21 ottobre 2015
LA VITA È FACILE AD OCCHI CHIUSI
di David Trueba [Spagna, 2015,108′]
con: Javier Cámara, Ramón Fontserè, Natalia de Molina, Francesc Colomer, Jorge Sanz, Adriana Gil
La vita è facile ad occhi chiusi è un verso di Strawberry fields forever, una famosa canzone dei Beatles. E il film di cui parliamo è un vero e proprio omaggio ai Fab Four e incredibilmente narra una storia vera. Protagonista è Antonio, un insegnante di inglese in una scuola religiosa di Madrid. Siamo nel 1966, nella Spagna di Franco e, nonostante la censura, i Beatles e la loro musica si sono imposti e hanno persino suonato davanti a Franco.
Il nostro Antonio insegna usando i testi del Beatles traducendoli a orecchio, solo così riesce a trasmettere qualcosa ai suoi annoiati alunni. Vorrebbe avere i testi delle canzoni, essere più preciso, chiedere agli autori precisazioni, come interpretare … . Poi un giorno scopre che John Lennon si trova ad Almeria per girare un film (si tratta di Come vinsi la guerra del regista Richard Lester) e decide di andare ad incontrarlo.
Con una Fiat 850 si avvia verso il sud del paese e sulla sua strada incontra due autostoppisti: Belen, una giovane incinta fuggita da una struttura religiosa in cui è stata confinata per nascondere la vergogna della famiglia, e Juanjo, un adolescente che si ribella al padre poliziotto e fugge per non doversi tagliare i capelli. I tre viaggiatori pian piano si conoscono e apprezzano e quando arrivano in un paesino vicino al set si industriano a rendere possibile il sogno di Antonio di incontrare Lennon. L’artista proprio in quei giorni sta scrivendo Strawberry fields forever e forse accetta il suggerimento di Antonio, poiché dopo quell’incontro i dischi realizzati dai Beatles allegarono i testi delle canzoni.
Una favola? Forse, anche se la vicenda è reale, ma il regista David Trueba ha saputo mettere insieme molte cose, che danno una lezione di civismo e raccontano il franchismo senza dover urlare: ne sono un esempio la quantità di schiaffi che volano all’inizio del film assegnati educativamente a chiunque la pensi diversamente, l’omofobia pervasiva scatenata da capelli più lunghi del solito e unita a una manica di botte, la vergogna per le ragazze in attesa di un figlio confinate in istituti di suore fino al parto e a cui vengono sottratti i figli. Ma di un sotterraneo mondo diverso che esiste nonostante il regime è testimone oltre ai tre protagonisti anche un simpatico gestore di osteria catalano nei pressi del set cinematografico di Almeria.
Da sottolineare la colonna sonora di Pat Metheny.
Dorothy Parker
questa rubrica è a cura degli Anonimi Milanesi