30 settembre 2015

LEADER, PAESI, TEOCRAZIE INSAZIABILI: IL DENARO VINCE ANCHE SE È UN SUICIDIO


Dalle mie parti degli ingordi si dice “meglio caricarli che riempirli”. Privi di coscienza del limite, sentono però la fatica. «Ho sognato a lungo di acquistare un’isola che non fosse di proprietà di alcuna nazione e di stabilire, sul suolo davvero neutrale di quest’isola, la sede centrale mondiale della Dow, esente da obblighi nei confronti di qualunque nazione e società. Se ci trovassimo sul suolo davvero neutrale di quest’isola, potremmo allora realmente operare negli Stati Uniti come cittadini americani, nel Giappone come cittadini giapponesi, e in Brasile come brasiliani, invece di essere governati innanzi tutto dalle leggi degli Stati Uniti. Saremmo persino in grado di ricompensare generosamente gli abitanti del luogo perché si trasferiscano altrove». Così dichiarò nel 1974 il presidente della Dow Chemical Carl A. Gerstacher [Giovanni Arrighi, Il lungo XX secolo. Denaro, potere e le origini del nostro tempo, il Saggiatore, 20142, pp. 92-93].

07gario33fbOggi Google è molto più avanti. Alphabet dal 10 agosto, è di casa ovunque nel globo e nel business, incluso quello medico per «uccidere la morte», ma lo scopo rimane di fare sempre più profitti anche eludendo il fisco di Stati ormai dimissionari [Damien Lelup, “Le jour où Google est devenu cyberpunk”, Le Monde, 18/08/2015, p. 12]. Stati spesso preda di «fondi rapaci» (Elliott Management, FG Hemisphere, Aurelius, …) in possesso di debiti pubblici al collasso da riscattare a caro prezzo grazie a sentenze di tribunali USA e UK. Oggi vi sono 223 procedure giudiziarie contro 48 Stati per iniziativa di 26 fondi, definiti «terroristi» da Jean Ziegler, nel suo rapporto al Palazzo delle Nazioni di Ginevra il 10 agosto, a nome del gruppo di indagine incaricato dal Consiglio dei diritti dell’uomo [Marie Maurisse, “Les «fonds vautours» sous l’œil supçonneus des Nations unies”, Le Monde, 12/08/2015, p. 9].

La parola non è scelta a caso, anche lo Stato Islamico fa profitti. «Da ultimo, e peggio di tutto, il Medio Oriente ci ricorda che la globalizzazione ha il suo lato buio. Che cosa sono lo Stato Islamico e al-Qaeda se non multinazionali del jidaismo?» [“Beware of sandstorms”, The Economist, June 20th 2015, p. 62]. Il mercantile Stato Islamico offre anche reperti archeologici a mercati internazionali [“Nothing is sacred”, The Economist, August 22nd 2015, p. 31] in cerca di beni rifugio per oceani di denaro immessi dai vari quantitative easing, a tassi irrisori, nel tentativo di arginare la crisi economica più grave dal 1929. La sensibilità di mercato dello Stato Islamico è tale che «gli assalti ai simboli culturali millenari della regione servono anche e soprattutto per aumentare il prezzo dei reperti che ineffabili mercanti d’arte occidentali sono pronti a pagare» [Christian Elia, “Le origini di Daesh“, Emergency, 75, giugno 2015, p. 11].

