22 luglio 2015

MILANO. DOPO L’UNO-DUE LA SINISTRA VA AL TAPPETO


Le metafore sportive sono diventate parte del linguaggio della sinistra maggioritaria. Proprio così, e dunque possiamo dire che le dimissioni di Ada Lucia De Cesaris e il gran rifiuto di Giuliano Pisapia sono l’uno-due, i colpi che hanno steso al tappeto la sinistra: ora è cominciato il conteggio. Per fortuna non si ferma al dieci come nella boxe ma dà tempo fino al maggio del 2016 per rialzarsi e combattere di nuovo. Nulla è ancora perduto.

01editoriale28FBQualche riflessione ce la dobbiamo comunque fare, limitandoci a quello che è comparso sulla stampa o nei comunicati ufficiali. Se dessimo retta ai rumors non potremmo evitare una notevole irritazione e l’affacciarsi di giudizi assai poco lusinghieri sugli attori in commedia. Veniamo allora ai fatti noti. Giuliano Pisapia ci ha ricordato di aver detto in campagna elettorale che il suo obiettivo era un solo mandato. Fino a qualche mese fa ce ne eravamo scordati o forse pensavamo che fosse una battuta elettorale, una delle tante che si fanno in quel momento e delle quali magari ci si dimentica. Sordo agli appelli tiene duro e dunque il colpo arriva. Quanto a Ada Lucia De Cesaris, il colpo che stende, le cose sono più complicate: dice che è venuto meno il rapporto di fiducia tra la maggioranza in Consiglio e lei. Mi auguro che siano altre le ragioni perché se è solo questa proprio non ci siamo.

Dobbiamo fare un passo indietro e riguardarci la legge 25 marzo 1993, n. 81 e il decreto legislativo 18 agosto 2000 n°267, per farla breve le norme che concernono l’elezione diretta del sindaco e la formazione della Giunta comunale: siamo passati da un regime di tipo parlamentare a un regime di tipo presidenziale nel nome della “stabilità” dell’esecutivo. I risultati si sono visti e si vedono. Dal ’93 le cose sono dunque cambiate e i primi a rendersene conto dovrebbero essere i cosiddetti “politici”. Il sindaco viene eletto direttamente dai cittadini insieme ai consiglieri comunali: sono gli unici ad avere una legittimazione popolare. La Giunta invece è nominata dal sindaco e dunque gli assessori non hanno alcuna legittimazione popolare. Nel nominare la sua Giunta il sindaco non ha alcun vincolo, sceglie chi vuole tra i cittadini elettori con qualche limitazione che per brevità non elencheremo. Se tra i prescelti vi è un consigliere eletto, decade dalla carica e questo conferma in qualche modo la non necessità di legittimazione popolare.

Come sceglie il sindaco i suoi assessori? Teoricamente come vuole ma certo con attenzione al partito o alla coalizione che l’ha eletto. Mini manuale Cencelli con qualche deroga.  Dopo pochi giorni dalla sua elezione il sindaco va in Consiglio comunale e presenta Giunta, programma e deleghe assegnate agli assessori: il Consiglio non approva né disapprova, ne prende atto. Fin qui per dire che gli assessori sono dei ”delegati” del sindaco (la delega assessorile) che ne fissa gli ambiti.

La delega nel diritto amministrativo è il provvedimento col quale un’autorità amministrativa – il sindaco nel nostro caso – sostituisce a sé un’altra autorità nell’esercizio di funzioni che sono di sua competenza. Il delegato agisce come se fosse il delegante e dunque, nel nostro caso, non esiste ovviamente una mancanza di fiducia nei confronti di un assessore da parte del Consiglio comunale bensì una mancanza di fiducia verso il sindaco suo delegante. Il sindaco in una situazione del genere, se lo ritiene, revoca la delega e ne ha la totale facoltà, senza nemmeno l’obbligo di giustificare il suo atto di fronte al Consiglio comunale. Vedi il caso Boeri.

Quello che è successo è tutt’altra cosa: un’assessora si dimette, riconsegna le deleghe a causa, dice, di una mancanza di fiducia nei suoi confronti da parte del Consiglio, fiducia che non può venir meno non essendo mai stata data. Il Sindaco invece di andare in Consiglio e porre una questione di fiducia nei “suoi” confronti di delegante, prende atto delle dimissioni e si augura che siano ritirate. A mio avviso scarso rispetto delle istituzioni: le forme sono anche sostanza.

La soglia del ridicolo si è sfiorata con la serata del 13 alla Casa della Cultura alla presentazione del lavoro del Consiglio degli 11, i cui contenuti sono commentati su questo numero di ArcipelagoMilano da Giuseppe Ucciero. In quell’occasione nel suo intervento il sindaco ribadì il giudizio positivo sul lavoro della sua Giunta dalla quale il giorno dopo un’assessora si dimette: quest’ultima poteva ignorare la manifestazione alla Casa della Cultura? Non poteva immaginare che il suo sindaco delegante avrebbe dato un giudizio positivo sull’attività della Giunta? Perché contraddirlo il giorno dopo? Peccato, un passo falso dopo tanti passi giusti.

Un’ultima considerazione. Le norme attuali sull’ordinamento degli enti locali hanno determinato uno iato profondo tra Giunta, sindaco e Consiglio comunale, riducendo le competenze di quest’ultimo in maniera drastica, in sostanza solo alla materia urbanistica e di bilancio: un po’ poco per chi ha una legittimazione popolare rispetto a chi non l’ha. Rapporti dunque difficili e se ne vedono gli effetti. Se aggiungiamo uno scarso senso delle istituzioni, ambizioni elettorali emergenti, atteggiamenti da dilettanti allo sbaraglio, il futuro sembra non riservarci sorprese piacevoli.

 

Luca Beltrami Gadola



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