21 ottobre 2015

COME RISPONDO ALLA “LETTERA APERTA AI DECISORI”


“Di mestiere” faccio il capogruppo del PD in Consiglio Comunale a Milano e, di fronte alla “Lettera ai decisori sul dopo Expo pubblicato nei giorni scorsi da ArcipelagoMilano, pur non avendo direttamente un ruolo operativo e non essendone destinatario diretto, non voglio sottrarmi dall’intervenire nella discussione.

02bertolè36FBUna premessa mi sembra doverosa. Questa lettera e la quantità e l’autorevolezza dei suoi sottoscrittori confermano un dato di contesto non banale. A Milano, nel nostro territorio, moltissima gente si occupa dei destini e dell’orizzonte della città. Con competenza, passione e un atteggiamento di stimolo “ai decisori”, questo documento è un’ulteriore prova della ricchezza della nostra comunità, una conferma della capacità di interrogarsi e interrogare la politica in modo deciso e competente. Di più: in questa lettera colgo una partecipazione emotiva ai destini della città. Di questi temi questo mi sembra un patrimonio non scontato e una bella fortuna per chi pro tempore svolge una funzione nell’amministrazione pubblica: l’occasione di interagire con una comunità attiva e proattiva.

Rappresentando un pezzo del mosaico amministrativo, fatta questa premessa doverosa e non dovuta, vi dico come la penso io e in quale direzione, per quanto mi e ci compete, sto e stiamo lavorando.

Primo. La costruzione del progetto del dopo Expo deve avvenire su un piano di grande coesione, una coesione che sia frutto e risultato della trasparenza dei contenuti, degli attori e delle risorse messe in campo.

Secondo. Molto si è già detto del vizio d’origine di questa situazione, ma resta un riferimento imprescindibile: la scelta ricaduta su aree non pubbliche, con il carico (quasi un’ipoteca) finanziario e di prospettive, una scelta fatta concentrandosi sul sito e senza “parlare ” con la città prima e durante.

Terzo. Per gestire in modo sereno e rapido il tema dell’eredità non dobbiamo cadere nella tentazione della fretta. Il rischio è di trovarci a gestire e non a reindirizzare la questione. Perché di reindirizzo si deve trattare. Cinque anni fa quel luogo era infatti un’area enorme, fragile, vuota. Uno spazio di risulta di infrastrutture (tangenziale, autostrada, cimitero…). Al “1 novembre” il rischio è di avere questa fotografia: quello stesso luogo, con la sua collocazione di risulta e molto problematica, molto infrastrutturato (diverse centinaia di milioni di investimenti), diventato un’area strategica e con l’enorme carico del suo valore simbolico. Credo che l’approccio non debba essere quello di gestire il problema: riempire un buco e superare il trauma del vuoto. Mi sembra fondamentale proporre un’altra ottica: quella di gestire, reindirizzando. Occorre così recuperare discorsi mai fatti sette anni fa.

Quarto. Serve innanzitutto una buona catena di comando, per rispondere a un’altra delle sollecitazioni che la Lettera pone. Qual è la governance che deve metabolizzare (digerire, prima di dirigere …) il progetto? Una governance che deve essere in grado di parlare col contesto e che promuova una strategia per la città del futuro. Una governance chiara ma aperta a tutti i soggetti, in cui devono avere un ruolo fondamentale Città metropolitana e Governo (la cui posizione interventista mi è del resto sembrata importante e decisiva). Questa governance deve decidere cosa fare e esprimere un Commissario che costruisca la road map per realizzarlo, senza deleghe in bianco.

Quinto. Occorre un’attenzione rigorosa alla fattibilità e credibilità della proposta. Non si tratta solo di avere la capacità di mettere insieme il budget e partire, ma di poter essere costantemente un polo attrattivo di risorse, energie, capacità di presidio e incremento di relazioni di qualità. I parametri della fattibilità e della credibilità sono infatti da misurare con la lente del lungo periodo.

I fatti ci impongono così di abbandonare le logiche di dieci/quindici anni fa (mero sviluppo edilizio e rendita immobiliare) che hanno portato sette anni fa a quella scelta. Quell’area così infrastrutturata e ricca di tecnologia deve essere valorizzata, diventando un pezzo di città, dentro una strategia urbana di lungo periodo. Se ne facciamo un’isola, un’enclave, cosa potrebbe accadere di fronte a una crisi? Il rischio è che quella marginalità e fragilità del sito, così manifesta alcuni anni fa, sempre latente, possa tornare a galla. E che una grande opportunità non solo si trasformi in un’occasione persa, ma addirittura in un rischio.

In conclusione e alla luce di queste riflessioni, rispetto al mio ruolo e alle mie responsabilità, mi sento di ribadire l’impegno per far sì che il Consiglio comunale possa svolgere fino in fondo (e nei suoi limiti) la funzione di indirizzo e controllo che gli spetta, accompagnando e facilitando questo percorso con attenzione, rigore e spirito propositivo.

Lamberto Bertolé
 

LETTERA APERTA AI DECISORI DEL DOPO EXPO

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