15 luglio 2015

L’ALTRO CONSUMO DI SUOLO AGRICOLO


La Regione ha promulgato nel novembre 2014 la Legge 31 finalizzata a limitare il consumo di suolo agricolo contenendo o limitando l’espansione dei centri urbani, quindi normando il consumo di suolo agricolo per motivi esogeni, quelli che agiscono dall’esterno.

Le legge, come si usa da noi, contiene anche altri argomenti, e come si usa da noi entrerà a regime in un paio d’anni, e come sempre si usa da noi, dopo nove mesi è già in revisione, almeno per quanto sentito affermare in un convegno da chi se ne occupa in Regione: e forse questa volta è un bene o almeno una opportunità. Per non limitarsi ad affinare il consumo di suolo esogeno ma per affrontare quello endogeno, il consumo di suolo agricolo che viene dal mondo dell’agricoltura, che la legge ignora, e che è invece più rilevante, subdolo, trascurato e difficile da contenere.

08favole27fFBUn passo indietro: le aree agricole sono normate nella Legge Regionale urbanistica 12/05 dagli artt.59 e seguenti, in modo generico, come se la situazione della Valtellina e la pianura cremonese avessero gli stessi problemi, e lasco, permissivo, ricalcando, senza rivederli i criteri statali che avevano qualche decina d’anni e il riferimento a un’Italia ancora agricola. Legge che ammette la libera o quasi edificazione di attrezzature (silos, stalle, tettoie, ecc) senza verifica dei fabbisogni, e di nuove abitazioni in campagna solo per addetti all’agricoltura. Le province – o ex province – hanno fatto un passo avanti, normando le aree agricole strategiche, cioè quelle di valore strutturale e teoricamente immodificabili in futuro, per qualità agronomica, e paesaggistica. Bene, ma gli imprenditori agricoli sono rimasti pochissimi e sono moltissime le cascine dismesse almeno per quanto riguarda le attrezzature: si è conservata la residenza dei proprietari che non fanno più gli agricoltori, mentre stalle, silos, ecc. ecc. sono in disuso e abbandonati.

Il primo argomento è verificare in modo molto stringente che chi vuole edificare in zona agricola sia veramente un imprenditore: i sotterfugi sono molti. Nella mia esperienza ricordo un comune dove i due capogruppo di maggioranza e minoranza si erano costruiti due grandi ville in campagna, definite “la casa bianca” (ex DC) e la “casa nera” (ex PCI) con la motivazione che le mogli erano “imprenditrici agricole”. Casi innumerevoli a seguire e ovunque: trucco seguito dalla casa costruita da un vero imprenditore che non ne ha alcun bisogno e il giorno dopo la affitta al vero richiedente che è un cittadino desideroso di vivere in campagna, con giardino e connessi, per poi venderla scaduti i vincoli temporali. Un bel consumo di suolo endogeno.

Il secondo argomento è decidere cosa si fa dei manufatti abbandonati, che occupano suolo e infestano il paesaggio: la cultura corrente è per il recupero a oltranza: dell’edificato, come per il maiale, visto che siamo in campagna, non si butta nulla. Quindi i PGT ammettono il recupero delle residenze con incentivi volumetrici per favorirlo, per case generiche e non di addetti, e in casi estremi anche il recupero al 50% o 100% della superficie dei rustici a fini residenziali o per la trasformazione in agriturismo.

Così le aree agricole non strategiche si popolano di una miriade di piccoli nuclei residenziali extraurbani, con i problemi conseguenti, di servizi, future richieste di incremento, infrastrutture e costi di gestione, basti pensare allo scuolabus che raccoglie bimbi sparsi per il territorio che certamente non vanno a scuola col Pedibus.

In questo mi sembra preoccupante la norma del Parco Sud Milano, che si definisce agricolo, art 25, perché ammette la trasformazione d’uso degli immobili abbandonati: appunto, e non ha una norma stringente sul recupero uguale per tutti i comuni, che operano a discrezione. Quante centinaia sono le cascine con parti abbandonate nel Parco Agricolo Sud Milano? E che fine stanno facendo?

In questa situazione i comuni, senza un ombrello rigido regionale, sono deboli, perché non hanno strumenti di controllo degli abusi e se anche li scoprono non sanno poi cosa devono fare: demolire le case di finti agricoltori? Ma lo avete mai sentito?

D’altra parte sono deboli di fronte alla cultura (o alla speculazione, vera e non urbana) del recupero a tutti i costi, perché i proprietari premono, la legge non aiuta e non hanno risorse.

Voglio aggiungere che nelle zone agricole gli imprenditori veri sono ormai pochissimi e con pochissime esigenze oltre quella di poter lavorare con la loro casa e le loro attrezzature: molti altri, posto che siano imprenditori veri, possono vivere benissimo nei centri abitati e senza privilegi, come le norme per i florovivaisti, legittimati a costruirsi una villa nel vivaio! quindi bisognerebbe preoccuparsi dei pochissimi veri e non dei moltissimi finti, se la legge riguarda il consumo di suolo agricolo e quindi anche il recupero -finalmente – di quello abusato che si può restituire alla agricoltura.

Quindi spunti per la revisione della L.R. 31magari un po’ massimalisti, ma sono ben certo che le leggi sono per loro natura un po’ deboli e se partono deboli sono inutili.

1 – Nessuna nuova abitazione, solo recupero o demolizione e ricostruzione dell’esistente: con l’esperienza di 14 PGT e di molti PRG credo che solo così avremmo una disponibilità di case dieci volte il fabbisogno. 2 – Ammissione di nuove attrezzature solo a fronte di un piano industriale dell’imprenditore. 3 – Norme precise per la trasformazione e contingentamento degli agriturismo e simili. 4 – Nessun recupero di attrezzature dismesse a fini residenziali.

Anzi, salvo le pochissime cascine monumentali, le altre si possono demolire, ricorrendo alla perequazione, con attribuzione per compenso ai proprietari di diritti volumetrici nell’urbano, basta impostare in questo senso le norme come la legge regionale ammette.

Magari aggiungendo una norma sulla qualità architettonica degli edifici: ho imparato da Rogers, da studente, che gli edifici tradizionali in campagna stanno bene perché il loro disegno, i materiali, le proporzioni sono parte “naturale” del paesaggio, mentre questo oggi si è perduto, perché gli edifici in campagna hanno le stesse caratteristiche di quelli urbani, quindi …

 

Paolo Favole

 

 



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