9 settembre 2015

UN APPELLO E UNA SPERANZA LA “MARCIA DI DONNE E UOMINI SCALZI”


A Milano, come in altre città italiane, l’11 settembre ci sarà una marcia fatta da “donne e uomini scalzi, perché dare asilo a chi scappa dalle guerre significa costruire la pace” (ore 21 a Porta Genova). E dunque si intrecceranno le tante marce di chi cerca rifugio in Europa con l’accoglienza solidale dei cittadini, di associazioni di origine differenti, di municipalità attive. Accoglienza che si è fatta sempre più visibile nell’ultima settimana, di chi affianca lungo le rotte di questo esodo, di chi assiste e “welcomes” i profughi nelle stazioni delle grandi e piccole città.

02nannicini30FBSuccede che “la crisi dei rifugiati”, emersa nello spazio di un’estate e soprattutto in questi ultimi giorni, (con un’accelerazione notata anche dai giornali Usa), mostri di essere troppo grossa per un’Europa frammentata e sveli “un consistente problema di fallimento di leadership, di anticipazione, di visione” come scrive Paul Mason sul Guardian: crisi dei Governi nazionali che sono apparsi indifferenti e respingenti ai cittadini, crisi delle strutture europee (la crisi greca l’aveva già mostrato al mondo). Di fronte a questa crisi, cittadini e città si sono attivati, sostituendo per quanto possibile nei limiti del loro agire, Governi e istituzioni transnazionali. È questo agire che ha convinto Angela Merkel ad aprire le frontiere senza limiti ai siriani? Perché solo ai siriani?

È questa azione straordinaria che è la storia di Milano in atto da 22 mesi alla Stazione Centrale e poi in centinaia di altri luoghi diffusi, dai vari Centri islamici al Binario 21 – Memoriale della Shoah: “dare e fare accoglienza”, come diceva sabato sera alla Festa dell’Unità il sindaco Pisapia, a decine di migliaia di persone in transito dal Mediterraneo al Nord Europa. Milano è diventata una tappa che offre respiro e tregua. Questa straordinarietà non è certo un primato da rivendicare, quanto una storia che si è costruita tra tanti e tante, tra livelli diversi a dire che bisognava cominciare, che dare e fare accoglienza era imprescindibile.

Succede che in Italia, un gruppo di attori, registi e tanti protagonisti del mondo della cultura e delle amministrazioni il 2 settembre lanci dal Lido di Venezia, dove è in corso la Mostra Internazionale del Cinema, un appello per una “Marcia delle donne e degli uomini scalzi“: Milano, la “capitale dell’accoglienza” dei profughi, è tra le prime città ad aderire.

Maso Notarianni, giornalista e attivista, crea un evento su Facebook che in meno di ventiquattro ore raccoglie oltre mille adesioni. Contemporaneamente, un nutrito gruppo di cittadine e cittadini che, ispirandosi al docu-film “Io sto con la sposa” (la sposa siriana proprio dalla Stazione di Milano era partita nell’ottobre 2013 per raggiungere la Svezia), aveva già organizzato un anno fa un flashmob a sostegno del diritto di asilo in Piazza Duomo, inizia ad attivarsi per contattare quante più organizzazioni possibili. Si fa quindi la cosa più logica: si uniscono le forze e a oggi, grazie agli sforzi congiunti, si registrano più di 4000 adesioni individuali e quelle di oltre 100 organizzazioni diversissime tra loro.

L’incredibile risposta di Milano nasce anche dal lavoro di tanti mesi del foltissimo gruppo di volontari coordinati dal Comune di Milano (che si è a sua volta fatto parte attiva nell’accoglienza dei profughi insieme a vari enti del terzo settore) presidiando la Stazione Centrale e offrendo assistenza e conforto a chi transita, da tantissimi privati cittadini che si sono attivati per portare cibo, vestiti, giocattoli, prodotti per l’igiene personale nelle stazioni e nei centri di accoglienza, da varie associazioni che organizzano da mesi manifestazioni e presidi come quello per “i nuovi desaparecidos” del Comitato Milano Senza Frontiere che va avanti da vari mesi tutti i giovedì in Piazza della Scala.

Chi scrive qui auspica che la “Marcia delle donne e degli uomini scalzi” di Milano possa contribuire a lanciare un appello della città, sottoscritto in primis dal suo Sindaco, rivolto ai ministri europei che si riuniranno il 14 settembre a Bruxelles sull’emergenza profughi, (che non è più e mai più sarà ‘emergenza’ ma fenomeno destinato a restare per i vent’anni futuri). Un appello che sottolinei la necessità di attuare immediatamente la protezione umanitaria temporanea europea (direttiva 55/2001), strumento legislativo comunitario già esistente ma mai attuato e che consente il rapido riconoscimento della così detta protezione umanitaria europea a chi è in fuga da alcuni paesi, previa definizione di quote di accoglienza suddivise tra gli stati membri.

Se è necessario un passo nella direzione di un vero e proprio diritto di asilo europeo, come anche il presidente Mattarella sollecita, tuttavia la drammaticità della situazione richiede che i paesi membri intervengano subito, decretando che siamo di fronte a un afflusso massiccio di sfollati, a cui concedere una protezione umanitaria temporanea, non essendo possibile aspettare i tempi di una riforma più complessiva che richiederà anni.

Questo significa consentire ai profughi, ai siriani ma anche agli afghani, agli eritrei e a tutti coloro che scappano da regimi, di entrare da subito in possesso di un permesso di soggiorno per motivi umanitari in tutti i paesi d’approdo e di potersi spostare legalmente tra un paese e l’altro per ricongiungersi con i propri familiari, affossando le reti dei trafficanti sui passaggi intracomunitari. In altri termini ciò significa prendere atto che si deve dare una risposta veloce a chi, in ogni caso, abbiamo l’obbligo di proteggere, cioè a tutte le persone portatrici di un diritto alla protezione (che viene prima del diritto di asilo).

Auspichiamo anche, e sollecitiamo, che l’amministrazione milanese, nell’ultima fase di Expo, si faccia promotrice su questo straordinario palcoscenico internazionale della necessità urgente del varo di questa protezione, della richiesta di interventi a livello delle istituzioni europee e nazionali, mettendo a valore la propria storia e quella di migliaia di cittadini del continente, sviluppando un dialogo con la rete Città Rifugio lanciata dalla sindaca di Barcellona Ada Colau. Perché sono le città, dove si esercita “La solidarietà e la partecipazione dei cittadini, che saranno una chiave per obbligare gli Stati a reagire“.

 

Adriana Nannicini, Paolo Oddi, Daniela Pistillo

 

 



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