finanziata dal pubblico, il Presidente del Consiglio sogna di essere Tremonti e intervenire con la finanza pubblica, che purtroppo oggi è ormai in via di esaurimento.

Infatti l’Iit, modello dell’innovazione renziana, è un prodotto della finanza creativa di Tremonti, il quale con la legge 326 del 24 novembre 2003 garantì alla Fondazione di ricerca Istituto Italiano di Tecnologia un finanziamento pubblico di 100 milioni l’anno, al quale si aggiunge un modesto contributo dei privati (5 milioni per il 2012, fonte: il succitato articolo de Il Secolo XIX -Economia). Il dato del risultato economico dell’attività di ricerca svolta dall’ente non è disponibile, come lamentato dalla Corte dei Conti, che nel marzo 2015 invita a meglio evidenziare in termini contabili il valore creato dalla voluminosa attività di ricerca e brevetti.

In questa situazione viene da chiedersi: non è il caso che lo Stato innovatore, qualora ritenga opportuno intervenire nella questione post Expo, si muova con maggiore trasparenza istituzionale e capacità strategica, in sintonia con gli operatori della tripla elica (enti pubblici, ricerca, imprese)?

In tale direzione va la Lettera aperta ai decisori del dopo Expo lanciata  da questo giornale, la quale tende a rivalutare la capacità di generare iniziativa da parte dell’ente locale e, nello stesso tempo, chiede più alti livelli di chiarezza al Governo rispetto all’accountability, ossia riguardo alle risorse realisticamente in campo e alle responsabilità operative. Il modello che sottintende la lettera è quello dell’open innovation integrato con le azioni e i monitoraggi  raccomandati dall’UE  per ovviare alle nostre distorsioni strutturali (vedi Macroeconomic Imbalances. Country Report – Italy 2015. Dalle raccomandazioni UE emergono le seguenti indicazioni, utili perché la rigenerazione dell’area ex Expo contribuisca al non facile allineamento del nostro paese e del nostro contesto agli obiettivi di Europa 2020.

È indispensabile che il Governo definisca la sua politica rispetto ai settori economici e alle infrastrutture abilitanti, così sapremo in quale direzione si deve muovere la necessaria ripresa degli investimenti privati e degli investimenti pubblici per la rigenerazione della città. Il Governo ben fa a definire un orizzonte di lungo momento per l’innovazione, e a sottolineare l’importanza di importare culture, ma su questi temi bisogna ammettere che enti locali e mondo della ricerca lombardi hanno dato scarsi segni di vitalità, rimanendo appiattiti su uno scenario maturato negli anni ’70 (specie per l’assetto dell’università) e soggetto oggi a innovazioni dirompenti che ne stanno modificando radicalmente i ruoli. Occorre un tavolo che coinvolga Governo, Regione, Città metropolitana, università, centri di ricerca, e che assuma come riferimento il Piano operativo nazionale città metropolitane 2014-2020. In questo modo si ancorano realisticamente gli obiettivi alle risorse.

Riguardo alla ricerca le proposte sul tavolo non sono adeguatamente supportate dalla disponibilità di finanziamenti privati. Inoltre, occorre osservare che siamo sotto standard a monte, ossia nell’organizzazione della scuola rispetto a un organico orientamento dei diversi cicli di istruzione, rispetto al terzo livello e il longlife learning. Per l’importazione di ricercatori, infine, la localizzazione e la qualità ambientale dell’area Expo è poco attraente rispetto ai flussi culturali esterni.

È indispensabile che ogni progetto rientri in un quadro di rivalutazione ambientale (dimostrando la crescita della biodiversità, la qualità della gestione delle acque e l’eliminazione dei rifiuti), di autonomia energetica, allargando il concetto di smart grid all’intero sistema urbano su cui l’area insiste. E, finalmente, di un piano che affronti il cambiamento climatico. Il risultato sarebbe una parte di città ricca di soluzioni sperimentali, finalizzate allo sviluppo delle risorse umane, in grado di riqualificare il mondo delle costruzioni e renderlo più competitivo sul mercato della realizzazione di nuove città.

 

Giuseppe Longhi



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