1 luglio 2015

IL FUTURO DELLA CREATIVITÀ: CROWDFUNDING MADE IN ITALY


Negli Stati Uniti, grazie a piattaforme come Kickstarter e Indiegogo, la modalità di finanziamento dal basso di prodotti artistici e creativi, ovvero il crowdfunding, si è diffuso negli ultimi anni fino ad arrivare a muovere milioni di dollari su progetti e idee di singoli, offrendo così una potenziale e valida alternativa ai metodi di finanziamento e di produzione tradizionali per l’arte e l’intrattenimento.

07_coccia25FBMusicisti, registi, documentaristi, scrittori, programmatori di videogiochi, ad essere coinvolti dal fenomeno sono decine di migliaia di progetti all’anno, che nelle piattaforme di crowdfunding trovano una vetrina che permette loro di crearsi un pubblico.

In Italia non siamo da meno, anche se sono ancora in molti – sia nel pubblico che negli addetti ai lavori – a non avere compreso la grandezza e il crescente interesse del mercato italiano del crowdfunding, che con oltre 60 piattaforme di ogni tipo e ormai quasi 10 anni di esperienza, sta tentando di proporre ad artisti e creativi di ogni genere una valida alternativa di finanziamento e produzione.

Uno degli attori principali dello scenario italiano del crowdfunding si chiama Eppela e ha 4 anni di vita. Eppela, nella tassonomia del mondo crowd si definisce come un crowdfunding reward based generalista. Il che significa che, come Kickstarter, si basa sulla logica del “tutto o niente”, lavorando sul raggiungimento completo del budget che può essere riscosso soltanto a obiettivo raggiunto.

«Eppela è nata a metà del 2011, ma ha cominciato effettivamente a funzionare a inizio del 2013», ci spiega Fabio Simonelli, Project Manager e azionista di Eppela, sentito da Linkiesta. «Il primo anno e mezzo lo abbiamo speso più attività di comunicazione e di divulgazione di cosa fosse il fenomeno crowdfunding, con notevole difficoltà nel far comprendere e accettare quale fosse il sistema. Difficoltà che si sommano a quelle relative alle modalità di pagamento online – limitate in quel periodo solo a paypal – e, più in generale, al digital divide, che in Italia è un problema che persiste, anche se piano piano le difficoltà si stanno attenuando».

In che modo? Be’, prima di tutto perché è aumentato, grazie alla grande diffusione degli smartphone, anche come strumenti di lavoro, l’accesso a internet degli italiani e anche la loro propensione all’acquisto via web, che negli ultimi due anni è notevolmente incrementato. E, in seconda battuta, ci sono stati progetti finanziati in America da Kickstarter e Indiegogo che hanno raggiunto cifre astronomiche e sono diventati delle vere e proprie notizie, diffuse anche in Italia, e che hanno trainato il settore e ne hanno diffuso il concept anche a un pubblico che prima non ne aveva mai sentito parlare.

Di che cifre stiamo parlando? Nel primo anno e mezzo di attività Eppela ha generato 150mila euro di investimenti sui progetti, una cifra molto bassa. Dal 2013 le cose sono cambiate, in primis perché è cambiato il sistema di pagamento, che si è allargato anche alle carte di credito. Così, nel 2013, abbiamo generato circa 1 milione e mezzo di euro di investimenti. Nel 2014 c’è stata un’ulteriore crescita e siamo arrivati intorno ai 10 milioni di investimenti, con un ottimo tasso di crescita, il cui trend si è confermato nel 2015, visto che nel solo primo quadrimestre abbiamo generato una raccolta di quasi 7 milioni.

Oltre al sistema di pagamento cosa è cambiato? Quali sono i fattori che hanno generato questo incremento? Sicuramente c’è il fattore – decisivo – della diffusione tra il pubblico della conoscenza e dell’accettazione del sistema crowdfunding. Un altro punto importante è che abbiamo individuato un nuovo modello di business partecipativo che ci vede affiancati a tre grosse realtà a livello di corporation, ovvero Poste Italiane, Fastweb e Unipol, la cui partecipazione al cofinanziamento di alcune tipologie di progetti ha accelerato la nostra crescita, aumentando la capacità attrattiva di Eppela verso gli utenti.

In che modo queste realtà partecipano al cofinanziamento?

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Andrea Coccia



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