15 luglio 2015

IL RUOLO DI MILANO: GUIDARE L’INNOVAZIONE


Piero Bassetti nel suo discorso alla Triennale in occasione della presentazione del libro di Franco D’Alfonso “Il partito della città” ricorda il fondamentale ruolo di leadership della metropoli milanese nell’attuale mondo glo-local, un ruolo che la pone come naturale guida di una nazione in crisi e, dati gli avvenimenti di questi giorni, rilevante forza guida di un Mediterraneo e di un’Unione europea ugualmente in crisi. Bassetti con il suo pensiero è in sintonia con la filosofia della città ‘aperta’ a tutti i portatori di interesse promossa dall’Unione europea, destinata non solo a ottimizzare il beneficio dei residenti, ma ad esportare capacità nel mondo globale.

02longhi27FBUgualmente egli si connette all’idea di città ‘delirante’ sostenuta da Massimo Cacciari nel suo ‘La città‘ (Pazzini editore). Cacciari ricorda che il carattere programmatico della civitas romana è quello di crescere: non c’è civitas che non deliri (la lira è il solco, il segno che delimitava la città, delirio quindi vuol dire uscire dalla lira, andare oltre il confine della città). Bassetti dunque sollecita un’idea di metropoli ‘aperta’ capace di coltivare la grande idea della civitas, capace di accogliere gente diversa proveniente da tutte le parti, che parla tutte le lingue, pratica tutte le religioni, con un’unica missione.

Ma come costruire la leadership per un’idea tanto complessa? Per la governance di questa metropoli egli confida su formazioni politiche locali in antitesi agli storici partiti; penso che questa idea vada integrata con forme di leadership più complesse, la cui incubazione potrebbe essere sperimentata in occasione del nascente piano strategico metropolitano, chiamato a identificare forme innovative di organizzazione dello spazio e delle risorse umane.

Per quanto riguarda lo spazio la metropoli ha il non semplice compito di gestire la dialettica fra tre entità:

– la metropoli municipale, composta da 134 comuni, esito della legge Delrio e composta dalla ex Provincia;

– le megalopoli policentrica, identificata dal Censis, con i suoi circa 8 milioni di abitanti, che si identifica con la padania;

– la megalopoli ad alta connettività, che si identifica con il sistema delle reti e delle relazioni che confluiscono o partono dai primi due sistemi.

Per gestire un sistema di relazioni così complesso e ad alta variabilità la filosofia della città aperta vede politici e amministratori non come passivi gestori della cosa pubblica ma come dinamici attrattori di portatori d’interesse e generatori di nuova progettualità e ricchezza. Si intravede così un’evoluzione delle storiche forme organizzative dei partiti e delle pubbliche amministrazioni nel modello degli urban living lab, di cui si è già parlato in questa rivista.

In questa direzione il piano metropolitano potrebbe sperimentare forme di generazione e diffusione di idee grazie a strutture collaborative collocate in modo diffusivo nella metropoli, applicando alle idee quella forma felice di allocazione quasi spontanea sperimentata in un percorso che va dalla storica Fiera del mobile ai moderni hackathon (un percorso che viene applicato con crescente intensità a Londra).

Il living lab metropolitano è chiamato a una missione radicale: stimolare il ripensamento del ruolo della pubblica amministrazione per accelerare i processi innovativi. Secondo la ricerca “Reimagine governance” dell’Institute for the Future, la gestione della metropoli deve abbandonare la tendenza a usare strumenti del XVIII secolo per risolvere i problemi del XXI secolo; una tendenza destinata oltre che a generare fallimenti oggi, a limitare le scelte delle generazioni future.

Secondo questa ricerca i pubblici amministratori sono destinati a diventare inventori sociali, in un rapporto interattivo con cittadini e portatori d’interesse, grazie a un processo organizzativo teso a esplorare un’ampia gamma di possibilità future e di re-immaginare la società metropolitana per un’età di sfide globali e di più alta responsabilità umana.

Il ripensamento del ruolo della pubblica amministrazione sta attraversando tutto il mondo occidentale, specie sotto la spinta dei modelli di relazione innovativi permessi dalle nuove tecnologie, innovazioni cha attraversano tutti i ceti e classi di età. Minor attenzione è data alla tolleranza e all’accettazione del diverso, in questo un’amministrazione della metropoli lombarda rinnovata e ispirata ai valori di accoglienza che animano la civitas potrebbe essere un evento virtuosamente dirompente sia sullo scenario nazionale che internazionale.

Accelerare i processi innovativi. È indubbio che il ruolo chiave della metropoli lombarda è quello di guidare il paese fuori dall’impasse in cui è caduto con l’esaurirsi dei processi di industrializzazione che hanno caratterizzato il secondo dopoguerra e con l’acritica liquidazione di quegli assetti, imposta in misura rilevante dall’Unione europea (ma anche l’incapacità della nostra classe dirigente non deve essere sottaciuta). La metropoli lombarda deve acquisire a tappe forzate la leadership dell’innovazione, per avviare il paese (ma anche il Mediterraneo e tanti contesti internazionali) verso la terza rivoluzione industriale.

Un notevole contributo in questa direzione è dato da un gruppo di studiosi (R. Cappellin, M. Baravelli, M. Bellandi, R. Camagni, E. Ciciotti, E. Marelli) che si sono fatti carico di attivare la piattaforma aperta di discussione “Crescita, investimenti, territorio” la quale coinvolge più di 50 fra docenti, ricercatori, imprenditori, amministratori pubblici, sindacalisti.

Il risultato di questo living lab è testimoniato dall’e-book (scaricabile gratuitamente) “Investimenti, innovazione e città. Una nuova politica industriale per la crescita“, che definisce le condizioni e le modalità per individuare, promuovere, attuare un massiccio piano di investimenti pubblici e privati, nazionali, regionali e locali, che operi come “motore trainante” del rilancio della crescita e dell’occupazione.

Grazie a questi contributi si delinea un percorso fondato sulla creazione di nuove infrastrutture ‘abilitanti’ destinate a supportare le nuove produzioni ‘abilitanti’ su cui si fonda il processo di ammodernamento dell’Ue, sui nuovi livelli di connettività imposti da Internet of Things e sull’aumento di biodiversità indispensabile per fornire risorse essenziali alla popolazione.

Grazie a queste infrastrutture nasceranno le nuove fabbriche urbane, i nuovi oggetti interattivi e biocompatibili, e si spera, cittadini con una dose accresciuta di talento e di ospitalità.

 

Giuseppe Longhi



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