La convergenza islamica sul profitto sarebbe la sigla del mondo globale, non fosse che lo Stato Islamico vuole un proprio territorio, come Gerstacher nel 1974, mentre in Occidente l’ideologia del profitto senza limiti depotenzia gli Stati e in Europa ne blocca lo sviluppo in federazione, nostra sola speranza di futuro in questo mondo di popoli in fuga da guerra, terrorismo e miseria. La volontà dello Stato Islamico di divenire tale è importante perché «l’evidenza empirica avvalora l’ipotesi che i gruppi in rivolta probabilmente vincono se evolvono e, attraverso le fasi cruciali di guerra, progrediscono in una sequenza che li rafforza. Una sequenza di successo è il passaggio da una guerra di guerriglia a guerra convenzionale, attraverso la fondazione di uno Stato. Dopo tutto, la variazione nella combinazione di questa sequenza – e la difficoltà obiettiva a realizzarla correttamente durante una guerra – spiega perché alcuni gruppi di insorti vincono sul loro territorio guerre contro Stati stranieri, ma per lo più perdono» [Noriyuki Katagiri, Adapting to Win. How Insurgents Fight and Defeat Foreign State in War, University of Pennsylvania Press, 2015, p. 189].

A indicarci la sigla del mondo globale è invece il business Alphabet/Google «uccidere la morte», e con essa ogni limite. Purtroppo moriremo, ma la promessa di «abolizione del terrore della morte non è un dettaglio: è l’essenziale. Solo a questa condizione – tipicamente fanciullesca – ci può essere vera e definitiva pacificazione degli esseri umani, ciascuno per sé» [Gustavo Zagrebelsky, Liberi servi. Il Grande Inquisitore e l’enigma del potere, Einaudi 2015, p. 145]. La fanciullezza universale ignora tutte le responsabilità adulte e il mondo pacificato dei ciascun per sé offre opportunità illimitate di azione a mercenari che in concorrenza spargono morte e caos, e a grandi imprese che della violenza fanno mercato in terra, mare, cielo, spazio e cyberspazio.

«Il mondo sembra arrivato a un crocevia. Lasciata a sé questa industria può riportarci all’Italia della guerra perpetua. L’alternativa è proibirla in tutte le sue forme, ma il momento è passato» [Sean McFate, The Modern Mercenary. Private Armies And What They Mean For World Order, Oxford UP, p. 160]. «Gli strumenti legali esistenti non sono adeguati per funzionare. Frustrati anche gli sforzi internazionali, come il gruppo di lavoro ONU che, istituito nel 2005, dopo cinque anni ha concluso che per regolare la materia va colmato un vuoto normativo internazionale» [p. 161]. «Una soluzione più pratica è favorire un mercato regolato per fare lavorare solo qualificate imprese militari in partnership pubblico-privato» [p.162] «Solo l’ONU ha il potere di mercato e giuridico di regolare questo mercato e questa industria. È l’unica alternativa al libero mercato dei mercenari» [p. 165].

Il mondo dei ciascun per sé è globale perché è pervasivo. Per tacere di casa nostra, ma senza allontanarci troppo, i francesi soggetti alla imposta di solidarietà sul patrimonio mobiliare e immobiliare, tra il 2013 e il 2014 sono aumentati del 6% (da 312 a 331 mila) e il loro patrimonio del 10% (da 433 a 476 miliardi di €), venticinque volte il prodotto interno lordo (+0,4%). Anche gli introiti dell’imposta sono aumentati (18%: da 4,39 a 5,19 miliardi, più del valore patrimoniale) e gli interessati hanno pagato in media 1.627 euro in più a fronte di un incremento medio di patrimonio di 51.349 euro: il 3%. Ci sta, ma i 714 ricchi francesi espatriati nel 2013 (15% in più) bastano a «alimentare la controversia ricorrente sull'”inferno fiscale” cui sono assoggettati i più ricchi, costretti all’esilio» [Patrick Roger, “Des riches plus nombreux et de plus en plus riches”, Le Monde, 14/08/ 2015, p. 7].

La nostra civiltà è nata dalla coscienza che «praticare la giustizia darà pace, onorare la giustizia darà tranquillità e sicurezza per sempre» [Is., 32, 17]. In questo lavoro di lunga lena serve anche il denaro che, come il cibo, diventa veleno per gli ingordi ignari di ogni limite. Riempirli è impossibile, meglio caricarli.

 

Giuseppe Gario

 

 

 

 



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