28 ottobre 2015

LA CITTÀ METROPOLITANA CHE VOGLIAMO


Ho sempre manifestato la mia fiducia nella legge Delrio che ha in sé enormi potenzialità per il buon governo del nostro territorio, pur con i limiti già da molti evidenziati. Vanno però oggi comunicate ai cittadini le preoccupazioni in ordine ad alcune tematiche cruciali. Prima fra tutte la possibilità di dare a Città Metropolitana gli strumenti per esercitare le sue funzioni fondamentali.

Rapporti con la Regione. È stata approvata a fine settembre la legge regionale sulla Città Metropolitana. Già si sono evidenziati alcuni conflitti. Sulla funzione di viabilità e mobilità, che dovrebbe essere tra quelle fondamentali della Città Metropolitana, il Governo Metropolitano è già entrato in rotta di collisione con la Regione. Il tema è di quelli cruciali perché investono la viabilità ma anche la tutela del territorio e l’economia locale. Parlo della superstrada Vigevano – Malpensa sulla quale la Regione ha sbattuto la porta in faccia a Città Metropolitana.

08colombini37FBLa realizzazione di questa arteria di 60 km comporterebbe erosione di aree tutelate entro il Parco Sud e il Parco del Ticino, l’esproprio di terreni agricoli preziosi, l’esproprio di cascine. Quasi tutti i sindaci dei Comuni interessati si stanno mobilitando contro questo progetto, e il Governo Metropolitano ha dato ai primi di ottobre parere contrario. Città Metropolitana ha proposto una riqualificazione delle strade provinciali e statali già esistenti per contrastare altre colate di cemento. Inutilmente, perché la Regione persiste nel suo progetto e ha evidentemente potere per farlo. Questo deve indurci a una seria riflessione sulle funzioni che sono il cuore della nuova istituzione.

Elezioni del 2016. Interesseranno alcuni Comuni della Città Metropolitana e Milano. Il sindaco di Milano sarà anche il sindaco metropolitano ma verrà ovviamente eletto solo dai cittadini milanesi. In attesa di poter procedere a elezioni dirette è auspicabile che la questione Città Metropolitana entri a pieno titolo nel dibattito per la definizione del programma e della candidatura della coalizione di centro-sinistra. Il governo di Milano non può prescindere dalla Città Metropolitana su questioni fondamentali come i trasporti, la casa o lo sviluppo economico. E dunque qualunque visione della Milano che vogliamo non può fare a meno della visione metropolitana. Questo vuol dire un coinvolgimento concreto degli amministratori dei Comuni metropolitani nella costruzione del programma elettorale.

Elezioni dirette. Ecco un altro punto cruciale di ogni riflessione sulla Città Metropolitana. Iniziative, appelli e quant’altro per sollecitare l’elezione diretta ne abbiamo visti non pochi, ultimo in ordine di tempo l’appello che ha come primo firmatario Valerio Onida. Le condizioni per arrivare a elezioni dirette sono note: legge dello Stato, Zone Omogenee, Municipalità. E proprio su queste ultime occorre fare una riflessione. Si sono svolti dibattiti all’interno della coalizione sul disegno di queste aree, e sono state avanzate proposte che rompessero la logica radiocentrica degli attuali Consigli di Zona (ereditata da una strutturazione della città vecchia di secoli). Abbiamo letto studi e riflessioni per prefigurare il futuro: una visione policentrica e il riequilibrio demografico delle Municipalità rispetto alle Zone. I Municipi invece altro non saranno che una fotocopia delle Zone: identiche nella perimetrazione e identiche nelle funzioni a loro assegnate, salvo riprendere il tema delle funzioni in un prossimo futuro. Forse si poteva fare di più.

La Città Metropolitana in Europa. In Europa le città sono sempre state il motore dell’economia e della cultura. Già nel Medioevo esistevano reti di città (pensiamo per esempio alla Lega Anseatica con centro a Lubecca, a Danzica e sul mar Baltico, un vero e proprio network di città mercantili). Le città sono state i luoghi di accumulazione della ricchezza dove presero avvio le grandi trasformazioni demografiche, dove si decidevano gli assetti del contado, dove nascevano le nuove professioni, dove avvenivano le grandi innovazioni tecnologiche.

Poi cominciarono a sorgere le grandi periferie operaie, quindi le conurbazioni e infine le aree metropolitane che non sono “città grandi” bensì aree qualificate dalla complessità delle funzioni e delle relazioni che richiedono modelli di governo specifici. Una celebre citazione del grande storico americano Lewis Mumford riassume con efficacia il senso delle città nella nostra storia: «Ieri la città era un mondo, oggi il mondo è diventato una città».

Le città sono dunque parte integrante della storia e delle identità europee. La storia dell’Europa coincide con la storia delle sue città. Secondo uno studio dell’OCSE del 2014, il 68% della popolazione europea vive in un’area metropolitana. Nelle aree metropolitane europee si produce più dei 2/3 del PIL europeo. Questi dati essenziali ci danno un’idea dell’importanza strategica delle aree metropolitane nel nostro continente.

