16 settembre 2015

DOPO EXPO: MARONI E BALDUCCI VERSO BISANZIO


L’osservazione delle vicende del dopo Expo sarà un ottimo esercizio per chiunque cerchi di capire i mali del nostro Paese e il loro difficile risanamento, pur nella “era delle riforme renziane” che vorrebbero essere rapide ed efficaci. L’Italia, anche se geograficamente è più legata all’Impero romano di occidente, capitale Roma, culturalmente per alcuni aspetti ha scelto come capitale Bisanzio, culla del bizantinismo: la prassi delle interminabili discussioni, regno incontrastato della burocrazia e dei suoi sacerdoti.

01editoriale31FBDunque le ultime battute sulle aree del post Expo se le sono riservate il governatore Maroni e il neo assessore all’Urbanistica Sandro Balducci che ha affacciato qualche ipotesi sul loro utilizzo sentendosi dire da Maroni che l’ultima parola è la sua e sarà quella che scaturirà dal lavoro dall’advisor, il raggruppamento tra Arcotecnica Group e F&M Ingegneria che ha avuto un incarico da Arexpo: un caso tipico di carro davanti ai buoi.

A chi l’ultima parola, non dimenticando il balletto di Expo2015? Per il momento né il Governo, né la Regione, né il Comune di Milano (né ovviamente la Città Metropolitana che sarebbe il livello amministrativo più ovvio ma purtroppo nei fatti non esiste ancora) hanno espresso ancora un’opinione precisa sul destino di queste aree, si sono limitati a esprimere ipotesi nella maggior parte dei casi senza approfondire la riflessione a tutti gli aspetti, complicatissimi, di questa vicenda. È in poche parole mancata la dichiarazione di una vera volontà politica. L’advisor sarebbe dovuto arrivare dopo, non prima.

Questo è chiarissimo nel documento predisposto da Arexpo per la ricerca dell’advisor che nell’elencare le attività che quest’ultimo dovrà svolgere, oltre a quelle di natura tecnico conoscitiva, indica funzioni di scelta che a mio avviso dovrebbero essere strettamente di natura politica e coerenti a una visione generale di sviluppo del Paese .

Il fattore comune tra le opinioni espresse, ormai quasi uno slogan, è che questa delle aree Expo sia una grande occasione per il nostro Paese nel quadro di una politica di sviluppo fortemente incentrata sulla ricerca e, sull’onda del successo di Expo2015, mostrando all’Europa di cosa siamo capaci possibilmente nel solco delle politiche economiche e di sviluppo europeo (il nuovo Piano per l’Europa del Presidente Jean-Claude Juncker). Come declinare questo slogan e accettare questa sorta di sfida/obbiettivo è il nocciolo della questione e la sfida da vincere è contro noi stessi e il nostro bizantinismo, nella politica, nella prassi legislativa, nella cultura della frammentazione dei poteri.  Più centri di potere ci sono e più gente viene accontenta.

Nell’unico documento concreto offerto all’attenzione di chi ha interesse alla vicenda, traspare chiaramente e drammaticamente la frammentazione di poteri e la loro difficile governabilità in un contesto unitario di attività finalizzate: si tratta del documento Post Expo. Ipotesi di utilizzo delle aree interessate da Expo2015 del giugno scorso a cura dell’Agenzia del Demanio e della Cassa Depositi e Prestiti (CDP).

Basta osservare anche solo il numero dei soggetti coinvolti, i passaggi di natura urbanistica indispensabili all’attuazione del progetto (passaggi che sono quasi sempre espressione di conflitto politico tra amministrazioni di diverso colore), il forte condizionamento determinato dalle dinamiche del mercato immobiliare (di difficile previsione e indicato come fonte di reperimento di risorse), per capire come tutto concorra ad alzare la soglia di rischio di arrivare tardi all’appuntamento con la ricerca, con le dinamiche aziendali del privato, con le scadenze economiche e finanziarie interne al contesto del futuro di queste aree.

Quel che ancora manca in un documento di questo genere, presumo per ragioni di sintesi – il documento che si chiude con un crono programma e alcuni dati di esperienze straniere – è l’individuazione del cosiddetto percorso critico – CCPM (1) -, lo strumento di gestione che tra le varie attività individua quelle che vanno particolarmente controllate nei loro tempi di sviluppo perché condizionano irrimediabilmente e il rispetto del budget e i tempi finali: anche solo per arrivare in  tempo all’appuntamento con l’Europa.

Qualunque strada si sceglierà, qualunque sia l’indirizzo definitivo, l’individuazione del percorso critico sarà elemento essenziale per un corretto governo del processo a prescindere dall’incognita fondamentale della governance.

Giustamente il documento dell’Agenzia Demanio e CDP sottolinea l’incombere di rinnovi elettorali che incideranno sulla velocità del percorso e sulla sua linearità, ma questa è una delle tare del nostro Paese, dove al succedersi di amministrazioni di diverso colore vale la regola della tabula rasa: cancellare per quanto possibile le iniziative di chi ti ha preceduto. Tutto sempre appeso a un filo. Sottile e fragile. La conferma dell’attuale coalizione alle prossime elezioni amministrative diventa dunque un elemento essenziale, non certo il solo ma uno di quelli determinanti. Arrivare in tempo sarà in ogni caso un esempio di “resilienza” all’italiana.

Luca Beltrami Gadola

 

(1)  Eliyahu M. Goldratt, Critical chain, Great Barrington, MA: North River Press, 1997



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