2 novembre 2009

BRERA DOVE VA L’ACCADEMIA


Esiste il problema del trasferimento dell’Accademia d’Arte dalla sede attuale, che è il Museo-Pinacoteca di Brera, oggi sovraffollato, alla nuova sede, che sarà la caserma di via Mascheroni, non più occupata dai militari. Un problema che sta suscitando vivaci polemiche tra chi è favorevole al trasferimento e chi lo osteggia. A sostegno del trasferimento si sono fatte sentire autorevoli voci, tra cui anche quella di Dario Fo; e sono voci che fanno valere soprattutto due ragioni: in primo luogo è bene che gli studenti dell’Accademia svolgano il loro apprendimento restando a contatto con i capolavori originali conservati nel Museo, da questi ultimi possono, infatti, apprendere per via diretta i fondamenti della loro disciplina. In secondo luogo è male che il trasferimento sia imposto d’autorità, senza ascoltare le diverse categorie presenti nell’Accademia; e tra queste soprattutto quella rappresentata dagli studenti.

Apparentemente le due ragioni sono serie e condivisibili, in realtà sono poco convincenti perché travisano, anche se credono di prenderne le difese, il concetto di democrazia. La democrazia, infatti, sancisce che l’autorità pubblica si basa sul maggior numero di consensi, e premia le scelte fatte dalla maggioranza. Fa prevalere, in sostanza, ciò che risulta essere un bene per la porzione più numerosa dei cittadini.

Se queste sono le regole della democrazia non vi è dubbio che il trasferimento dell’Accademia nella nuova sede va considerato un atto più democratico di quanto non lo sia la sua permanenza nella sede attuale. I benefici del trasferimento, infatti, si estendono a un numero di persone di gran lunga più alto.

I numerosi dipinti e oggetti d’arte, oggi ammassati nei magazzini della Pinacoteca, troverebbero finalmente il modo di essere esposti nelle ampie sale non più occupate dalle aule e dagli uffici dell’Accademia, potrebbero perciò essere mostrati e fatti conoscere alle migliaia di visitatori che, come si sa, provengono da tutto il mondo; nonché possono essere messi a portata di mano di quegli stessi studenti che ora non li possono né conoscere né studiare.

Il vantaggio sotto l’aspetto non solo numerico ma anche del prestigio cittadino e dell’attrattiva culturale diventa sensibilmente più rilevante: un bene pubblico che oggi è tenuto forzatamente nascosto risulta accessibile a tutti; e viene messo a disposizione dell’intera collettività che fino ad oggi lo ha ignorato. Sarebbe profondamente antidemocratico sacrificare, per il limitato contingente di studenti che frequentano l’Accademia, un tesoro artistico che interessa migliaia di appassionati e studiosi dell’arte.

Vi è inoltre un secondo vantaggio: non solo sono resi visibili molti tesori per ora inaccessibili, ma viene anche fornita la facoltà di arricchire la Pinacoteca con nuove future acquisizioni; queste, infatti, potranno finalmente trovare collocazione nei nuovi ambienti che ancora mancano. È perciò data a Brera la condizione imprescindibile e vitale per qualsiasi museo moderno: quella di potersi ingrandire.

Si aggiungono a queste considerazioni logistiche riferite all’organizzazione del Museo, anche altre di natura urbanistica, relative alla collocazione del Museo all’interno delle città.

In Europa il centro antico delle città è destinato, per tradizione e per vocazione, a ospitare i principali monumenti civici, tra i quali primeggiano i musei.

Nei centri storici delle città europee si ritrovano, riuniti, e quindi frequentabili da tutti, le più importanti testimonianze della storia urbana. A esse i cittadini si sentono legati da ricordi e da affetti; mentre da essi i visitatori sono attratti perché desiderosi di scoprirli e di conoscerli. Essendo centri di cultura è giusto che i Musei siano collocati in posizione baricentrica, ossia nel centro storico della città, dove stanno a simboleggiare il polo intellettuale dell’intera comunità urbana. Al contrario le scuole, come organismi destinati all’istruzione, è consigliabile che siano collocate in vicinanza delle zone residenziali, che siano accessibili dai principali mezzi di comunicazione, anche per chi proviene da aree periferiche; e che siano dislocate dove servono ad adempiere anzitutto un servizio sociale piuttosto che a rappresentare un valore simbolico.

