22 luglio 2015

MILANO A LUCI ROSSE. UN DIBATTITO APERTO


Insule off limits” e “zone informali di attività” da definire con il concorso di tutti gli attori locali: sono questi i punti cardine della mozione presentata dal gruppo dei Radicali al Comune di Milano per affrontare e governare i problemi connessi alla prostituzione su strada. Dopo Roma, dove la discussione sullo “zoning” impegna da mesi in un aspro dibattito le amministrazioni locali, i partiti e la società civile, nella città meneghina la proposta è già stata approvata dal Consiglio di Zona 2 (a favore hanno votato 14 consiglieri appartenenti a vari gruppi politici, dal PD a Sel a Sovranità; contro, 8 consiglieri di Lega e Forza Italia, e un consigliere del PD).

05serughetti28FBMa l’iter del provvedimento si preannuncia tutt’altro che pacifico: è già pronta una mozione anti-zoning che vede come firmataria la consigliera PD Rosaria Iardino, nota per le sue battaglie per i diritti civili, che chiede un impegno nella direzione del contrasto della prostituzione, decretandone la non tollerabilità in alcuna forma. Senza contare che la Lega insiste, invece, sul referendum per abrogare la legge Merlin del ’58, riaprire le case e rimuovere il commercio sessuale dalle strade, e ha proposto in Regione Lombardia l’istituzione di un registro per chi esercita la prostituzione, con relativa tassazione dell’attività.

Tra chi vuole governare il fenomeno, chi vuole abolirlo e chi vuole nasconderlo il più possibile alla vista il dialogo sembra tutt’altro che facile. Eppure c’è un dato riconosciuto da tutti: la situazione attuale sulle strade delle città italiane è fonte di gravi pericoli e disagi per chi esercita la prostituzione, e motivo di malessere per chi vive la città. Sappiamo che a prostituirsi in strada sono in maggioranza donne, uomini e trans straniere, molte delle quali subiscono vari gradi di controllo e coercizione da parte di organizzazioni criminali. Sappiamo anche che spesso, tra la cittadinanza, non sono benvenute, che i residenti dei quartieri dove si concentra la prostituzione ne lamentano l’impatto sulla vita delle comunità locali e sull’agibilità degli spazi pubblici.

I territori urbani, dove le questioni irrisolte a livello nazionale finiscono per produrre conflitti, rispondono con le misure più disparate, dall’apertura di bordelli comunali (proposta del sindaco di Spresiano, provincia di Treviso), alla pubblicazione di gigantografie dei clienti colti in flagrante (l’idea è del primo cittadino di Francavilla al Mare, provincia di Chieti), passando per le sempreverdi ordinanze anti-prostituzione del tipo recentemente emanato a Rho per i mesi dell’Expo.

Ma esiste una risposta possibile che, senza chiudere gli occhi sui problemi, provi a intervenire nel rispetto dei bisogni e delle volontà di tutti i soggetti coinvolti? E che non abbia come obiettivo quello di escludere o marginalizzare le persone che si prostituiscono in strada, ma quello di garantirne la protezione dalla violenza, la salute, e la possibilità di fuoriuscita da condizioni di sfruttamento?

Nelle sue realizzazioni migliori, lo zoning, in Italia e in altri paesi, è stato questo. L’idea di una politica possibile, spesso costruita al di fuori di un vero quadro normativo, in cui protagonisti fossero i soggetti che abitano un territorio, chi esercita la prostituzione in strada, e tutti i servizi interessati a garantire la loro salute e sicurezza (servizi pubblici sociali e sanitari, progetti antitratta e di riduzione del danno, forze dell’ordine). Un metodo, uno strumento di mediazione sociale, quindi, che crede nella possibilità di costruire collettivamente una lettura dello spazio urbano e un insieme di misure che, mentre si preoccupano di rispondere alla domanda di decoro o di quiete dei residenti, mirino però soprattutto ad assicurare condizioni dignitose e maggiori tutele per chi lavora sulla strada. La proposta dei Radicali a Milano, che – come ha spiegato Yuri Guaiana, consigliere radicale di Zona 2 – è stata stilata con la consulenza dello storico Comitato per i Diritti Civili delle Prostitute, si ispira a questi principi, che hanno in Italia un precedente nella città di Venezia.

A Mestre lo zoning, scrivono Francesco Carchedi, Federica Dolente e Vittoria Tola nel libro Lo zoning possibile (Franco Angeli, 2008), non è consistito nella definizione di “una zona circoscritta entro confini predeterminati”, ma nella creazione di “un dispositivo flessibile e al contempo severo” capace di adattarsi al cambiamenti dei luoghi di esercizio, individuando di volta in volta le zone “off limits”, di garantire “il rispetto delle donne che esercitano la prostituzione volontaria e il contrasto (come impegno delle autorità di polizia) delle reti criminali di sfruttamento”, e insieme “il rispetto dei cittadini che non tollerano l’esercizio della prostituzione in prossimità delle proprie abitazioni”. I risultati, su quel territorio, sono stati positivi nel tempo, con un aumento considerevole anche nel numero di donne che si sono rivolte ai servizi ex art. 18 per la fuoriuscita da situazioni di tratta e sfruttamento.

Oggi, in una città come Milano, i problemi principali con cui un modello simile si deve confrontare sono la forte mobilità e il crescente turn over nelle presenze in strada, che rischiano di rendere illusoria la concertazione continuativa delle politiche con i soggetti coinvolti. Il dibattito è quindi aperto su come farsi carico delle situazioni di bisogno e di pericolo delle persone che si prostituiscono, ma è un problema che bisogna affrontare.

 

Giorgia Serughetti

 



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali




Ultimi commenti