23 settembre 2015

PARTIGIANI IN BORGHESE. DAL 1945 AL “BIPOLARE CONFUSO” DI OGGI


Se partiamo dal 25 aprile 1945, considerandola la data di inizio dell’Italia post-fascista, com’è arrivato il nostro Paese all’assetto politico attuale, che potremmo definire “bipolare confuso”? Con quali passaggi e con quali idee sottostanti? Un contributo di chiarezza viene da un libro recente del giovane storico Roberto Colozza, intitolato “Partigiani in borghese: Unità Popolare nell’Italia del dopoguerra” uscito da Franco Angeli nel giugno scorso (243 pp, 28 €), frutto di una ricerca condotta nell’ambito della Scuola superiore di studi storici dell’Istituto nazionale per la storia del movimento di Liberazione in Italia.

06morganti32FBLa ricerca, iniziata nel 2010, fu poi interrotta l’anno dopo col venir meno del finanziamento specifico. Ma Colozza continuò a indagare sul periodo storico fra la Liberazione e le elezioni del 1958 che “sancivano la stabilità quantitativa dei consensi ai principali partiti e fissavano posizioni che sarebbero rimaste invariate per lungo tempo.” Solo grazie a una fortunata combinazione fra l’editore Franco Angeli e l’Istituto per la storia della Resistenza di Torino il lavoro poté riprendere fino alla pubblicazione.

Quel periodo storico dal 1945 al 1958 fu largamente influenzato dal Movimento di Unità Popolare (UP). “Più prossima a un’attitudine ideale che a un movimento politico nel senso proprio del termine, UP non fu in grado di determinare le sorti della politica nazionale, ma lasciò tracce che a distanza di tempo sono riemerse influenzando il dibattito politico su temi chiave dell’identità nazionale. Dentro UP e nell’area politica afferente operarono molti degli intellettuali le cui riflessioni, minoritarie negli anni Cinquanta, sono state alla base del discorso pubblico istituzionale degli anni a venire. Il recupero della Resistenza come esperienza unificante della nazione repubblicana e il riconoscimento della Costituzione come tavola dei valori civici sono un lascito dell’antifascismo democratico, cui UP ha contribuito in maniera profonda.”.

Unità Popolare nacque nel 1953 per reagire e combattere la cosiddetta “legge truffa”, che avrebbe concesso un premio di maggioranza alla coalizione che avesse raggiunto il 50% dei voti. La denominazione di “truffa” nasceva da due fatti: (1) una sola era la coalizione che avrebbe potuto raggiungere il 50%: quella formata dalla DC con i partiti laici e (2) la DC avrebbe lucrato gran parte del premio e avrebbe potuto governare da sola. Al movimento parteciparono vari dissidenti dello PSDI e del Pri, che lasciarono quei partiti. Fra i primi Piero Calamandrei, Tristano Codignola, Piero Caleffi, Antonio Greppi, fra i secondi soprattutto la figura epica di Ferruccio Parri. Pochi lasciarono il Pli 8 (Partito Liberale Italiano): fra questi Arturo Carlo Jemolo, ma non Scalfari, né Mario Paggi, né Pannunzo con il gruppo de “Il Mondo”. Il risultato elettorale sancì la sconfitta della “legge truffa” per 54.000 voti, mentre UP ne raccolse 171.000. Alla vittoria contribuì anche l’Adn di Epicarmo Corbino, un altro profugo dal Pli.

Nei cinque anni successivi UP svolse un’intensa attività culturale: a Milano raccolse nel 1955 un gruppo di studenti universitari e liceali che organizzarono un corso sulla Costituzione italiana su progetto di Giuliana Gadola Beltrami. Le conferenze si svolsero nel “Salone degli Affreschi” dell’Umanitaria, cui partecipò un pubblico fino a 400 persone. Il corso fu avversato dai giornali della destra milanese finché il Provveditore agli studi di Milano, Michele Clausi Schettini non ne vietò la promozione nelle scuole milanesi con la motivazione che “il contenuto degli interventi appariva fazioso e diseducativo”. Solo l’intervento della prefettura dissuase il ministro dell’Istruzione Ermini dal proseguire le indagini, ma i giovani organizzatori furono schedati dalla Questura di Milano come sovversivi. Colozza, oltre a interrogare i pochi aderenti a UP superstiti, ha fatto anche un accorto lavoro di indagine presso gli archivi pubblici.

Unità Popolare si sciolse nel novembre 1957 dopo una lunga trattativa con lo Psi (quest’ultimo nel frattempo aveva sciolto il patto di unità d’azione con i comunisti), che portò alla confluenza di UP nello Psi: questa avvenne localmente in un clima a dir poco freddino da parte dei socialisti. Solo Caleffi, Codignola e Greppi furono gli ex-UP portati in parlamento nelle liste Psi alle politiche del 1958, oltre a Parri come indipendente al Senato. Una conclusione misera per una battaglia politica e culturale condotta per cinque anni da un’élite di grande valore e prestigio. Tanto rumore per nulla, direbbe Shakespeare. Ma forse non per nulla, come dimostra la vitalità di questo giornale.

 

Franco Morganti



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