7 ottobre 2015

DOPO EXPO. L’ABDICARE AL PROPRIO RUOLO. PERCHÉ?


Se fosse vero quanto si afferma nelle sedi più autorevoli che l’area di Expo avrebbe qualità eccezionali e che quel milione di metri quadrati, oltre a essere raggiungibili facilmente con ogni mezzo, disporrebbero di una dotazione unica di servizi, di infrastrutture tecnologiche e reti telematiche, per quale motivo ci sarebbe la necessità assoluta di fare intervenire il governo per realizzare la loro riqualificazione dopo la manifestazione?

04battisti34FBChe il governo abbia partecipato tramite il Ministero dell’Economie e delle Finanze (MEF) alla composizione societaria di Expo 2015 Spa, visto il carattere eccezionale dell’evento e l’enorme finanziamento pubblico che solo per il sito è stato di 878 milioni (ma che a consuntivo ci riserverà probabilmente altri conti da pagare), non sorprende. Comunque, nel caso di Expo, il governo aveva deciso che almeno il ruolo di Commissario straordinario doveva essere assegnato al Sindaco di Milano (che poi ha rinunciato) e quello di Commissario generale al Presidente della Regione.

E per quale motivo per portare avanti una normale, per quanto importante, operazione di natura urbanistica da coordinare tra i comuni di Milano e Rho, servirebbe, anche a detta del ministro Martina, “un interlocutore forte che unisca alcuni poteri speciali a un ruolo diretto e strategico all’interno di Arexpo”? Un “dominus“, come lo definisce più elegantemente il sindaco Pisapia.

Considerato che le aree di Expo si estendono sia nel territorio di Milano sia in quello di Rho, non bastano i due assessori all’urbanistica, il primo dei quali di fresca nomina e di comprovata preparazione accademica e il secondo che, in quanto Sindaco di Rho con delega all’urbanistica, è stato anche eletto dai propri cittadini?

Quest’ultimo è inoltre presidente del Patto del Nord Ovest, costituitosi nel 2008 per organizzare i comuni del Rhodense proprio in funzione della scadenza di Expo e del “dopo Expo”: quindi anche con il proposito di condividere le scelte per la riqualificazione delle aree di Expo in funzione dello sviluppo dei sedici comuni che ne fanno parte.

E che dire della Regione alla quale spetterebbe, a detta del suo Presidente, l’ultima parola, ma che dopo aver vagheggiato un possibile “Fast Post Expo”, che contava di conservare un bel po’ di padiglioni, ha dovuto ricredersi? Infatti, proprio perché i fantastici padiglioni sono fatti per durare sei mesi e non sei anni, bisognerebbe accollarsene i costi di adeguamento e manutenzione, sicuramente proibitivi. Come ha subito messo realisticamente in evidenza Giuseppe Sala, anche rispetto all’idea di mantenere aperto fino all’Epifania il Padiglione Italia e acceso lo sfavillante l’Albero della Vita.

I giornali, che non sembrano svolgere un ruolo di grande approfondimento, a parte contare giorno per giorno i visitatori e citare la sequela di proposte più o meno improvvisate , hanno riferito che, a parere di tutti i responsabili, il principale problema sarebbe che Arexpo si sta rivelando un soggetto troppo debole per gestire il dopo Expo. Ma Arexpo è formata da Regione Lombardia, Città metropolitana, Comuni di Milano e di Rho e dalla Fondazione Fiera e ne fanno quindi parte le tre più importanti amministrazioni locali che dovrebbero essere interessate a tutelare le proprie prerogative.

Mentre per il ministro Martina “Il fatto che lo Stato (o il governo?) non sia nella società Arexpo è un elemento che ha creato una disomogeneità … . Ci troviamo in una situazione non allineata tra gestione e proprietà. Adesso stiamo lavorando per allineare bene le cose e per poter essere utili”.

Ma forse il modo migliore di essere utile da parte del governo potrebbe essere semplicemente di rilevare le quote della Fondazione Fiera, rendere Arexpo pubblica al cento per cento e indipendente. A meno che invocare il suo intervento non sia per disporre di ulteriori finanziamenti pubblici, oltre a quanto già speso per Expo. Infatti per la ricapitalizzazione di Arexpo il governo dovrà metterci subito 30-35 milioni e poi perché oltre ai debiti originari (315 milioni ridotti a 295 a causa della mancata adozione di strumenti urbanistici attuativi), i costi delle bonifiche, per le quali sono stati preventivati solo 6 milioni, potranno arrivare fino a 40/50. Oltre a tempi lunghi per la loro esecuzione.

Ma anche perché, visto che l’anno prossimo ci saranno le elezioni comunali – e la campagna elettorale è già iniziata – l’intervento del governo che coinciderà con la chiusura di Expo consentirà di esibire il tanto caldeggiato protocollo d’intesa che sancirà l’abdicazione degli Enti locali e la loro subalternità alle decisioni di una gestione commissariale calata dall’alto. Questioni che sono state affrontate molto chiaramente da Ricardo Franco Levi nel suo articolo sul Corriere della Sera del 18 settembre.

Mi considero un “expottimista” ma cerco di disciplinare il mio entusiasmo considerando con attenzione le difficoltà proprio per superarle. Ma tutta questa retorica sulla qualità delle aree di Expo impedisce purtroppo di mettere a fuoco i reali problemi: oltre all’inquinamento dei terreni, della falda e dell’aria, la difficile accessibilità e mobilità, la complessità delle procedure (a meno che non si ricorra al “dominus” che con provvedimenti d’urgenza ridurrà garanzie e tutele), la problematica sostenibilità economica (che potrà comportare altri oneri a carico dei cittadini), come ottenere una appropriata composizione sociale (per evitare il degrado e realizzare invece una vitale componente della Città metropolitana) e infine come perseguire quella qualità urbana e architettonica che ci eviti di realizzare un altro pezzo di periferia, per di più completamente isolata dal resto del territorio.

Sono certo di interpretare i sentimenti di molti colleghi dell’Ordine degli Architetti – che fin dal 2008 si è impegnato a documentare il dopo Expo nei casi emblematici di Hannover, Siviglia e Lisbona estendendo oggi l’indagine anche a Shanghai – affermando che non rinunceremo a prendere posizione sui problemi che si stanno manifestando, con il senso di responsabilità e l’autonomia con cui ci siamo espressi in passato.

Problemi che esporremo su queste pagine e in altre sedi, per mettere a disposizione le nostre conoscenze e per favorire un pubblico dibattito nel quale inviteremo a confrontarsi tutti i responsabili delle istituzioni.

 

Emilio Battisti

 

LETTERA APERTA AI DECISORI DEL DOPO EXPO

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