21 ottobre 2015

LEGGE DELRIO. VA IN SCENA IL REALITY SHOW “CITTÀ METROPOLITANA”


Sembra il gioco della “caccia al tesoro” ma alla rovescia. Invece che ricchi premi e cotillons a ogni tappa incontrano contraddizioni e incongruenze. E’ il percorso obbligato dei benemeriti consiglieri metropolitani, già nominati in secondo grado e coatti ad applicare pedissequamente l’improbabile legge Delrio. Di seduta in (per altro poco frequente) seduta ricercano le tracce di un senso che li trattenga sugli scranni dell’aula ereditata dalla defunta Provincia. Non aiutati certo dalla frammentaria presenza del transeunte Sindaco metropolitano ex lege, spesso sostituito da un vice-sindaco doppiamente rinominato. Infatti rivendicano a ogni piè sospinto un Sindaco vero, eletto direttamente dal popolo, a costo di superare le crescenti prove da “percorso di guerra” previste dalla micidiale sopracitata proto-riforma.

07ballabio36fbVedi l’ermetico comma 22: “per le sole città metropolitane con popolazione superiore a tre milioni di abitanti, è condizione necessaria, affinché si possa far luogo a elezione del sindaco e del consiglio metropolitano a suffragio universale, che lo statuto della città metropolitana preveda la costituzione di zone omogenee e che il comune capoluogo abbia realizzato la ripartizione del proprio territorio in zone dotate di autonomia amministrativa”. Ora sulla ripartizione del comune capoluogo si è già scritto abbondantemente su queste colonne, senza smentita alcuna, circa l’evidente aporia dei costituendi Municipi: non puoi tagliare una torta a fette e insieme pretendere di conservarla intera per la prossima festicciola! Ma è l’altra “condizione necessaria” a far tremare la logica elementare: cosa ci azzeccano le zone omogenee con l’elezione a suffragio universale?

Eppure gli zelanti burocratini partitamente nominati nel Consiglio metropolitano, presi per mano dai burocrati veri eredi di un’amministrazione provinciale di memorabile tradizione asburgica, eseguono sotto dettatura i puntuali adempimenti di una legge insensata ma vigente e cogente. Istituiscono e regolamentano (seduta del 17/09/2015) “zone omogenee” geografiche senza tuttavia indicarne le funzioni. Non è previsto dal sopracitato comma 22, per cui i funzionari danno parere di legittimità favorevole e il problema viene demandato al “piano strategico” a sua volta affidato a studi tecnici, previa ricognizione in una spaziosa “mappa delle idee”. Si individuano le forme dei contenitori ignorandone gli eventuali contenuti! Del resto le competenze complessive sono accortamente centellinate dalle mani della Regione (vedi “Tarpare la città metropolitana” di Fabio Pizzul, ArcipelagoMilano n. 34).

Sorge inoltre un dubbio atroce: se le “zone omogenee” riguardano i quadranti esterni dell’ex provincia (nord-est, nord-ovest, ecc.) che ne è del comune centrale, evidentemente soverchiante rispetto alle restanti aggregazioni di comuni piccoli e medi? Una razionale “ripartizione in zone omogenee” risulta pertanto incompleta rivelandosi il capoluogo in qualche modo “extraterritoriale” rispetto al medesimo territorio metropolitano! Viene così alla luce l’evidente incompatibilità tra zone sovra-comunali coordinate da organi posticci e un capoluogo la cui elettività diretta rimane intoccabile. I concorrenti dell’incongrua “caccia al tesoro” scoprono allora che la ripartizione risulta alquanto disomogenea, ma il reality show deve continuare: avanti verso il parere della “conferenza metropolitana” nonché della Regione ecc.

Altro discorso riguarda i Sindaci propriamente eletti dai cittadini e potenziali protagonisti della surreale vicenda. Intanto quello di Milano si è tenuto fin dall’inizio, sebbene con la squisita correttezza formale che gli è propria, ben distante da quest’ulteriore “grana” organizzativa occupazionale e finanziaria, che probabilmente ha pure contribuito a giustificare il gran rifiuto. Poi quelli dell’hinterland chiusi nei rispettivi orticelli, inconsapevoli della potenziale “massa critica” che potrebbero far valere in una riconosciuta realtà metropolitana. Data la classica graduatoria tra un posto in Gallia e uno a Roma valutano che è meglio essere il primo a Vimodrone (l’esempio è puramente casuale) che il secondo in una troppo Grande Milano.

Così la Metropoli non si fa se non per finta, per dar da intendere all’Europa, ove queste entità sono consolidate ormai da decenni, che anche noi si sarebbe finalmente della partita. Ma l’operazione di facciata è azzardata e pericolosa. Il tentativo di agghindare il vecchio mutando i nomi e inventando orpelli, senza avere il coraggio di abolire quanto effettivamente superato e obsoleto, porta non alla semplificazione ma alla superfetazione. Nuovi “municipi” e fresche “zone omogenee” non riusciranno a nascondere la radice del problema: finché il Comune di Milano rimane in quanto tale rende superflui o subalterni tanto il decentramento all’interno quanto ogni diversa istituzione all’intorno.

Valentino Ballabio

P. S.: Secondo la “carta dei valori” presentata il 2 ottobre dagli 11 Garanti “la metropoli del futuro dovrà essere un tutt’uno e i suoi abitanti dovranno viversi come concittadini.” Perché dunque non si comincia proprio con le primarie del 7 febbraio a estendere il voto all’intera cittadinanza metropolitana?



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