15 luglio 2015
GUIA SONCINI
QUALUNQUE COSA SIGNIFICHI AMORE
Giunti Editore, Firenze, 2015
pp. 252, euro 14,00
Amore e matrimonio sono temi affrontati da tutti gli scrittori di ogni secolo, tanto che sembrerebbe non ci fosse più niente da dire. Ma Guia Soncini ha molto da raccontare. “Qualunque cosa significhi amore” – romanzo della collana diretta da Benedetta Centovalli, edito da Giunti – non fa sconti alla nostra società, che vive di sole apparenze, di compromessi e di cattiverie al femminile.
Gli oggetti servono a far scena, come la poltrona da ginecologo del primo Novecento di casa Gualandi, su cui è impossibile sedersi, ma mostra agli ospiti un gusto elegante, colto e umoristico, perché con questi aggettivi a Elsa e Vanni piace dipingersi.
Per sedersi a leggere i libri di Simenon, Vanni usa un’altra poltrona, quella comoda, lui che sembra un personaggio di Philip Roth, con un tocco in più di realismo. La televisione è rivolta altrove, perché quasi tutta la Tv, che Elsa Tomei ama in segreto, va in onda di giorno sui monitor del suo ufficio: rese dei conti tra suocere e cognate, reality di ciccioni americani, tizie rifatte che piangono. Al di là dei suoi gusti personali, Elsa è una potente funzionaria Rai, capoprogetto di una rubrica televisiva quotidiana “Discanto”, definita una trasmissione colta, condotta da Fanny, bella e giovane, ma romanziera al tramonto, trasformata da Elsa in una star televisiva. Fanny è stata scelta da Elsa anche per essere l’amante del marito. Un gioco di coppia quello della moglie, che per necessità cancella gli sms di Vanni, appena lui si addormenta. Certo Vanni non sa badare alle proprie menzogne, dedica pochi minuti al mese alla riflessione sulla propria vita e non pensa affatto a inventarsene una. Vanni Gualandi non è uno qualsiasi: è un opinionista del Corriere della Sera, ma si vergogna di quel che era a quattordici anni.
Elsa deve gestire tutto, anche quando Fanny invita la sua psicanalista a “Discanto”, ma per fortuna il mondo non sa che la dottoressa prende millequattrocento euro al mese, in nero, per dire a Fanny che Vanni è innamorato di lei e se non scappa di casa è solo perché la moglie non glielo permette. Ai mille problemi che Elsa deve affrontare – tra un ansiolitico e l’altro – si aggiungono, a casa Gualandi, i trenta ospiti, legati a lei e al marito da un solido disprezzo. Ci sono tutti quelli che contano a festeggiare i cinquant’anni di Vanni e la sua candidatura a sindaco di Milano, e la fine è inevitabile, soprattutto per chi per troppo tempo ha nascosto qualcosa di sé.
Finalmente un romanzo di realismo puro senza una conclusione felice, forse poco amato dagli editor, ma ben apprezzato da chi la vita la conosce in tutte le sue sfaccettature. E ancora lo sguardo cinico dell’autrice è implacabile sugli uomini disattenti alla contraccezione che allevano filiere illegittime, sulla Tv che non educa il pubblico, sulla morte dell’editoria, convinta che solo certi programmi televisivi possano salvarla.
In questo romanzo c’è molto di Simenon: si sente il suono delle “Campane di Bicêtre“, ma c’è molto anche di Moravia, che dell’indifferenza di una società ha scritto.
Cristina Bellon
questa rubrica è a cura di Marilena Poletti Pasero