8 luglio 2015

LA FUSIONE DEGLI AEREOPORTI LOMBARDI: A CHI GIOVA?


È stato lanciato un progetto di fusione societaria tre i due aeroporti di SEA, Linate e Malpensa, e Orio al Serio, già parzialmente di proprietà SEA. Di fatto, la fusione di tutti gli aeroporti del ricco bacino di utenza lombardo, con un traffico potenziale di 40 milioni di passeggeri/anno.

05ponti26FBOra, la teoria economica, nella sua accezione più rozza, dice che la fusione tra imprese, o la loro cartellizzazione, generalmente giova alle imprese e danneggia gli utenti. In più, in questo caso si tratta di “monopoli naturali”, cioè non è che sorga una unità produttiva più grande, si tratta solo di una alleanza.

Ci possono però essere due rilevanti eccezioni a questa rozza teoria, ma per invalidarla debbono valere entrambe. La prima è che la fusione deve conseguire economie di scala, o di scopo, o vantaggi organizzativi sicuri e rilevanti e questo giova alle imprese che si fondono, oltre all’ovvio vantaggio della ridotta concorrenza che dovranno affrontare. Il secondo è che queste economie devono essere poi trasferiti all’utenza, non trattenuti dalle imprese. Questo può essere vero in settori ad elevata pressione concorrenziale: ci pensa proprio la concorrenza ad abbassare i prezzi.

Ma questo è molto più dubbio in caso di monopoli naturali, per i quali la concorrenza opera pochissimo, tanto da richiedere autorità di regolazione apposite per tutelare gli utenti. E la riprova dell’esistenza di queste due condizioni non la si può certo chiedere alle imprese interessate: a queste basta e avanza la ridotta concorrenza, quelle altre condizioni riguardano il benessere dei viaggiatori. La verifica, che deve essere fatta ex-ante, è un dovere dei decisori pubblici, e in particolare dovrebbe essere responsabilità dell’Autorità dei Trasporti.

Infatti nel progetto di accurata analisi economica dell’ipotesi di fusione affidata dalle due società all’Università di Bergamo (molto competente nel settore), non sembra giustamente esserci traccia di qualcosa di diverso dagli interessi delle due società stesse.

E qui emerge un vistoso conflitto di interessi, di cui sembra esserci scarsa coscienza in Italia: i proprietari delle due società sono prevalentemente pubblici. Questi proprietari hanno un ovvio interesse a massimizzare la redditività delle loro imprese, anche per nobili motivi, data la perdurante scarsità di risorse pubbliche. Ma la redditività in questo caso può coincidere con rendite monopolistiche, che ovviamente danneggiano gli utenti (di fatto, li derubano), oltre che la collettività in generale. Ci vuole una virtù eroica per immaginare comportamenti diversi da parte della proprietà.

Il caso più clamoroso di logica di questo tipo può essere riscontrato per i quattro aeroporti di Londra. Furono privatizzati molti anni fa in blocco, proprio per capitalizzare sul valore monopolistico che questi avevano. Ma dopo altri anni, il governo verificò che la insufficiente concorrenza che si facevano tra loro danneggiava gli utenti, e costrinsero la proprietà a venderne due. Probabilmente un brutto tiro per gli investitori, ma fu giudicato allora dominante l’interesse degli utenti.

Certo, l’Inghilterra è un paese culturalmente lontano dall’Italia. Ma davvero non sarebbe auspicabile che quei tre aeroporti lombardi si facessero tutti una guerra spietata, a colpi di buoni servizi, basse tariffe, e capacità di attrarre le compagnie aeree più dinamiche e competitive? I lombardi non starebbero meglio? E anche da un punto di vista strettamente economico, il pungolo competitivo potrebbe nel tempo a una maggior valorizzazione degli stessi capitali investiti.

 

Marco Ponti



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