8 luglio 2015

PERCHÈ STARE IN UN PARTITO SE POSSO ANDARE ALLA CENA IN BIANCO


Se è una banca – francese – “la banca per un mondo che cambia” che “idea e produce” (anche) a Milano mostre incontri, manifesti sulle nuove forme dell’innovazione, che raccoglie esperienze, le teorizza con un team attivo tra Parigi San Francisco e Shangai, unità di sperimentazione che semina e raccoglie idee di futuro, per metterle a frutto nel vero senso della parola, ti domandi perché. Poi intuisci che oggettivamente è il suo business gestire la ricchezza, ma abbisogna che qualcuno la produca. E quindi via mettiamoci a studiare come si può fare in un modo nuovo, che quello attuale ci ha portato a sbattere. Diamo spazio alla “Jugaad Innovation: Pensa frugale, sii flessibile, genera una crescita dirompente”, ai nuovi modi di organizzarsi, alle cinque correnti della ingegnosità collettiva – co-creazione, movimento dei maker, economia della condivisione, economia circolare, economia inclusiva – per fare di più con meno.

09mattace26FBE ti accorgi che di quello a Milano già vive: “Abbiamo bensì osservato come esperienze già radicate nei territori che spesso consideriamo “di confine” stiano generando un impatto tangibile, concreto, misurabile nella costruzione di modelli differenti di collaborazione e organizzazione. Le esperienze di Wave, quelle esposte nella mostra e quelle raccontate durante gli incontri, ci dicono che gruppi non-convenzionali, visionari, animati da un numero di persone spesso molto ridotto, si stanno dando da fare per creare oggi un modo più inclusivo, più condiviso, più intraprendente.”

Il più con meno: poche regole condivise (tutti di bianco vestiti, tutti portano cibo e vettovaglie, tutti ordinatamente disposti) ed ecco che in città si da una festa principesca. Una comunità che abita spazi pubblici, si raccoglie velocemente grazie ai social, che condivide, si emoziona insieme e torna a vivere il suo quotidiano (e in fondo non è stato così anche per la marcia del cif o per l’invasione delle lanterne?). Una città laboriosa, pronta a emozionarsi: un quotidiano serrato che non rinuncia alla poesia o alla indignazione, condivise, pubblicamente.

“Quando parliamo di economia inclusiva pensiamo alla capacità di coinvolgere basata sull’ascolto dell’altro e sulla volontà di tenere in considerazione il contributo di tutti, senza giudicare ciò che a prima vista ci sembra fuori luogo. In una linea, l’ingegnosità collettiva ci impone inclusione, ovvero ci impone di fare attività di progetto con qualcuno, non per qualcuno.

Che cosa significa? Significa che quando si progetta per qualcuno si impone un punto di vista. Quando si progetta con qualcuno si costruisce una relazione in cui i punti di vista si moltiplicano, le difficoltà crescono, ma il valore è condiviso. Potremmo candidare questo processo come una delle prime caratteristiche dello stile promosso da Wave Milano.”

Se la risposta alla crisi economica ha generato nuove categorie di sviluppo per nuovi modelli di organizzazione, quale strategia stanno adottando i partiti in risposta alla crisi di rappresentanza? Quale tipo di innovazione sono pronti ad indossare? Stanno elaborando nuove forme di  collaborazione e organizzazione?

Il nesso economia e organizzazione non è peregrino per i partiti, perché diventa la cartina tornasole della forma partito. I tesorieri che si trovano a fronteggiare la nuova legge sul finanziamento pubblico ai partiti, ne diventano più o meno consapevolmente ideologi. Di fronte agli scandali recenti nessuno ha osato lanciare una campagna a favore della raccolta del 2 per mille, a maggior ragione con il Movimento 5 Stelle che prospera a dispetto di finanziamenti pubblici e in assenza di sedi, ma sempre con il timore di non doversi trovare di nuovo a fronteggiare un miliardario disposto a tappezzare la città di costosissimi manifesti 6×3.

La risorsa ultima è quella del tesseramento: l’impostazione dominante che vede il partito come un comitato elettorale lo ipotizza con i vantaggi del club. Ma allora se mi chiedono la quota di iscrizione per pagare l’affitto del circolo mi stanno offrendo una lounge? Se mi fanno lo sconto per il biglietto Expo, faccio parte di un gruppo di acquisto? Mi tessero per avere i vantaggi degli affiliati? Mortifichiamo l’idea di partito su un modello di business? Si organizzano tavoli circolari per favorire lo scambio e l’orizzontalità delle relazioni, ma tra i tavoli di leopoldiana memoria e i tavoli di una cena di fundraising all’americana il confine è sibillinamente labile.

Alla domanda che cosa è un partito, quale la sua funzione, come può stare in piedi è stata data una risposta controcorrente dai Luoghi Ideali, la traversata capitanata da Fabrizio Barca che ha sperimentato nuovi modi per organizzare un partito scommettendo che “è possibile costruire un patto fra persone – un partito, appunto – in cui l’interesse particolare è ammaestrato a servire un interesse collettivo”

La risposta dell’innovazione alla crisi afferma “non possiamo più accontentarci di produrre cose, occorre anche progettare relazioni”, e sicuramente questo un partito deve saper fare: progettare relazioni, di questo si tratta. “Mentre le associazioni – è la loro forza – curano interessi specifici (integrazione sociale, educazione, salvaguardia di diritti, tutela di ambiente e cultura, inserimento lavorativo, e molti altri ancora), il partito-palestra assicura il confronto fra quegli interessi: all’interno di un sistema di valori condivisi (di parte), riconosce e valorizza il conflitto fra interessi e soluzioni divergenti e si specializza nel raggiungere un accordo ragionevole fra essi. Solo in questo modo si riescono ad acquisire consenso, forza e capacità di orientamento –  l’egemonia –  per riequilibrare il potere economico che è altrimenti condizionante nella nostra società. E possono crescere gruppi dirigenti capaci di costruire il difficile ponte fra società e Stato, capaci cioè di “fare politica”, e poi magari di governare con competenza.”.

 

Giulia Mattace Raso




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