16 settembre 2015

SPIEGARE L’ETEROLOGA AI BAMBINI: CON UNA FAVOLA


Raccontare al proprio figlio delle sue origini biologiche quando si è fatto ricorso alla fecondazione eterologa, quando cioè si è utilizzato, per concepire, un DNA (seme e/o ovocita) esterno alla coppia, è un tema certamente attuale ma ancora considerato tabù in un Paese, il nostro, che detiene il primato in materia di Turismo riproduttivo, avendo conquistato solo di recente la libertà di accedere a tecniche di fecondazione eterologa.

03fiorentino31FBIo l’ho fatto e ho deciso di scriverci un libro, per mia figlia e per tutti coloro che vorranno raccontare ai propri figli questa scelta. “Storia di Cristallo di Neve . Non di cavoli né di cicogne” (Valentina Edizioni) è un’occasione di dialogo a dimostrazione che la società può cambiare quando siamo noi i primi a farlo, quando cioè ci si mette in gioco e si riconosce che la realtà non è altro che l’insieme delle storie che noi stessi scriviamo in prima persona. In un’epoca in cui i cittadini si riuniscono per contrastare la “pericolosissima ideologia del Gender”, mentre nella Serenissima il primo cittadino getta al rogo i classici della letteratura infantile come in una grottesca parodia di Fahrenheit 451, ho sentito l’esigenza di dire a gran voce, alle 10 mila coppie che ogni anno si recano all’estero per poter procreare (fonte Associazione Luca Coscioni), che la fecondazione eterologa è una realtà che non può più essere ignorata. Sono ormai maturi i tempi per dibattere pubblicamente, con serietà e competenza, di tutti gli aspetti inerenti questo percorso: prima, durante e dopo.

Mi chiamo Francesca e sono la mamma di un Cristallo di Neve, di un embrione concepito in provetta con gameti donati. Desidero che mia figlia, e chi si occupa della sua crescita ed educazione, sappia del viaggio che la sua mamma ha compiuto per poterla stringere tra le braccia. Così le ho scritto una fiaba, illustrata dal prezioso pennello di Erica Lucchi, che la coraggiosa Valentina Brioschi ha deciso di pubblicare. Coraggiosa perché è la prima casa editrice per ragazzi ad affacciarsi su una realtà di cui si parla poco ma la cui incidenza nella quotidianità è ormai tale da meritare invece attenzione e sostegno. Se infatti è da poco che si è cominciato a trattare l’argomento nella parte più prettamente medica, del “dopo”, invece, non si discute. E la questione più cogente in questa fase è certamente il tema della narrazione delle proprie origini al nuovo nato.

Chiunque abbia fatto ricorso alla fecondazione eterologa ha pensato almeno una volta con ansia al momento in cui arriverà la fatidica domanda “Mamma mi racconti come sono nato!”. La maggioranza opta per il silenzio e il depistaggio informativo, per la paura di perdere l’affetto dei figli, delle chiacchiere di paese o dei compagni di scuola, per la paura cioè del “giudizio degli altri”. Scelta di tutto rispetto che richiede tuttavia un’attenta riflessione sulle conseguenze che può però comportare una scelta educativa basata sulla paura del giudizio degli “altri”. L’educazione di un figlio necessita infatti di scelte attive e consapevoli volte alla promozione di competenze, e non di una serie di azioni di fuga generate dalle insicurezze personali. Se noi genitori vogliamo veramente tutelare questi bambini, è fondamentale fornire loro gli strumenti utili a gestire al meglio gli (eventuali) giudizi degli “altri” piuttosto che metterli nella condizione di subire passivamente.

Dunque dire? Ritengo che non ci si possa in alcun modo sottrarre alla domanda che tutti i bimbi prima o poi ci pongono in merito a come sono stati concepiti. Questo anche in conseguenza della direttiva della Convenzione Internazionale dei diritti dell’infanzia, che promuove il diritto di ogni nuovo nato di sapere circa le proprie origini.

E cosa raccontare dunque? Prima di tutto è doveroso chiarire il ruolo dei donatori. Si sentono genitori dire che non racconteranno ai loro figli “degli altri genitori”, dei “genitori biologici”, perché questo potrebbe allontanare i figli da sé. Da un punto di vista giuridico e scientifico, questi bimbi hanno come genitori solo ed unicamente coloro che li hanno concepiti. I donatori donano, non concepiscono nulla. Con una similitudine possiamo dire che la gallina non è considerabile uno “chef biologico” solo perché ha messo a disposizione le uova per cuocere la torta! La donazione di una cellula, di un tessuto o di un organo non implica la realizzazione di alcun grado di parentela tra donante e ricevente.

Perciò, tornando al contenuto del racconto, la questione è molto più semplice di quanto si possa credere: ciò di cui c’è bisogno è una storia. Non importa quale, ciò che conta è che la storia raccontata consenta, nei nostri figli, la promozione della capacita di gestire attivamente ed efficacemente la propria “bio-grafia” (nel senso etimologico di “scrittura della vita”) e che consenta all’adulto che gli sta accanto di gestire attivamente eventuali criticità intrinseche alla crescita (da cui nessuno è esente a prescindere dalle origini biologiche). L’importante è mettere a disposizione del piccolo informazioni che potranno essere ulteriormente arricchite di dettagli durante la sua crescita.

Da qui l’utilità di “una” storia (come ricorda poeticissima premessa epistemologica del professor Gian Piero Turchi), e l’utilità specifica di “questa” storia (come illustra la psicologa Silvia de Aloe nella postfazione). È dunque nostra responsabilità non tanto inseguire “La Verità”, quanto piuttosto fornire una verità che sia comprensibile e utilizzabile concretamente dai nostri bimbi. Una volta si raccontava la storia dei cavoli e delle cicogne. Nel 2015 siamo felici di poter raccontare anche la storia di Cristallo di Neve e Mago Gelo. Esimerci da farlo, può salvarci forse nel qui e ora dall’affrontare le nostre ansie rinunciando però, al contempo, alla possibilità di costruire una società in grado di arricchirsi “integrando”. Ho la convinzione che questo libro possa essere un primo passo per aprire un fruttuoso dibattito lontano da pregiudizi e dal clima di caccia alle streghe che si respira nel Nord Est.

 

Francesca Fiorentino

 

 



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