30 settembre 2015

MILANO EXPO: DOPO I VISITATORI A CHI RESTA IL SOFTWARE


Uno dei grandi meriti di Expo è che ha costretto la città a fare sistema: abbiamo guardato tutti nella stessa direzione, collaborando all’interno per competere all’esterno. “Fare sistema significa infatti pensare in modo globale, integrato, con una nuova capacità organizzativa. Nel “sistema” i singoli soggetti mantengono la propria autonomia gestionale ma sono “tenuti insieme” da uno schema organizzativo e da una fitta rete di legami e di relazioni che consente loro di muoversi e di agire come se fossero un’unica impresa.”

09mattace33FBIl capitale relazionale accumulato a Milano è il patrimonio da non disperdere, la capacità organizzativa e la trama di relazioni intessuta i beni da valorizzare. Expo in città è stato pensato all’interno di un ecosistema digitale, E015, uno spazio operativo di cooperazione: la quantità di adesioni raccolte ha generato una banca dati impressionante. La convenzione tra Comune di Milano e Camera di Commercio, che ha sostenuto e implementato il progetto, scade a fine anno. Chi sarà il depositario di questo sapere, chi custodirà la conoscenza delle realtà che hanno generato più di 40.000 tra eventi, incontri e manifestazioni nel semestre di Expo? I meta dati raccolti saranno trattati come open data e resi disponibili al pubblico?

Abbiamo costruito una infrastruttura relazionale che non possiamo permetterci di abbandonare (Milano ha superato New York per numero di consolati). Il vantaggio profondo dell’operazione è stata proprio l’attivazione di queste reti, con una logica strategica, organizzativa e gestionale che introduce elementi di creatività e innovazione. Un impianto che contribuisce a rendere Milano quel luogo vitale dove le cose accadono, e la proiettano come capitale  europea di tendenza.

“Il sapere è sempre più reticolare e diffuso. La centralità delle nuove tecnologie sta contribuendo a fare emergere un particolare tipo di intelligenza collaborativa basata sull’empatia. I processi cooperativi divengono così più facili, dando vita a una grande quantità di nuove pratiche di produzione sociale, culturale, economica. Le buone idee oggi si trovano dappertutto e il loro valore ha a che fare in misura sempre maggiore col consenso costruito all’interno delle comunità e dei territori.”, con le parole di Che fare.

In questa direzione si muovono progetti con Piano City, Book City e ora anche Green City Milano: occasioni in cui tutta la comunità cittadina è invitata a partecipare, occasioni di incontro, di accoglienza, di emozione, di relazione e anche di azioni collettive. È questo il mood di una Milano che “cambia, attrae, accoglie e unisce.” Si potrebbe dire che Milano è uscita dalla nebbia, è diventata una città smagliante, così come viene raccontata nei prodotti di marketing territoriale che il Comune di Milano ha commissionato: Milano in the middle of the future per comunicare la missione pubblica e la policy etico sociale di Milano come città che “garantisce buona qualità della vita, offre opportunità a tanti differenti livelli e stimola la creatività.”.

E sono parole poco differenti da quelle usate da non riservato network per la riqualificazione urbana e per la socializzazione creativa negli spazi pubblici milanesi, con l’intento di “riconquistare gli spazi pubblici di Milano attraverso la creatività, per rendere la città più livable & lovable, vivibile e amabile, socievole, coinvolgente, avventurosa, giocosa, stimolante, creativa, autentica.”

Gli eventi accadono in tutta la città tra spazi pubblici, privati-open, parchi e giardini, luoghi del lavoro e della preghiera, in un clima collettivo da “apertura straordinaria”: una trasfigurazione che trasforma gli spazi, immediatamente inediti, perché vissuti da un pubblico e da un numero di persone non abituale e rende tutti questi eventi così speciali. Perché l’arte, la cultura, l’incontro animano gli spazi pubblici più diversi facendoli diventare luoghi della relazione.

È un clima di euforia quello che si respira in questi mesi in città, passata la sbornia, partiti i turisti, dobbiamo risettare il software e non disperdere la ricchezza acquisita.

 

Giulia Mattace Raso



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