23 settembre 2015

UN UOMO CHE HA “FATTO” MILANO: MAURIZIO MOTTINI


Maurizio Mottini è recentemente scomparso, la sua figura invita a riflettere su alcuni importanti passaggi nei processi di modernizzazione della metropoli milanese e, come lui amava fare, invita a sviluppare scenari per azioni future. Mottini aveva una cultura d’impresa “militante”, ossia coniugava l’indispensabile attenzione verso ciò che accadeva nel mondo con la capacità di tradurla in efficaci azioni politico-amministrative grazie a una non comune pazienza nell’arte del “facilitatore”, ossia del dialogare con le diversità che compongono il variegato universo dei cittadini.

03longhi32FBCredo che la sua esperienza di uomo d’impresa sia alla base della sua filosofia “resiliente”, per la capacità di individuare gli elementi strutturali di sviluppo della nostra convivenza metropolitana e di non imporli come verità “politiche”, ma di condividerli con le diverse parti sociali. Il periodo in cui svolge la sua azione è quello del cambiamento accelerato della seconda metà del secolo scorso fino a oggi, nel quale si verifica il passaggio dalle regolari ondate di cambiamento economico e sociale di medio periodo agli impetuosi e rapidissimi tsunami che segnano gli attuali dirompenti cicli innovativi.

La prima ondata che affrontò, quale Assessore all’urbanistica del Comune di Milano alla metà degli anni ’80, fu quella della deindustrializzazione accompagnata ai nuovi processi produttivi “del fare di più con meno”, nella quale i modelli gerarchici della prima epoca industriale erano messi in crisi dai modelli “anarchici” della rivoluzione cibernetica, basati su rapporti orizzontali, feedback, e condivisione.

Fu merito di Mottini, e della giunta presieduta dal sindaco Tognoli, intuire che l’epoca dei piani urbanistici “chiusi”, imposti dall’alto, era finita a favore di strumenti informali, il cui ruolo era rendere trasparente la strategia pubblica e attrarre la creatività progettuale e finanziaria privata per proporre nuove opere. Fu così che, con il Documento Direttore del progetto Passante, le regole progettuali di un’infrastruttura ferroviaria uscirono dal mero campo della pura efficienza per trasformarsi in generatrici di sviluppo, grazie a due attrattori metropolitani di livello internazionale: il nuovo centro direzionale e la nuova fiera.

L’operazione fu possibile grazie a un gruppo di giovani ricercatori, estranei al sistema dei partiti e insensibili all’accademia locale, di buona esperienza internazionale legata all’allora nascente Erasmus, cui fu data l’occasione di portare nell’ambito dell’amministrazione i frutti della loro esperienza. Si concretizzava così un modo di operare in rete, testimoniato dal volume “La progettazione a scala metropolitana” (Franco Angeli, 1985), il quale poneva la questione della nuova forma del lavoro metropolitano e della conseguente esigenza di nuove infrastrutture abilitanti.

È indubbio che il Documento Direttore sia stata una sostanziale evoluzione della prassi progettuale basata sulla leadership della parte pubblica, sull’autonomia e creatività degli ambiti progettuali, sull’industriosità degli operatori economici; il fatto che la sua attuazione abbia richiesto circa trent’anni la dice lunga sul percorso successivo che vede azzerato il ruolo del pubblico all’insegna di “i grattacieli nascono sotto i cavoli grazie all’amorevole cura della Hines”.

La seconda ondata che ritengo utile ricordare è quella della sostenibilità, un tema che vede Mottini impegnato quale dirigente del movimento cooperativo. Siamo negli anni ’90, si è definitivamente chiusa l’epoca dei piani di edilizia economico-popolare con finanziamenti pubblici garantiti, e, contemporaneamente, si apre l’epoca della sostenibilità con il suo oneroso corollario d’innovazione, legato al rispetto degli standard qualitativi imposti dalle Convenzioni internazionali sull’ambiente.

Per le imprese cooperative sorge il problema di innovare in presenza di risorse scarse, fu merito di Mottini comprendere che la scarsità fondamentale nei momenti di cambiamento riguarda le risorse umane, e la loro implementazione è il presupposto di base per ogni processo di sviluppo.

Nacque così il nucleo di progettazione sostenibile presso Coopcasa il quale ancora una volta propose la logica della rete aperta come strumento base per innovare. Questo ha portato a due esperienze importanti: il Master di progettazione sostenibile, che anticipava gli attuali processi aperti di istruzione continua e la realizzazione del quartiere ad alta sostenibilità del Sanpolino a Brescia, un’esperienza che anticipa il modello del living lab, largamente citata nella letteratura internazionale per il suo livello qualitativo.

La terza ondata, quella attuale, è la più difficile, per la rapidità e la numerosità dei fattori innovativi dirompenti, e, quindi, per i potenti fattori di disgregazione che introduce nella nostra società. Chi sottovaluta gli effetti dei cambiamenti accelerati mette di fatto fuori controllo il sistema sociale, chi lo segue acriticamente rischia di essere travolto dai suoi effetti imprevedibili.

Maurizio Mottini credeva fermamente che in questa situazione il fattore chiave fosse la crescita del sapere perché la rivoluzione digitale richiede scelte audaci, riflessive e rapide. Riteneva che l’apprendimento continuo dovesse coinvolgere anche la classe politica, per contrastare le crescenti difficoltà nel comprendere i processi innovativi. Si discuteva dell’opportunità della nuova metropoli, come modello per la rigenerazione dell’intero paese, secondo la logica della piattaforma condivisa capace di abbracciare un ampio spettro di esperienze internazionali. Un’intuizione che viene consegnata ai giovani cui ha dedicato l’ultima parte della sua costruttiva vita.

 

Giuseppe Longhi

 



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