Per il complesso monumentale di Brera non vi è dubbio che la destinazione di museo prevalga di gran lunga su quella di scuola. Non essendoci spazio per ospitare entrambe è inevitabile ed è giusto trasferire la scuola in posizione urbana decentrata e allargare il museo conservandolo nella sede attuale, posta nel cuore antico della città.

Vi sono tuttavia due raccomandazioni da rivolgere alle Autorità responsabili del trasferimento: la prima riguarda la procedura con cui viene attuata la trasformazione della caserma in scuola; la seconda riguarda le modalità con cui viene progettato l’ampliamento del museo.

 

Una caserma, di regola, presenta spazi interni poco accoglienti, privi di valore architettonico, concepiti soprattutto come ambienti pratici e funzionali. Sarebbe ben triste se questi stessi ambienti, così poveri di qualità spaziali, permanessero nell’edificio della caserma anche dopo la sua nuova destinazione, ne sarebbero mortificate le legittime aspettative degli studenti e il loro desiderio di essere ospitati in ambienti dignitosi, accoglienti, stimolanti.

La trasformazione della caserma in scuola è tema di progettazione architettonica non secondario né insignificante. Richiede un intervento sull’esistente che sia equilibrato, e di buon senso, ma anche ricco d’inventiva, una trasformazione dello stato attuale che sia poco costosa ma nello stesso tempo geniale e brillante.

La Direzione dell’Accademia e gli altri organi competenti dovrebbero sentirsi in dovere di bandire un concorso pubblico nazionale e offrire agli architetti italiani la possibilità di esplicare le loro doti su un tema socialmente impegnativo.

Non diversamente va considerato l’ampliamento del Museo-Pinacoteca di Brera: tema architettonico affascinante e delicato. Per il quale sarebbe auspicabile un regolare concorso pubblico che, data la notorietà dell’edificio, dovrebbe essere internazionale, ossia aperto a tutti i migliori progettisti viventi, sia di fama consolidata sia di talento emergente. Preoccupa una proposta, per ora solo ventilata e fortunatamente non ancora ufficiale, che intende stendere un’ampia copertura vetrata sul cortile d’onore del Palazzo di Brera: sarebbe la morte del suo doppio loggiato, il quale vive, vibra e si anima se colpito dalla luce diretta del sole (quando c’è), oppure si sfuma e si ammorbidisce, se avvolto da un tenue velo di nebbia (quando questa torna ancora a calare). In entrambi i casi il maestoso cortile a logge sovrapposte mantiene l’intero suo fascino, purché non venga imprigionato sotto un gelido e cadaverico sudario.

Il trasferimento dell’Accademia ed il conseguente ampliamento di Brera rientrano nelle opere importanti di trasformazione della città. Poiché di recente la maggior parte di queste opere sono state condotte e completate per iniziativa privata, sarebbe dovere degli Enti Competenti imporre il bando di concorso pubblico per la trasformazione della Caserma e l’ampliamento del Museo, essendo entrambi opere di proprietà pubblica, cioè finanziate con denaro di tutti noi. E ciò non soltanto per un atto di giustizia e di democrazia, quanto per un saggio criterio di utilità: è utile, infatti, avvalersi di molti bravi professionisti, anche giovani, che in un momento di crisi come l’attuale non hanno altro modo di far conoscere le loro idee e le loro capacità; è utile fare appello alle migliori intelligenze del Paese per non lasciare inutilizzato e sconosciuto un loro contributo che sarebbe di giovamento per la intera collettività.

Jacopo Gardella



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