1 luglio 2015

MUNICIPALITÀ A MILANO: UNA NUOVA STAGIONE DI LOCALISMO DEMOCRATICO?


A proposito di “riforma” delle municipalità milanesi nel quadro dell’istituzione della Città Metropolitana sul n. 21 di ArcipelagoMilano Valentino Ballabio si domanda “Possibile che tra il fare male e il fare nulla non ci sia una terza via possibile?”

In effetti le modifiche al decentramento amministrativo impostate dalla maggioranza di Palazzo Marino (con il coordinamento di Anna Scavuzzo e Andrea Fanzago), dopo una sostanziale stasi dei primi quattro anni di mandato amministrativo, appaiono parziali e non certo sufficienti a definire un orientamento chiaro sul futuro del decentramento istituzionale nel quadro di un coordinamento più efficace delle politiche urbane di un’area che non può più essere delimitata ai confini municipali (… e per le quali vanno stretti persino i confini delle vecchie province).

03antoniazzi25FBPur tuttavia, se il complesso percorso istituzionale (consultazione nelle zone, modifica dello Statuto municipale, modifica del regolamento comunale, …) riuscirà a produrre un risultato entro l’autunno, forse qualche spiraglio di ripresa di soggettività politica ci potrà essere. Al di là del passaggio di alcune (poche) competenze e capitoli di bilancio alle municipalità, il punto nuovo della “riforma” è l’elezione diretta del Presidente delle municipalità. Questo fatto (che per inciso sottrarrebbe in parte alla trattativa tra i partiti la nomina) potrebbe produrre una nuova soggettività dei quartieri e della loro rappresentanza politica.

In un recente incontro promosso da “la Fabbrichetta” su “Decentramento: ieri, oggi, domani” è emerso come nella sua genesi negli anni “60 il decentramento, senza un impalcatura istituzionale, senza personale, con sedi improvvisate, con i presidenti nominati dal sindaco (Aniasi)… contava ed era ascoltato più di oggi. Semplicemente perché in una Milano piena di problemi determinati da una crescita enorme di popolazione, con una quantità di immigrati decuplicata rispetto alla tanto enfatizzata attuale “invasione di stranieri”, in una Milano in cui mancavano case, scuole, asili, strade, trasporti, i Comitati di quartiere esprimevano la domanda dei cittadini e la politica era “costretta” a cercare con loro le soluzioni. Oggi i Consigli di Zona non si capisce se sono uno sportello reclami, se sono un centro di servizi (pochi) o se sono un’istituzione nella quale più che rappresentare i cittadini si rappresenta il gioco del parlamentino tra diverse forze politiche.

Eppure anche oggi, in un mondo globale e standardizzato, è a livello locale che si esprimono le esperienze di partecipazione politica. In assenza di grandi correnti e movimenti politici, molti praticano una “micropolitica” o quella che con buona dose di presunzione dai partiti viene chiamata “prepolitica”. Chi crea una esperienza comune di autogestione di orti urbani, chi pratica la strada del “buon vecchio” don Milani aiutando i ragazzi in difficoltà scolastica, chi attraverso il distretto del commercio crea una rete di comunità che promuove coesione sociale, chi crea officine per insegnare a ripararsi le biciclette, chi promuove gruppi di acquisto solidale e organizza mercatini biologici a km zero.

È dal locale che nascono esperienze originali di risposta alla crisi e in nuce nuovi paradigmi del vivere oggi la città. Ed è nei quartieri (non nelle zone che sono una astrazione calata dall’alto) che si sviluppa, se non una “identità” almeno uno spirito di gruppo volto a una migliore qualità sociale ed ecologica del vivere. Può questo “localismo democratico” divenire un movimento che ridà fiato alla partecipazione e al decentramento istituzionale?

Forse l’elezione diretta di un Presidente chiama in causa queste forze vive della cittadinanza. Forse una selezione che passi da primarie zonali e di quartiere può riaprire un dibattito. Municipalità come rappresentanza diretta e più vicina ai cittadini, come promozione e coordinamento della cittadinanza attiva dei quartieri, come soggetto della costruzione di un’area metropolitana più vivibile e coesa.

Tutto questo se la politica avrà “battuto un colpo” senza impaludarsi nelle resistenze di chi difende piccolissime rendite di posizione. E tutto questo se qualcuno vorrà crederci e correre il rischio, poiché nulla è scontato, le strade nuove sono piene di imprevisti e soggettività e intelligenza politica sono erbe rare di questi tempi.

 

Pier Vito Antoniazzi



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