E proprio per una presa di coscienza di questa realtà, la Commissione Europea ha previsto nella Programmazione 2014-2020 di destinare alle Città Metropolitane una percentuale dei fondi, specificamente dedicati a precisi obiettivi tematici. In precedenza i fondi europei erano gestiti esclusivamente dallo Stato e dalle Regioni, con esiti per l’Italia non proprio confortanti visto che più della metà delle risorse disponibili della Programmazione precedente risulta inutilizzata.

Il futuro dell’Europa è nelle mani dello sviluppo delle aree metropolitane. E per l’Italia vuol dire anche avere risorse disponibili a fronte delle difficoltà finanziarie in cui versano le Città Metropolitane, tra cui Milano che ha ereditato dall’ex Provincia un bilancio deficitario.

Nello Statuto della Città Metropolitana di Milano un intero articolo è dedicato ai rapporti europei e internazionali. «La nostra CM vuole promuovere ogni forma di collaborazione e di relazione con le aree e Città Metropolitane dell’Unione Europea e internazionali. Con questo ribadisce il suo ruolo di area strategica per l’intero Paese.» Sulle aree metropolitane si gioca la sfida dello sviluppo economico e sociale, uno sviluppo che dovrebbe essere basato – nelle intenzioni – sulla coesione sociale, sulla sostenibilità e sulla partecipazione responsabile dei cittadini.

La specificità delle Città Metropolitane italiane è che la loro istituzione è avvenuta con grande ritardo rispetto alle altre aree metropolitane europee. E soprattutto che la loro formazione non è l’esito di processi graduali di adeguamento amministrativo sulla base dell’evoluzione storica dei territori, come è avvenuto nelle altre aree metropolitane europee, bensì le nostre Città Metropolitane sono l’esito di una legge che ci è sembrata improvvisamente calata dall’alto: un caso unico in Europa. Di più, tale legge disciplina in modo univoco contesti metropolitani del tutto diversi tra loro, mentre ogni città è un unicum, con la sua storia, la sua struttura e la sua identità.

Per questo il dibattito sulla Città Metropolitana in Italia si è focalizzato non sulle potenzialità di sviluppo e di innovazione, bensì sulla paura della perdita delle identità locali, o piuttosto sull’ennesima riproduzione delle province. Questa legge scaturisce anche dall’inerzia politica delle istituzioni locali. Sono quasi 40 anni che in Italia si dibatte sull’inadeguatezza della maglia amministrativa italiana, vecchia di secoli, e sull’impossibilità di governare territori che hanno subito dal dopoguerra trasformazioni demografiche, territoriali e funzionali enormi.

Erano i primi anni Settanta quando si cominciò a parlare di governo di area vasta: allora le regioni erano appena state istituite, la parola globalizzazione non era ancora stata inventata, a Milano e nell’hinterland c’era la classe operaia delle grandi fabbriche. Ma già allora era evidente come non fosse possibile governare le grandi trasformazioni demografiche, territoriali e sociali con gli strumenti amministrativi disponibili.

Dopo la legge 142 del 1990, che non ebbe seguito operativo, abbiamo dovuto aspettare il 2001 perché le aree metropolitane entrassero nella politica con la riforma del Titolo V della Costituzione, che istituì le Città Metropolitane. Gli enti locali (Regioni soprattutto) avrebbero dovuto facilitare l’attuazione della Costituzione, e invece si è assistito a un’inerzia durata altri 14 anni.

Ci sono di sicuro responsabilità politiche in questa inadeguatezza ad affrontare il problema del governo delle aree metropolitane: mentre in Europa si metteva mano alle riforme (la Città-Stato di Berlino è del 1995, quella di Amburgo addirittura del 1949, la Grande Lione del 1969), in Italia si preferì creare nuove Province del tutto fuori dalla storia e dalla realtà, come Monza e Brianza. Questa situazione di stallo non poteva avere altri sbocchi se non l’imposizione di una legge nazionale.

Ed ecco che finalmente la legge Delrio ha sancito l’istituzione di 10 Città Metropolitane, una legge da più parti contestata ma che ha sbloccato un impasse politico che poneva l’Italia ai margini dei processi europei della governance di area vasta. Uno dei meriti della legge Delrio però è di avere lasciato ampi margini perché ogni Città Metropolitana elaborasse il suo Statuto. E non poteva essere diversamente, visto che è del tutto impossibile applicare un modello unico per Milano, Napoli o Reggio Calabria.

Occorre ora dare forza e sostanza alla nuova istituzione, contrattare funzioni e risorse, coinvolgere i cittadini e costruire la nostra nuova identità metropolitana.

 

Paola Colombini

Movimento Milano Civica – Coordinamento dei Civici Metropolitani



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